alla vela
maestra e in avanti”.
N. Kavadias
N Tsagas e Kyriaki E.
Lignou,
Traduzione
dal greco di Maria Antonakis-Sfakianakis, professoressa di francese
ad Atene
Tradotto in
italiano dalla Professoressa Paola Colotti.
Alla sacra
memoria di mio suocero, il capitano Jean Charalampos Douris
(1900-1986) che tanto ha sofferto al tempo dell’occupazione
italiana e tedesca.
Al mio
cognato caoitano Charalampos Jean Douris.
“Studio di
mare”
e all’ombra
sacra del provveditore di Evdilos
Evanghelos
Z. Lignos
“Integro
di vita e puro di ogni scelleratezza”
Nicola
Tsagas è nato in Icaria nel 1936. Ha studiato letteratura francese,
storia e archeologia all’università di Atene. Ha proseguito i suoi
studi all’università di Toulouse e quindi ad Aix-en-Provence. È
stato professore nell’ambito dell’insegnamento secondario e
assistente alla facoltà di lettere (sezione francese) all’università
di Atene. Padroneggia il francese, lo spagnolo, l’italiano e
l’inglese.
Kyriaki E.
Lignou è nata nel 1971, da genitori icariani. È cresciuta ed ha
vissuto in Icaria. Ha studiato lettere classiche all’università di
Lecce. Ha scritto il saggio “Società e governo nel pensiero di
John Locke”. Parla l’italiano e l’inglese. È sposata con il
dentista icariano Nicolas Jean Koutoufari. Ha due figlie e lavora
nell’insegnamento secondario.
L’8 maggio
1941 è resa pubblica la prima circolare del prefetto di Samos,
Stamatis Spyros, mediante la quale egli dichiara che1
“dalle ore dieci di questa mattina, l’isola di Samos è sotto
l’occupazione dell’armata italiana, la quale a sua volta è agli
ordini del sotto-ammiraglio Carlo Franchi”. Il governatore militare
assicura che i diritti dei cittadini saranno rispettati così come le
loro proprietà, e che governerà in modo nobile e civilizzato,
comportamento che distingue la nazione italiana e del quale i soldati
greci si sono dimostrati degni, dando prova di generosità e di
coraggio sui campi di battaglia. Infine, egli aggiunge che il
governatore delle isole del mare Egeo essendo sotto l’occupazione
italiana è il generale Ettore Bastico2.
All’arrivo di Carlo Franchi, il vero lavoro comincia. Appena
installatosi, delle sezioni della Divisione ”Cuneo” del Piemonte
che hanno ugualmente coperto le isole delle Cicladi, arrivano. Il
primo divisionario fu il generale Carlo Melotti. Seguirono ordini e
circolari in materia d’urgenza, di restituzione delle armi, di
dichiarazione di possesso di postazioni radio.
L’autore,
a quel tempo bambino, si ricorda dell’esistenza di una postazione
radio che passava di mano in mano nelle campagne perché fosse inteso
il bollettino della BBC, unico raggio di luce in queste ore cupe e
tragiche. Seguirono istruzioni concernenti la chiusura dei centri
pubblici, firmate col titolo pomposo di Mussolini, in quanto “primo
maresciallo dell’impero”.
Il
divisionario Mario Soldarelli (1886-1962) gli successe. Chef de
corps, cominciò la sua carriera facendo i suoi studi all’Accademia
di artiglieria e del genio, alla scuola d’applicazione e alla
scuola di guerra. Divenuto sottotenente del genio nel 1907, partecipò
alla prima ed alla seconda guerra mondiale. Diresse il quindicesimo
reggimento d’artiglieria e fu successivamente capo di stato
maggiore alla testa della quarta armata, poi a quella della divisione
dell’armata di terra Sabratha (Nota dell’autore: Sabratha: si
tratta della regione che porta lo stesso nome dell’antica regione
romana presso Tripoli) nell’Africa del nord, dal maggio 1941 al
giugno 1942. Fu distaccato al comando superiore delle forze armate
dell’Africa del nord e muté nell’Egeo, alla testa dell’armata
di terra Cuneo. Dal 15 luglio 1944 all’aprile 1945, comandò il
territorio militare di Neapolis e dal 2 aprile 1945 al 20 dicembre
1946, il territorio militare della regione di Roma. (conf. Stato
maggiore dell’esercito. Ufficio storico. Filippo Stefani. La storia
della dottrina e degli ordinamenti dell’esercito italiano. Volume
II. Tomo 2.,Roma 1985). L’eminente medico e autore di scritti
storici, K. Kogiopoulos, che io ringrazio qui calorosamente, mi ha
fatto pervenire queste preziose informazioni. Il generale arrivò dal
fronte africano. Era contro i tedeschi perché era stato abbandonato
dagli alleati del “corpo africano” (Afrika Korps) al momento
della battaglia di El Alameïn e aveva subito un vero disastro. Il
suo capo di Stato maggiore era Gaudioso, portava il titolo di conte,
ufficiale competente e qualificato, non provava alcuna simpatia per
il vescovo Irinaios3.
L’inviato
svizzero della Croce Rossa, Raymond Courvoisier, ci lascia una
preziosa testimonianza.. Durante un incontro con il governatore
italiano, generale Mario Soldarelli, questa era la questione per la
quale doveva recarvisi dopo la resa. Il generale sperava ri
incontrare Courvoisier in Kenya. Egli ci fornisce degli elementi su
Icaria: “Quanto a Icaria, essa non produce quasi nulla e i suoi
abitanti sono poveri ed emigrano in gran numero. Irinaios dice che a
Icaria vivono 12500 abitanti ai quali l’occupante proibisce la
pesca, e che l’isola è una roccia sterile”.4
Ulteriormente,
Courvoisier ci informa che la nave turca Ungur si reca ad Icaria
caricata di 47 tonnellate di farina. Nella capitale (Agios Kyrikos),
villaggio di 3000 abitanti, la mortalità era, prima della guerra, di
trenta persone all’anno, ormai essa è di trenta persone al mese.
Icaria è l’isola più sfortunata dell’Egeo. Il viaggio continua
in direzione di Fournoi. Al momento dello sbarco, un gruppo di
carabinieri ci arresta. Malgrado le nostre proteste, essi ci
conducono fino ad un ufficio militare. Sono le sette del mattino. Io
esprimo vigorosamente la mia sorpresa all’ufficiale. Sono veramente
fuori di me dalla collera. Lui domanda scusa con premura. Noi siamo
liberi.
L’isola di
Fournoi che si trova all’ovest di Samos, è essenzialmente
costituita da tre piccole isole, delle quali la più grande è
maggiormente coltivata. Il suolo è totalmente incolto e gli abitanti
vivono della pesca e dell’allevamento delle capre. Un semplice
passaggio tra le case svela il triste viso della miseria e della
fame. Gli abitanti riuniti in gruppi nei loro ovili ci riservano
un’accoglienza semplice e piacevole. Dal giugno del 1943,
sottolinea il sindaco, essi vivono esclusivamente dell’aiuto che
gli invia Samos. L’isola è supervisionata da una piccola
guarnigione italiana che vive con gli autoctoni i quali interpellano
i soldati con i loro nomi. Asserviti ed occupanti vivono
assolutamente al margine del resto del mondo…
L’accoglienza
degli icariani è migliore di quella dell’anno precedente. La loro
condizione di salubrità è migliorata. I militari si sono ritirati.
Ma i bambini hanno un bisogno urgente di olio di fegato di merluzzo e
di vitamine. Anche il latte gli manca. La nostra partenza si copre di
malinconia. Gli innocenti pescatori avrebbero voluto che noi
restassimo qualche ora di più con loro.
“Noi non
abbiamo più amici, dicono. Noi non abbiamo alcuna notizia
dell’esterno. Voi siete i soli visitatori che siano venuti da noi
dall’inizio delle ostilità. Restate dunque con noi!”.
Ma noi
dobbiamo andare a visitare Evdilos, un piccolo villaggio sulla costa
nord, costruito sul fondo di una caletta circondata da case in un ben
triste stato. Nessun albero, nessuna verdura cresce a causa del
vento. I settecento abitanti ci aspettano tenendo in mano dei poveri
mazzi di fiori selvatici. Con fatica essi si tengono in piedi e
presentano l’aspetto di uomini difformi e lebbrosi. La fame aveva
lasciato le sue tracce. Il conquistatore si era occupato ben poco di
loro. I bambini erano pietosi. L’anno precedente cinquanta persone
erano morte di fame. Il nutrimento che arriva assai irregolarmente da
Samos non ha per nulla migliorato la loro salute.
Sono le sei
del mattino quando noi ci mettiamo in marcia per Samos. Due ore più
tardi, la barca passa al largo di Karavostamo. Un luogo ancora più
povero che Icaria. La fame ha causato terribili perdite presso i suoi
ottocento abitanti. Sfortunatamente non possiamo accostare poiché
siamo pressati dal tempo. Ma io spero che il mio collaboratore
svedese che si trova a Samos per visitare questo piccolo villaggio i
giorni seguenti…5
Il
principale di collegio Ioannis Th. Tsantes (1903-1977)6,
descrive con colori vivi questo periodo di carestia: il mulino a
mano, che serviva al tempo della lontana epoca dell’occupazione
turca, rifà la sua apparizione. Lo stesso si dica per il focolare
dove giorno e notte si mantiene il fuoco, mancando i fiammiferi.
Il sale
proveniva dall’acqua di mare. Fortunati erano coloro che
possedevano alcuni alberi, soprattutto degli ulivi. Le ghiande delle
querce e i lupini rendevano un buon servizio. L’anno 1942 conobbe
il punto culminante della carestia che assunse delle proporzioni
atroci.
In seguito
egli menziona la resistenza passiva degli allievi del collegio
d’Icaria ad apprendere la lingua italiana o ad assistere alla
proiezione di film di propaganda italiani. Lui parla con ammirazione
della manifestazione organizzata dalle donne di Agios Kyrikos.
Dimostrazione suprema: lo schiaffo che ricevette il graduato italiano
chiamato Raffaele, dalla mano di Pamfili, della famiglia dei Safos,
sorella dell’istitutore K. Safos. La rivendicazione delle donne di
Icaria fu trasmessa per telegramma a Samos e l’indomani si inviò
della farina ed altri alimenti.
La
resistenza del popolo icariano fu generale. Io menzionerò solamente
un esempio proveniente dalla mia prossima cerchia famigliare. Il mio
suocero, Ioannis Douris, figlio di Charalampos Douris, il “giovane
gagliardo”, marinaio, ebbe una vita attiva e nel corso della prima
guerra mondiale, egli servì , come marinaio, sulla corazzata
“Lemnos”. Durante la seconda guerra mondiale, era sulla
petroliera “Teodora”, che fu bombardata dagli stukas tedeschi e
colò corps et bien
nella baia delle “Case Bianche” del golfo di Corinto. Ne uscì
sano e salvo, tuffandosi, con un altro marinaio di Chios.
Riuscì a
raggiungere il suo villaggio d’origine Evdilos a Icaria. Nel corso
dell’occupazione italiana, egli trasportò dei soldati e dei
rifugiati sulle coste dell’Asia Minore tramite l’aiuto
dell’imbarcazione che possedeva, “L’intrepida”. Al seguito di
una denuncia, gli italiani lo arrestarono e lo imprigionarono e gli
distrussero il suo caicco pubblicamente sulla piazza di Evdilos e,
con i pezzi di legno, accesero i loro forni.
A causa
della vicinanza con il Dodecanneso, i tedeschi lasciarono Samos,
Icaria e Fournoi alla zona sotto influenza italiana, benché le altre
isole fossero state occupate dalla Wehrmacht. Così, il dipartimento
di Samos scappò alla crudeltà dell’occupazione tedesca, ma subì
duramente il tentativo di italianizzazione della popolazione greca,
che aveva come scopo finale la ricongiunzione delle nostre isole già
occupate dall’Italia al Dodecanneso7.
Gli alimenti
finivano nelle mani delle forze armate italiane e così la
popolazione conobbe gravi problemi di vettovagliamento durante
l’inverno 1941-1942, malgrado l’aiuto della Croce Rossa
Internazionale8.
La
popolazione diminuiva in maniera drammatica. Da 89000 unità essa
passò a 60000 nel 1943.
La
propaganda italiana era accanita e l’insegnamento dell’italiano
era obbligatorio. La dite Casa di Dante si installò a Vathi con
l’intenzione di mettere l’accento sulla superiorità della
cultura italiana.
Si rendeva
giustizia non in nome dello Stato greco ma a nome del governatore del
Dodecanneso. Gli impiegati erano nominati dal commissario politico di
Samos o erano impiegati del Dodecanneso, come scrive il vescovo
Irinaios.
Questo
tentativo di disellenizzazione stancava maggiormente la popolazione
che l’occupazione stessa delle isole fatta da un’armata che era
stata vinta in Albania. Da nessun’altra parte salvo che a Creta, la
resistenza contro gli italiani assumeva grandi dimensioni come a
Samos.
All’epoca
dell’armistizio di Badoglio, nel settembre 1943, sull’isola
c’erano due gruppi di resistenti di circa 400 uomini. Questi
gruppi, che erano di sinistra, erano stati organizzati nell’ottobre
19429.
L`ELAS
(Armata di Resistenza Greca) di Samos riceveva l’armamento e
l’aiuto finanziario del servizio inglese SOE, di Agrilia e di
Chesmé in Asia Minore con i quali essa era in contatto permanente
dal 194210.
Il
contributo essenziale dei resistenti erano le vessazioni delle
autorità italiane aventi come scopo principale una rivolta generale.
Il piano non riuscì perché il comitato anti-fascista, aspettando le
manovre di Badoglio, non osò muoversi apertamente. Inquiete, le
autorità italiane di Rodi inviarono due battaglioni di camicie nere
che osservassero le manovre dei resistenti in pericolo. Le operazioni
che avevano avuto luogo prima dell’armistizio condussero al
massacro arbitrario di 17 contadini innocenti nel villaggio di
Kastania ed all’esecuzione la quale poteva aspettarsi di 17 altri
innocenti, da una parte per ordine del generale Mario Soldarelli, ma
anche sotto l’influenza degli ambienti fascisti, o forse
addirittura per aver protetto i resistenti. Queste esecuzioni avevano
minato il morale degli abitanti11.
Il tentativo
della sposa del commissario politico Bianco Tizianotti di organizzare
degli avvenimenti sociali, fallì miserabilmente. L’antipatia della
popolazione tale che ben pochi furono gli accusati di collaborazione,
malgrado il fatto che si attribuisse facilmente l’etichetta di
traditore e collaborazionista.
Il segno
atteso della capitolazione italiana fu dato dalla montagna di Vathi e
fu il punto di partenza di un delirio di entusiasmo sull’isola.
Ecco l’allocuzione de generale Bandolino seguita da un riassunto:
Il Governo
italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari
lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intenzione di
risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto
un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle Forze
alleate anglo-americane.
La richiesta
è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le
forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in
ogni luogo. Esse, però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi
altra provenienza.
L’ostilità
precedente fu dimenticata e fece posto a delle scene di fraternità.
Cionondimeno gli isolani presero coscienza che duri momenti li
attendevano. Un eventuale colpo di Stato fascista era reso possibile
dalla presenza di due “legioni” di camicie nere, di circa 1200
uomini. Il generale Mario Soldarelli proclamò che egli sarebbe
rimasto fedele ai termini dell’armistizio fino all’arrivo delle
truppe alleate, che pregherebbe gli abitanti di Samos di non
provocare i soldati italiani in ragione del loro morale che era più
basso e domandava ai resistenti di dare prova di modestia e di
grandezza d’animo verso gli amici di oggi (attuali).
Durante la
notte del 12 settembre le camicie nere tentarono un intervento ma
dopo dei colloqui fra gli ufficiali, favorevoli al Maresciallo
Badoglio e ufficiali di Soldarelli, si tennero tranquilli, aspettando
l’evoluzione della situazione. Più in là vedremo, nel suo
rapporto, che il capo di divisione tentò di disperdere le camicie
nere inviandone la metà a Icaria e le altre ad ovest di Samos.
La sera del
9 settembre, un caicco con 4 uomini a bordo, gettò l’ancora a
dieci miglia a sud della capitale Vathi. Un distaccamento di
resistenti locali li salutò. Si trattava del comandante Pawson, capo
del SOE di Smirne, con come sotto-capo il capitano Parrish,
l’ammiraglio Levidis, rappresentante del contro-spionaggio greco di
Smirne, ed il sottocapo di Charris che erano condotti a Vathi. Nove
giorni più tardi, i quattro uomini in questione ritornarono da
Icaria dove avevano regolato una controversia tra la guardia italiana
di Icaria ed i resistenti locali. Essi furono arrestati dal
sotto-luogotenente Beghi e condotti a Syros dove furono consegnati ai
tedeschi.
L’11
settembre, il comandante Pawson incontrò il generale Soldarelli, che
convinse di restare fedele ai termini dell’armistizio. Tre giorni
più tardi, il generale Anderson, addetto militare dell’ambasciata
britannica ad Ankara arrivò, nelle vesti di rappresentante del
Generale in capo del Madio Oriente e prese in mano il governo
dell’isola. L’arrivo degli ufficiali alleati fu salutato con
entusiasmo dalla popolazione greca, essi ci vedevano il segno
annunciatore dell’arrivo delle truppe alleate.
Effettivamente,
due battaglioni dei Royal West Kent ed il nocciolo del quartier
generale di Anderson composto da 30 a 40 uomini, sbarcarono.
Foto:
marinai tedeschi si avvicinano ad Hagios Kyrikos per raccogliere la
guarnigione italiana. Novembre 1943.
Il suo
arrivo attenuò l’agitazione delle camicie nere ed egli domandò il
loro disarmo ed il loro ritorno nella loro patria…
Il generale
in capo britannico non era in misura di inviare dei rinforzi
sostanziali a Samos data la presenza tedesca a Rodi, per mancanza di
trasporti, ma ugualmente data la alta politica di Churchill che
aspettava l’entrata della Turchia in guerra e come lo si menzionerà
più tardi, Rodi era la prima verso la Turchia. Il generale Maitland
Wilson permise al generale F.G.Brittorous, governatore delle isole
del mar Egeo occupate dagli italiani, di confidare la difesa di Samos
al generale Mario Soldarelli ed ai suoi uomini e a dare l’ordine al
generale Arnold di “utilizzare tante adulazioni quanto lo
permetteva la situazione in modo di incoraggiare gli italiani a
ricoprire il loro rispetto in sé stessi ed a rialzare il loro valore
militare che a quel momento era messo in dubbio”.
Al di là di
un eventuale attacco dei tedeschi a partire da Rodi, Arnold aveva
altri problemi da risolvere. Egli non voleva lasciare gli elementi
dissipati occuparsi di politica, ma aveva l’intenzione di
coordinarli in vista della difesa delle isole. I resistenti avevano
già espresso il desiderio di allontanare “certi elementi che si
erano esposti in collaborazione con gli italiani”. Essi avevano
partecipato a delle negoziazioni con il vescovo Irinaios e altri
cittadini influenti concernenti la formazione di un governo
indipendente di Samos. Nel corso dei primi giorni dell’armistizio
italiano, c’erano state delle conversazioni animate a proposito di
questa pratica. Il segretario di E. Tsouderou Nikolareïzis, che
arrivò due settimane dopo gli avvenimenti di Samos, durante una
conversazione telefonica con Tsouderou diceva che “la questione
della creazione di un governo provvisorio è stata sollevata e si
distribuiscono i portafogli”. Il 17 settembre, Arnold agendo in
quanto rappresentante del generale Wilson, pubblicò un comunicato la
cui prima pagina “Governo superiore di Samos”, annunciava la
formazione di un governo provvisorio di un comitato a Samos,
costituito da quattro membri. Questo comitato doveva esercitare i
suoi doveri secondo le leggi d’anteguerra.
Il comitato
era sotto la direzione del vescovo Irinaios, che aveva diritto a due
voci12.
Il secondo membro era l’avvocato conservatore originario di Vathi
S. Aggelidis, nominato da Irinaios stesso, poi A. Sidirourgos e G.
Leventakis, rappresentanti proposti dai resistenti. G. Zafiris,
anziano sottufficiale, era consigliere per ciò che concerneva le
questioni in rapporto con i resistenti.
Prima di
procedere all’esposizione ulteriore degli avvenimenti, dobbiamo
esaminare brevemente la fine degli italiani in Grecia.
Alla fine
della spedizione africana, gli alleati dell’ovest erano il cavallo
di battaglia di Hitler, il ventre molle dell’Europa.
Gli inglesi
facevano di tutto per ingannare i tedeschi. Dalla famosa operazione
“Carne macinata” (Mincemeat), “L’uomo che non è mai
esistito”, fino alla fantastica dodicesima armata che doveva
invadere il Peloponneso o ancora l’abbondanza delle false
informazioni che cadevano tra le mani dei tedeschi, tutti questi
mezzi erano utilizzati per coprire la futura invasione in Sicilia e
di là, gli sforzi della missione britannica in Grecia, sotto gli
ordini del generale di brigata Myers o di Chris Woodhouse che furono
importanti. Hitler era certo che Churchill voleva far dimenticare lo
scacco dei Dardanelli ma ugualmente l’evacuazione precipitata della
Grecia, nella primavera del 1941.
I generali
tedeschi insistevano sull’importanza delle risorse naturali dei
paesi dei Balcani, della bauxite, del cromo e soprattutto del
petrolio rumeno di Ploesti.
La direttiva
numero 17 di Hitler, datata del 28 dicembre 1942, prevedeva la nomina
di un certo Oberbefehlshabersüdost (alto governatore del fronte
sud-ovest) avendo per sede Salonicco e per governatore il generale
Alexander Löhr.
Nel corso
dei primi mesi del 1943, il comando tedesco preparò una immensa
linea di lavori di fortificazione lungo la costa sud del Peloponneso.
È con questo scopo che furono inviati, come l’undicesima flotta
aerea presso Dioryge nella regione di Corinto, la 117 esima divisione
di cacciatori (Jagddivision) discesa dalla Yugoslavia e in seguito la
104esima divisione di cacciatori come pure due altre unità d’élite
li raggiunsero. La prima divisione blindata prese posizione nel
Peloponneso e la prima divisione dei cacciatori alpini a Jannena. Era
uno spiegamento di forze importante dato che la Wehrmacht si era
dispiegata in tutta la “fortezza Europa”(Festug Europa)13.
Dei 93000
soldati italiani presenti nella Grecia continentale, numerosi erano
quelli che soffrivano del paludismo, mentre 70000 si trovavano nelle
guardie insulari.
Roma aveva
promesso dei rinforzi di 24000 soldati ma non ne arrivarono che 2000.
Delle forze italiane in Grecia, Carlo geloso scriveva al capo di
Stato maggiore italiano Vittorio Ambrosio che l’armata italiana
disponeva di un “armamento antiquato”, senza armi anticarro ed
antiaereo. Il fatto che l’invio dei rinforzi sia stato anticipato
andava a detrimento dello “spazio vitale” italiano. Il generale
Geloso tentava di ispirare l’autorità, che egli caratterizzava
come “sostanziale, salda, sana”. Egli si lamentava del fatto che
i suoi soldati avevano una “mentalità di tempo di pace”. Essi
esitavano a servirsi delle loro armi, anche se i greci erano in
posizione offensiva. Lui sosteneva che l’armata italiana era lì
per fare la guerra, e che la guerra era una “cosa seria”. I
soldati maledicevano la guerra e insultavano Mussolini (porco
Mussolini).
Gli antichi
alleati non nutrivano affatto dei sentimenti di simpatia. Per gli
italiani, i tedeschi erano dei “barbari” e questi ultimi non
stimavano affatto la maniera nella quale gli italiani conciliavano la
guerra e l’amore. I soldati della Wermacht ricevettero l’ordine
di evitare i Greci. Agli occhi dei tedeschi, la disposizione degli
italiani verso le donne aveva un rapporto con il loro rilassamento di
fronte alla resistenza greca. Di constatazione generale, gli italiani
erano, per natura, più moderanti nella loro attitudine verso la
popolazione greca.
“La
stabilità e lo zelo di cui devono far prova (gli italiani) nei
confronti dei colpevoli…non deve degenerare in violenza cieca,
perché questa non sarebbe in armonia con le tradizioni della
giustizia romana talmente amata dall’armata italiana. Questo
nuocerebbe al nostro prestigio e non servirebbe i nostri interessi”.
La progressione della resistenza non gli ha fatto cambiare d’avviso14.
I
diplomatici e gli ufficiali tedeschi desideravano che gli italiani
prendessero delle misure più severe. Laïr e il suo quartier
generale pensavano che le misure degli italiani erano “praticamente
inutili”. Il maresciallo Keitel grazie al sotterfugio del capo del
quartier generale italiano Ambrosio consigliava agli italiani di
essere più severi. Le OKW (Ober Kommando der Wehrmacht), il comando
supremo dell’armata tedesca pregava il comandante dell’undicesima
armata, Carlo Geloso, di affrontare i resistenti greci “Mit
brutalsten Mitten” (con i metodi più brutali”). Gli italiani non
furono convinti. Altenburg, commissario tedesco in Grecia, dichiarava
che la reazione delle autorità italiane era esitante. Geloso ed il
suo successore, il generale Carlo Vecchiarelli, entrarono spesso in
conflitto per ciò che concerneva la politica da seguire nei
confronti della resistenza. Geloso protestava contro le prese
d’ostaggio tra gli innocenti civili: “Per noi questo sistema è
contrario alle leggi della guerra, è un metodo detestabile”.
Dopo
l’evacuazione dell’Africa, Hitler si rese conto che presto o
tardi l’Italia avrebbe intavolato delle negoziazioni con gli
alleati dell’ovest. Dallo sbarco in Sicilia, Hitler inviò il
maresciallo Rommel nei Balcani. Poco prima de suo arrivo, un piccolo
gruppo di agenti di collegamento (liaison), si recò ad Atene dicendo
per collaborare con l’undicesima armata italiana, ma in realtà il
suo scopo era lo spionaggio.
Pertanto, le
cose avanzavano a grandi passi. Alla fine de mese di giugno del 1943,
il gran consiglio fascista rovesciò il Duce, che fu rimpiazzato da
Pietro Badoglio, la cui attitudine verso i tedeschi era troppo molle.
Ad Atene, la
situazione era esplosiva, quattro grandi “panzer” (carri) presero
posizione nella via Amerikis con i loro cannoni girati verso il
quartier generale italiano. Rommel ritornò a Berlino e Laïr diede
segretamente ordine alle unità tedesche di disarmare le guarnigioni
italiane. La missione fu chiamata “Axe”. La caduta di Mussolini
non preoccupò veramente i soldati italiani, eccetto sicuramente gli
elementi fascisti. I soldati attendevano la fine della guerra ed il
loro ritorno al paese. A Icaria e a Fournoi, le guarnigioni italiane
che comunicavano con la popolazione, non nascondevano affatto la loro
intenzione di rendere le armi ed avevano d’altronde già preparato
le loro bandiere bianche. A Samos, i simboli fascisti erano scomparsi
in poche ore.
I generali
italiani tentarono di entrare in contatto con i resistenti tramite i
sotterfugi degli agenti di collegamento inglesi, tutto come il
comandante della divisione Casale Mangani che tentò anche lui di
entrare in contatto con il sindaco di Agrinio, o ancora il capo di
corpo del 26esimo corpo italiano, il generale Delobona, che tentò di
recarsi con l’aiuto del vescovo di Jannina Spxridon Vlahos. Là
dove non c’erano tedeschi, il popolo faceva festa con i soldati
italiani. Ermoupolis era ornata di bandiere alleate, della bandiera
greca e della bandiera italiana.
I soldati
italiani persero tutto il senso di disciplina militare e vendevano i
loro equipaggiamenti et i loro bagagli. Atene si era trasformata in
un “immenso bazar” secondo l’espressione di Marc Mazower,
eminente storico inglese15.
Il generale
Alexander Löhr aveva previsto l’armistizio italiano un mese prima.
L’8 settembre, il generale italiano Vecchiarelli convocò il
generale tedesco, Heinz von Gyldenfeldt, agente di collegamento, per
promettere che le forze italiane non avrebbero attaccato. Egli
esigette lo stesso comportamento dalla parte della Wehrmacht.
L’agente di collegamento non diede risposta e trasmise la domanda
al quartier generale della quinta armata di Salonicco. Laïr per
contro, restò sulle sue posizioni e ordinò a Gyldenfelt di mettere
in marcia (avviare) il piano “Axe” se gli italiani non avessero
proseguito la guerra con loro o se essi non si arrendessero senza
condizioni alle forze armate tedesche.
Secondo la
legge internazionale, dato che i due paesi non erano in stato di
guerra, l’ultimatum non aveva alcun valore giuridico, cosa che
sottolineò Vecchiarelli.
Gli
ufficiali tedeschi, vedendo il loro confratello italiano insistere
sul trasferimento delle truppe italiane nel loro paese, e temendo un
eventuale inizio delle ostilità fra i due anziani alleati, decisero
di applicare progressivamente il piano “Axe”. Persuasero gli
italiani di rendere (restituire) le armi pesanti e le mitragliatrici
e alcuni giorni più tardi, le loro armi leggere.
In un
rapporto tedesco del reggimento Brandeburg, si fa menzione di soldati
italiani che avevano difficoltà ad obbedire ai loro ufficiali,
sebbene la loro attitudine verso gli ufficiali tedeschi era
disciplinata.
Malgrado la
loro superiorità numerica, i tedeschi procedettero al loro disarmo,
ed il generale tedesco Maximilian von Weichs (1881-1954) felicitò le
truppe tedesche perché “la loro combattività aveva avuto ragione
del numero”. Gli italiani che avevano giurato fedeltà alla detta
repubblica di Salò di Mussolini o del Fuhrer stesso, era una piccola
minoranza. Gli altri furono trasferiti in orde nei campi della
Yugoslavia del nord.
Nelle isole,
gli italiani rifiutarono di arrendersi. A Rodi, 7000 tedeschi della
divisione d’assalto di Rodi fecero prigionieri 40000mila italiani.
Zante cadde
rapidamente e ne seguì il famoso massacro di Cefalonia16.
Là, durante i colloqui fra il comandante della divisione Acqui del
generale Gadin e dei tedeschi…regnò una completa anarchia. Le
forze italiane resistettero per una settimana agli attacchi per aria
e per mare dei tedeschi della divisione dei cacciatori alpini, prima
di capitolare il 24 settembre 1943. 225 ufficiali e 4750 uomini di
truppe italiani furono fucilati. Un numero sconosciuto di soldati
italiani furono executé a Corfù. 500 altri soldati italiani furono
annegati durante il loro trasferimento sulla costa di fronte, quella
della Grecia continentale. Uno storico tedesco di questo periodo
caratterizzò questi avvenimenti, come alcuni dei crimini più
crudeli commessi dai soldati italiani di tutta la seconda guerra
mondiale17.
Alcune
camicie nere tentarono di salvare l’onore del fascismo italiano. A
Rodi, il loro capo Mario Porta, gettando fuoco e fiamme contro il
governo di Badoglio, affermava che solo il sangue poteva lavare gli
italiani dal sacrilegio che li ricopriva.
Il generale
tedesco Victor Kleemann, comandante di Rodi, nutriva numerose
speranze quanto alla collaborazione degli elementi fascisti. Nel
1944, non restavano accanto ai tedeschi che circa 10000 camicie nere,
che erano lo zimbello di questi ultimi dei quali erano disprezzati, e
che non domandavano che di arrendersi agli alleati.
Il 21
settembre 1943, la commissione governamentale inviò, tramute
l’intermediario delle autorità britanniche, al Primo ministro in
esilio al Cairo, E. Tsouderos, un telegramma con il quale essa si
definiva come “un corpo nazionale indipendente” che partecipava
di tutto cuore alla proclamazione di re Giorgio II concernente le
future elezioni e che essa attendeva gli ordini.
Il giorno
seguente, il governo provvisorio si indirizza direttamente alla
popolazione di Samos, di Icaria e di Fournoi, dichiarando
categoricamente che essa si rimette all’autorità del governo greco
in esilio al Cairo.
Il generale
Arnold ritornò in Turchia ed il generale di Brigata Baird prese
possesso del suo posto sotto la supervisione del generale Brittorous.
Sotto Baird, 10 ufficiali supervisori si incaricarono degli affari
politici, sotto gli ordini del comandante Dagge, alfine di aiutare il
governatore al ristabilimento della legge.
Questa
commissione governamentale provvisoria non era che un’opera delle
autorità britanniche senza alcun potere legislativo.
I britannici
consideravano le isole come una parte della zona di guerra e non
volevano rimettere il comando ai greci. Essi conoscevano ugualmente i
desideri dei turchi concernenti l’occupazione del Dodecanneso che
essi mettevano in avanti come esca per l’entrata della Turchia
nella guerra a fianco degli alleati18.
Mentre il
comandamento provvisorio di Samos tentava di consolidare la sua
posizione di fronte ai belligeranti inglesi e italiani, il governo
greco del Cairo si trovava nell’ignoranza. Allorché
l’autorizzazione fu infine accordata al segretario del primo
ministro D. Nicolaréizis a Samos, fu ritardato a Leros durante sei
giorni completi perché la presenza di un rappresentante del governo
greco andava a contrariare gli italiani ma anche i resistenti.
Dopo l’11
settembre, Tsouderso pregava l’ambasciatore Leeper di prendere le
misure appropriate in vista dello sbarco a Samos del ministro della
giustizia S. Dimitrakakis e di Nicolaréizis perché un problema
relativo ad una impressione erronea al sentimento pubblico. Invece di
quello, il solo che sbarcò a Samos fu l’ammiraglio Levidis, capo
dei servizi segreti a Smirne. Tsouderos espresse il suo malcontento
perché i servizi segreti non gli ispiravano fiducia. Egli pensava
che Levidis causerebbe ai resistenti di destra dei sentimenti ostili
verso il regime realista. Obbedendo ai consigli dei britannici e non
avendo altra scelta, egli nominò Levidis, non sarebbe che
provvisoriamente (ad interim), a governare secondo la Costituzione e
la legislazione dello stato greco. Fu pertanto arrestato, come
abbiamo detto, il 18 settembre e fu trasferito a Syra sul
torpediniere italiano. Aldilà del ritardo nell’arrivo del
rappresentante greco del comando, il 14 settembre, un telegramma fu
inviato al re Giorgio II, tramite l’intermediario delle autorità
britanniche, al “popolo eroico di Samos che è il primo ad essere
liberato e di cui l’obbedienza alle leggi greche ed al governo era
necessaria per il sostegno al combattimento degli altri fratelli che
erano ancora sotto il giogo”.
Questo
telegramma non arrivò mai a destinazione perché in realtà, con la
connivenza dei britannici, non fu mai spedito.
Una tale
posizione anti-greca provocò la legittima indignazione di Tsouderos.
Il 21 settembre egli ebbe un incontro con il generale Wilson del
quale egli uscì costernato. Il generale in capo del Medio Oriente
veniva dal dirgli che i Greci non dovevano inviare armate a Samos
perché gli italiani non ammetterebbero una tale spedizione. A
consolazione, egli gli promise l’invio di un piccolo distaccamento
di 50 uomini sotto i dieci giorni. Tsouderos consigliò al re di
recarsi a Londra per sostenere i diritti nazionali perché “se
questa situazione si prolunga, tutto il governo dovrà dimissionare.
L’opinione pubblica si solleverà contro di noi e nessuno sarà in
misura di rientrare al paese, e colui che ci riuscirà sarà
fucilato.”
Foto:
Negoziazioni sulla capitolazione della guarnigione italiana di Icaria
con il capitano di vascello Hans Jürgen Weissenborn.
Gli ultimi
giorni di settembre e nel corso del mese d’ottobre del 1943,
Tsouderos non cessò di inviare dei richiami al ministro Lepeer
domandando la riconquista del prestigio ucciso del governo greco,
biasimando l’affettazione del generale Arnold del governo
provvisorio di Samos considerandola come una dispersione dell’unità
dello Stato greco.
Gli
interessi di un alleato eroico erano cancellati dalla partecipazione
tardiva dell’Italia alla guerra. Questa posizione sfocerà
finalmente alla nomina di un vice-console inglese per la Grecia.
La risposta
inglese all’esasperazione di Tsouderos fu piuttosto convenzionale,
ma essa non soddisfaceva la rimessa immediata di queste isole greche
nelle mani del comando greco. I britannici ammettevano che questa
azione di Arnold costituiva una violazione flagrante delle regole
internazionali. Essi ribattevano che i sentimenti della popolazione
verso il governo reale greco non erano chiari, che le comunicazioni
erano difficili e che era possibile che delle complicazioni siano
provocate nei ranghi delle forze della resistenza.
Il malessere
e la tensione nei rapporti tra i governi greci e britannici
nell’affare di Samos, devono essere esaminati nel quadro generale
delle loro relazioni dell’epoca. La mancanza di un accordo scritto
concernente il comando dei territori greci liberati ha giocato un
ruolo negativo nel malcontento della parte greca. Di tali colloqui
erano stati ingaggiati dall’inverno 1942, ma essi non avevano avuto
fine all’epoca della liberazione di Samos e di Icaria. Il caso del
complesso di Samos e delle isole attigue, diventava ancora più
complicato in ragione della presenza degli italiani e del loro
desiderio inatteso di entrare in guerra. Era impossibile che il
governo greco ammettesse il rovesciamento delle alleanze in favore
degli italiani.
I britannici
non volevano una spedizione di forze greche nelle isole, perché
l’esperienza che essi avevano dei sollevamenti greci in Medio
Oriente non era molto felice. Là, l’armata si era consegnata a
delle calunnie così come a degli ammutinamenti. Ciò costituiva una
netta contraddizione della politica britannica che sosteneva senza
sotterfugi il re Giorgio II ed il suo governo.
Il governo
locale di Samos, benché riconosciuto dal governo del Cairo, non
aveva alcun potere legislativo, sebbene il vescovo Irinaios stesso si
domandasse quale fosse il senso della liberazione delle nostre
isole. Si ritrova una simile concezione presso K. Ptinis19,
il quale menziona che nelle memorie di M. Synephias, membro del
governo provvisorio, è espressa l’amarezza degli ambienti
conservatori dell’isola poiché “i britannici rimisero il comando
dell’isola a degli uomini di sinistra e a dei comunisti”20.
Gli
avvenimenti delle Sporadi meridionali e delle Cicladi.
All’annuncio
dell’abdicazione italiana21,
le Sporadi meridionali (le isole di Samos, Icaria e Fournoi) e le
Cicladi (ad eccezione dell’isola di Milos che ricadde sotto la
giurisdizione delle forze tedesche), avevano delle guarnigioni
provenienti da sezioni della divisione dell’armata di terra Cuneo
(originaria del Piemonte in Italia del sud).
Questo ad
eccezione delle guarnigioni di Samos che comprendevano il comando
della divisione Cuneo, l’ottavo reggimento dell’armata di terra
con il primo ed il secondo battaglione così come una compagnia di
mitragliatrici, un battaglione divisionario dei denominati “arditi”,
il sesto battaglione dei mortai, la sesta compagnia di cannoni 20 cc,
il ventisettesimo reggimento d’artiglieria di campagna in tre
unità, e una batteria di 20 c.a., la ventiquattresima compagnia
d’artiglieri, la sesta compagnia de transfert, la diciannovesima
sezione fotoelettrica, tre stazioni di sorveglianza marittima, la
ventiquattresima legione di camicie nere (arrivata in agosto) e
differenti sezioni di servizio, e ad eccezione delle guarnigioni di
Syros, che comprendevano il comando del settimo reggimento
dell’armata di terra, il secondo battaglione, meno la sesta
compagnia, una compagnia di mortai, una compagnia di cannoni, un
plotone di carabinieri, un comando marittimo con quattro cannoni di
76/40, una sezione di quattro cannoni di 76/17 e un posto di
sorveglianza marittima congiunto visualmente con un altro che si
trovava sulla piccola isola di Gaïdouronisi.
Le
guarnigioni delle altre isole erano di piccola costituzione e non
avevano ragion d’essere che il prestigio e la semplice
sorveglianza. In particolare, c’era ad Icaria una compagnia di
fucilieri, un plotone di artiglieri e due posti di sorveglianza
marittima. A Fournoi, un plotone di fucilieri, ad Amorgos, una
compagnia di fucilieri, ad Andros, il terzo battaglione dell’ottavo
reggimento dell’armata di terra meno due compagnie, e un posto di
sorveglianza marittima. Ad Anaphi, un plotone di fucilieri e un posto
di sorveglianza marittima. Sull’isola di Antinori (?) (è possibile
che si tratti di Kimolo), un plotone di fucilieri, a Kea, una
compagnia di fucilieri meno un plotone e due posti di sorveglianza
marittima, a Mykonos, un plotone di fucilieri e un posto di
sorveglianza marittima. A Naxos, un battaglione del settimo
reggimento dell’armata di terra meno due compagnie, e un posto di
sorveglianza marittima. A Ios, una compagnia di fucilieri meno due
plotoni. A Paros, una compagnia di fucilieri. A Folegandro
(Policandro), un plotone di fucilieri e un posto di sorveglianza
marittima. A Santorini (Thyra), il comando del terzo battaglione del
settimo reggimento dell’armata di terra e la decima compagnia meno
un plotone, la dodicesima compagnia di mortiers e un posto di
sorveglianza marittima. A Serifo, un plotone di fucilieri e due posti
di sorveglianza marittima. A Sikinos, un plotone di fucilieri. A
Sifno, una compagnia di fucilieri meno due plotoni, e un posto di
sorveglianza marittima. A Thermia, tre plotoni di fucilieri. A Tinos,
una compagnia di fucilieri meno un plotone, e un posto di
sorveglianza marittima.
Le isole di
Samos, Icaria e Fournoi si trovavano sotto la supervisione
operazionale del comandante della divisione. Le altre isole (17 in
totale), dipendevano dal comando de settimo reggimento dell’armata
di terra, che aveva per sede Syra, che a sua volta, dipendeva dal
comando superiore delle forze armate dell’Egeo (Comando superiore
Forze Armate dell’Egeo).
Il
comandante superiore delle forze dell’Egeo non accettò le
proposizioni dirette che suggerivano di riconsiderare il
trasferimento delle sezioni della divisione e l’abbandono delle
piccole isole per le grandi (cfr. il rapporto del generale Mario
Soldareli).
Per ciò che
concerneva le coste di Samos, che si estendono su circa 165
chilometri, le forze che avevano ricevuto l’ordine di difenderle,
non erano soddisfacenti. Quanto alla composizione delle sezioni
essenziali, di cui in morale era tuttavia buono, essa si mostrava
ugualmente incompleta.
All’annuncio
dell’armistizio, una parte delle truppe disperse a Samos era
impiegata in operazioni contro i resistenti che avevano intensificato
la loro azione contro il nemico22.
Queste operazioni furono interrotte e degli ordini furono dati
affinché dei contatti fossero stabiliti con le autorità civili
alfine di ottenere una collaborazione massima. Allorché l’ordine
di cessare le ostilità fu dato, si apprese nel pomeriggio de 9
settembre che nell’Isola di Icaria avevano attaccato: la situazione
non poteva dunque essere ristabilita che il 10 con l’invio di
rinforzi.
Foto: Gli
italiani di fronte al capitano di vascello Hans Jürgen Weissenborn.
È il
mattino dell’11 che arriva il messaggio radio del comandante
superiore dell’Egeo tramite il quale egli annunciava che data la
corta durata della resistenza a Rodi, il geneale Soldarelli doveva
prendere il comando delle isole delle Cicladi, per le quali il
ricongiungimento delle guarnigioni delle piccole isole verso le
grandi era permesso, alfine che ess non fossero vinte dalle forze
superiori tedesche. Questo ricongiungimento doveva essere effettuato
essenzialmente a Naxos, Santorini e a Syra. Dall’invio di questo
comunicato, l’11 settembre verso le 18 e 30, il generale Soldarelli
prese il comando delle forze armate dell’Egeo e diede degli ordini
alle isole delle Cicaldi, a Leros, Cos e Stampalia, che dipendevano
direttamente dal comando superiore, di opporre “una resistenza fino
in fondo contro qualsiasi attacco tedesco”.
Lo stesso
giorno, l’11 settembre, arrivò la prima delegazione britannica (il
colonnello Pawson, che era inviato dal comandante del Medio Oriente),
alla quale si fece rapporto sulla situazione de momento, e la
certezza di una collaborazione leale fu assicurata.
Allorchè le
relazioni fra gli inglesi ed i resistenti locali migliorarono un po’
di più ogni giorno¸il 14 settembre, il colonnello Luigi Gino,
comandante del settimo reggimento e della guarnigione di Syros,
annunciava che una delegazione tedesca aveva sollecitato una visita e
domandava al generale Soldarelli se egli doveva riceverlo. La
risposta fu negativa.
Prima della
fine del mese di settembre, una prima sezione britannica (di circa
600 uomini) arrivò a Samos, sotto gli ordini del generale Baird, con
l’ordine di comandare tutte le truppe dell’isola e questi
installò un governo provvisorio.
Due
compagnie di paracadutisti greci si congiunsero ben presto a loro.
A metà
ottobre, un periodo difficile incominciò a causa degli attacchi
aerei avversi e delle allerte annuncianti eventuali sbarchi nemici,
mentre la vita diventava ancora più penosa per la mancanza di carna,
di vino e di altre derrate, ed in ragione dell’attitudine ostile da
parte della popolazione locale greca. Nel frattempo, nel corso del
mese di ottobre, delle sezioni britanniche erano sbarcate. Alla fine
de mese, l’insieme delle forze britanniche si elevava a 2000 uomini
(secondo il rapporto del capitano Antonio Bertolino, del comando
della divisione Cuneo) che contribuirono ai lavori di difesa
dell’isola che era sempre di più minacciata.
L’11
settembre, il generale Hall proveniente da Leros, arrivò a Samos.
Questi era il comandante delle forze armate dell’Egeo, al quale il
generale Soldarelli espose la situazione e sottolineò le carenze
dell’isola che non cessavano di aumentare a causa dell’invio a
Leros di una batteria di 88 uomini e di un battaglione inglese meno
una compagnia.
Malgrado
ciò, il morale delle truppe, a dispetto delle avventure di ottobre
(la perdita di molte isole), si manteneva ad un livello assai buono.
La nuova perdita di Leros ebbe pertanto delle ripercussioni dolorose:
“La fine di Leros mette Samos in una situazione veramente
pericolosa”, scriveva Mario Soldarelli. Una voce cominciò a
diffondersi: la convinzione che il quartier generale alleato del
Medio Oriente non era veramente interessato dal mantenimento del
controllo nelle isole dell’Egeo e quelle che erano restate sotto il
controllo italiano, erano destinate in fin dei conti a essere
occupate dai tedeschi che dominavano totalmente le arie si ce n’est
aussi la mer.
Il 17
novembre, all’indomani dell’occupazione di Leros, il generale
Soldarelli descrisse la situazione al generale Hall in modo realista,
pregandolo di far sapere chiaramente al comando del Medio Oriente se
egli aveva l’intenzione di conservare Samos. In questo caso, dei
rinforzi dovevano essere inviati senza tardare, nel caso contrario,
era necessario abbandonare l’isola per evitare la devastazione dei
centri urbani e per preservare la popolazione civile dall’orrore
della guerra, dato che Samos, isolata, non aveva più importanza.
Quello
stesso 17 novembre, l’isola subì un nuovo violento bombardamento
delle forze aeree tedesche avendo per bersaglio il comando della
divisione.
Una grande
parte delle abitazioni che si trovavano lungo il porto, furono
distrutte. Nel suo rapporto, il generale Mario Soldarelli nota che le
conseguenze morali su tutta l’isola furono molto pesanti. Tutti
presero allora coscienza che la dominazione tedesca era innegabile.
Nella
mattina del 19 novembre, il generale Baird, comandante britannico
dell’isola, rimpiazzando il generale Hall, annunciò che il comando
italiano che aveva ricevuto l’ordine di evacuare l’isola con le
truppe inglesi, greche così come i resistenti poiché la situazione
era considerata come critica e il comando del Medio Oriente si
trovava nell’incapacità di agire.
Di
conseguenza, dopo aver esaminato con sangue freddo la situazione
delle forze italiane, insufficienti alla difesa dell’isola, e con
la certezza che non si poteva attribuire che un semplice credito alla
24 esima legione delle camicie nere, che le mancanze di nutrimento e
munizioni erano enormemente diminuite, l’arrivo dei rinforzi
essendo irrealizzabile, e infine dopo la partenza dei partigiani
greci, la resistenza nel maquis era resa impossibile. Tenendo conto
egualmente del fatto che la popolazione dell’isola, per paura delle
rappresaglie, domandava l’allontanamento delle forze italiane,
l’evacuazione fu decisa dal generale Soldarelli, informando
(telegramma numero 1/1755) il comando superiore qui lui, non informò
il quartier generale dell’armata.
Foto: La
guarnigione italiana pronta a recarsi ad Hagios Kyrikos.
Una volta
dati gli ordini, il generale Soldarelli, si recò a Scala Nova (nota
degli autori: Kusadasi) “seguendo il generale Baird per negoziare
con le autorità turche del passaggio della sua divisione attraverso
il loro territorio neutro. Dopo laboriose discussioni, nelle quali
intervenne l’attaché militare dell’ambasciata britannica ad
Ankara, il generale Arnold, le autorità turche concessero un
passaggio” (Rapporto del comandante Giovanni Ratti, capo della
sezione d’operazione della divisione Cuneo).
Lo sbarco
delle sezioni della divisione cominciò nel corso della notte del 21
settembre. Esse sbarcarono a Scala Nova (Kusadasi) ed alla Punta
Kanapitsa. Le operazioni durarono fino al mattino del 22, poi
cessarono in ragione dell’arrivo di torpediniere tedesche, di cui
esse dovevano all’inizio allontanarsi in ragione dei tiri.
Certi
ufficiali tedeschi che venivano dallo sbarcare, ebbero un colloquio
con il luogotenente colonnello Mario Ungaro, del settimo reggimento
(il più alto graduato ufficiale che era restato nell’attesa dello
sbarco). Questi ordinò l’arresto delle ostilità da che la resa fu
firmata. Nel pomeriggio del 22, le truppe tedesche sbarcarono a Samos
e fino al 23 novembre circa 1000 uomini erano stati dispersi nei
seguenti luoghi: 3000 a Vathi, 200 a Tigani (Pythagore), 200 a
Karlovassi, 150 a Marathcampo e 150 a difesa della parte est
dell’isola. Essi erano sotto gli ordini del generale Mollera
(rapporto del generale Giovanni Retti). Delle sezioni di camicie nere
si affrettarono ad unirsi alle forze tedesche.
Ora, tutti
coloro che erano restati a Samos, non obbedirono all’ordine di
resa: numerosi furono quelli, ufficiali e sottufficiali e uomini di
truppa (soprattutto quelli dell’ottavo reggimento dell’armata di
terra e del battaglione degli arditi) che preferirono partire nelle
campagne, conoscendo le difficoltà dell’inverno che si avvicinava
e le condizioni penose di sopravvivenza nelle montagne. Numerosi sono
quelli che furono fucilati dai plotoni d’esecuzione tedeschi.
Lo sbarco
delle forze tedesche e la notizia della resa delle sezioni
nell’attesa dell’imbarco, portarono nelle sezioni della divisione
Cuneo una crisi concernente il trasferimento. Malgrado ciò, circa
4000 uomini della divisione (il comando, l’ottavo reggimento
dell’armata di terra, il 27esimo reggimento dell’artiglieria, il
battaglione degli arditi e differenti servizi) riuscirono ad essere
trasferiti il 23 novembre fino in Turchia. In seguito, essi furono
inviati in Palestina, non come combattenti (benché essi fossero
stati nuovamente riuniti ed allenati, ma come belligeranti per essere
impiegati a fare dei lavori). Raggruppati in compagnie di zappatori,
essi furono spediti in Egitto e lavorarono, conoscendo numerose
umiliazioni.
La
caduta di Icaria.
La
guarnigione di Evdilos, attaccata dai resistenti, fu rinforzata
dall’indomani da alcuni elementi delle camicie nere e l’ordine fu
così ristabilito. Come l’eminente antropologo icariano, dottor
Aris Poulianos, l’ha dichiarato agli autori stessi, la guarnigione
di Evdilos era costituita di 120-130 uomini di cui uno dei comandanti
era l’insegnante Bonamelli. Poulianos, all’epoca, giovane uomo,
fu l’interprete degli italiani che furono consegnati ai resistenti
locali sotto il comando del dottor Stavros Stavrinadis e di Simos
Gerakis, uomini moderati, che non permisero che si producessero delle
manifestazioni estreme verso i prigionieri. Gli italiani si
consegnarono (si arresero) al seguito di un atto temerario del
giovane combattente Theologos Krokos, ascendente dell’autore, che
brandì un revolver dislocato contro il comandante italiano gridando:
Alt comandante!
Le camicie
nere ritornarono ad Evdilos nel novembre 1943, ma ripartirono dopo
l’intervento del giovane interprete Aris Poulianos, che agitava il
pericolo di una rivolta generale degli abitanti. Questi ultimi, a
colpi di campane della chiesa di Sant’Haralampos, avvicinavano gli
italiani mostrando una disposizione ben minacciosa.
I tedeschi
sbarcarono ad Hagios Kyrikos il 18 novembre e non sembra che la
sezione di camicie nere che ci si trovava, abbia resistito ben lungo
tempo all’azione tedesca. Il generale Soldarelli aveva pertanto
dato l’ordine “che tutto fosse tentato per fare ostacolo allo
sbarco e, se fosse stato necessario, di concentrarsi in caso di
scacco sulla collina, e secondo la circostanza, sostenuti dai
resistenti numerosi in quel luogo, di recarsi nelle montagne,
aspettando l’aiuto”. L’interruzione delle comunicazioni
impediva la trasmissione di tutt’altra informazione, e da ciò
derivò l’argomento che l’isola era caduta, ciò che d’altronde
fu ben presto un fatto.
Fournoi.
La
guarnigione, costituita da un piccolo nocciolo di sorveglianza del
litorale, conobbe gli stessi avvenimenti che ebbero luogo nelle isole
vicine difese da più potenti guarnigioni.
Gli
avvenimenti nelle isole delle Cicladi.
A Syra,
(dove il comandante era il colonnello Luigi Gino, settimo reggimento
dell’armata di terra) una delegazione tedesca si presentò il 14
settembre per domandare la resa. Il comandante dell’isola, benché
disponesse di forze importanti e avesse ricevuto degli ordini
formali, cedette alla domanda dei tedeschi. Poco dopo, tutta la
guarnigione evacuò l’isola e fu rinchiusa in una caserma (rapporto
del capitano commissario Falco).
Ad Andros,
il 13 settembre, il sott’ufficiale tedesco comandante del nucleo
dei marinai accreditati alla sorveglianza del litorale, si è
presentato al comandante dell’isola, il luogotenente-colonnello
Antonio Francesco Mela, invitandolo a rendere le armi. La domanda fu
rifiutata e quando, all’alba del 17, tre torpediniere tedesche
fecero la loro apparizione dirigendosi verso l’isola, egli donò
l’ordine a tutte le truppe (terzo battaglione dell’ottavo
reggimento) di prepararsi al combattimento in vista del rigetto di un
eventuale sbarco che in realtà non ebbe luogo.
Nella
mattina del 20 settembre, numerosi vascelli armati sotto bandiera
tedesca, fecero la loro entrata nel porto: un ufficiale tedesco
sbarcante, propose al comandante italiano la resa della guarnigione,
dichiarando che in caso contrario, egli avrebbe aperto il fuoco alle
sette di sera, ultimatum che fu respinto di un’ora davanti al
rifiuto degli italiani a cedere alle minacce. I battelli si
allontanarono, ma l’indomani, delle forze tedesche sbarcarono in
numerosi posti, coperte da dei tiri di cannone. Il combattimento che
seguì, durò due giorni, alla fine dei quali le sezioni, per evitare
l’accerchiamento, si tennero in luoghi di una certa altitudine da
dove, il 25 settembre, essi ripresero il combattimento, riuscendo a
riprendere due postazioni. I combattimenti proseguirono fino alla
fine della mattina del 26 fino a che i tedeschi pervennero a occupare
l’isola (rapporto del sotto-luogotenente Giovanni Valentini, del
terzo battaglione dell’ottavo reggimento).
Non si
recarono tutti, lontano di là. Numerosi furono quelli che
preferirono prendere la macchia. Quel giorno cominciò la vita
errante, esistenza resa ancora più penosa in ragione degli ordini
dati dai tedeschi alla popolazione, di non aiutare in alcun modo gli
italiani, sotto la pena di essere fucilati (rapporto del
sotto-luogotenente Giovanni Valentini). Altri riuscirono a
raggiungere l’isola di Tinos occupata dai tedeschi. La sorte della
guarnigione di Mykonos fu simile.
La
guarnigione dell’isola di Naxos, sotto gli ordini del capitano
Giovanni Rustichelli, provvisoriamente comandante del primo
battaglione del settimo reggimento, rinforzata da carabinieri, da una
sezione di sorveglianza de litorale e una sezione delle finanze,
doveva affrontare l’armistizio e alcune azioni ostili causate dalla
popolazione locale.
L’ordine
del generale Mario Soldarelli, concernente il ricongiungimento di
piccole guarnigioni e la resistenza contro i tedeschi, arrivò. La
guarnigione dell’isola Antinori (Kimolos?) si ritirò ma non potè
regolarsi proporzionalmente alle guarnigioni di Paros e di Siphnos.
Il
comandante del battaglione ricevette l’informazione della venuta a
Syros dei rappresentanti tedeschi che ponevano il dilemma già ben
conosciuto: alla domanda che gli indirizzava il colonnello Luigi Gino
di congiungersi ai loro ranghi, egli oppose un rifiuto risoluto che
manterrà addirittura allorchè apprese che la guarnigione dell’isola
si era arresa.
Foto:
L’armistizio degli italiani ad Hagios Kyrikos.
Nel corso
dei giorni, la situazione a Naxos diventava inquietante: tutte le
isole situate al nord, erano state invase dai tedeschi, quanto a
quelle situate al sud, con le guarnigioni del terzo e del settimo
reggimento, esse si trovavano pressoché nelle medesime condizioni.
In Effetti, le comunicazioni telefoniche erano divenute impossibili e
non c’era più alcuna possibilità di eventuali rinforzi. Le forze
disponibili a Naxos, erano capaci di organizzare una difesa
appropriata del litorale che potesse assicurare l’occupazione
completa dell’isola (rapporto del sotto-luogotenente Giovanni
Valentini).
Il 22, verso
le tre ore del pomeriggio, quattro canotti armati di cannoni
apparvero, dei quali uno gettò l’ancora nel porto. Dato che le
sezioni erano incapaci di resistere alle forze superiori del nemico,
esse si ritirarono al centro dell’isola nel corso della notte, di
tal sorta che l’indomani i tedeschi essendo sbarcati e non avendo
constatato alcuna presenza italiana, si allontanarono.
La
delegazione inglese che arrivò il 25 settembre, convinse di inviare
dei rinforzi e invitò il capitano Rusticelli a recarsi in primo
luogo a Paros affinché la situazione fosse esaminata, poi a Leros,
alfine di arrivare ad un accordo tra i comandi inglesi e italiani sui
passi da seguire.
Sull’isola
di Paros, si osservava la medesima situazione che a Naxos: la
guarnigione si era ritirata verso le terre, nella zona montagnosa.
Rustichelli fu inviato da Leros a Samos, dove spiegò la congiuntura
che regnava a Naxos al generale Soldarelli, domandandogli l’invio
di rinforzi o il ritiro della guarnigione a Leros. Non ci fu né
ritirata né invio di rinforzi.
La mattina
del 12 ottobre, i tedeschi sbarcarono di forza a Naxos e la
guarnigione, data la situazione precaria, ancora aggravata dalla
mancanza di cibo, dovette cedere alla domanda di resa. Numerosi
soldati ed alcuni ufficiali, riuscirono a scappare nelle campagne.
Nel numero di circa 130 all’inizio, si rifugiarono sul piccolo
isolotto vicino a Koufonisia, ed in seguito ad Amorgos, dove furono
fatti prigionieri dai tedeschi che erano sbarcati nel frattempo.
Dalle spoglie ritrovate a Naxos (circa 200), “certi riuscirono con
i loro propri mezzi a raggiungere le coste turche, di là, il Medio
Oriente”.
Ma la
maggior parte di loro, dopo mesi di privazioni e di prove, furono
arrestati da delle pattuglie tedesche che solcavano l’isola. Paros
e Siphnos conobbero la stessa sorte. Magrado l’accanimento del
generale Soldarelli nel far inviare una delegazione inglese a
Santorini (di cui il comandante era il luogotenente-colonnello
Bruno), nessun rinforzo arrivò per mantenere l’isola (le
guarnigioni di Anaphi, di Pholegandros e di Sikinos, vi erano state
riunite). Come ciò avvenne per Samos ed Icaria, la guarnigione di
Santorini ed il plotone che custodiva Ios, furono abbandonati al loro
triste destino ed alle forze tedesche che dominavano l’Egeo tanto
per mare che per terra.
Infine, non
dobbiamo dimenticare che la guarnigione di Thermia fu accerchiata il
12 dicembre, e che la guarnigione di Mykonos, poco numerosa, e quella
di Tinos, si arresero nei giorni che seguirono.
Su questo
caso, esiste il rapporto dell’ufficio storico italiano del quartier
generale della marina, parallelo a quello del generale Mario
Soldarelli, che mi è stato comunicato dall’ufficio storico del
quartier generale dell’armata italiana23.
L’armata aveva a Samos il comando della divisione Cuneo, comandata
dal generale Soldarelli, con due battaglioni dell’armata di terra,
un reggimento di artiglieria divisionario, un ingegnere divisionario
e delle sezioni di differenti servizi: un insieme di circa 9000
uomini. La difesa, organizzata per settori, comprendeva dei posti di
osservazione, delle unità mobili e delle basi. Non c’era una vera
forza mobile, ma solamente una forza di 300 uomini, formata in
sezioni dell’armata di terra e d’artiglieria, ma senza
l’armamento adattato all’opera di cui li si era incaricati. La
caduta di Mussolini causò un disordine generale nelle isole, e si
aveva entamé delle operazioni contro i resistenti, con la
partecipazione di due legioni di camicie nera (della 24esima e della
25esima), una forza di 1000 uomini. La popolazione non era ostile
verso gli italiani, cionondimeno la situazione era giunta
all’esasperazione. Fortunatamente, le autorità greche e
particolarmente, superiore a tutti, l’arcivescovo Irinaios, si
misero immediatamente d’accordo sul mantenimento dell’ordine. Nel
pomeriggio del 9 settembre, a Icaria, dei gruppi di resistenti
effettuarono degli attacchi contro le nostre posizioni militari.
Soldarelli fu messo al corrente dal posto marittimo Papa, per mezzo
di Leros, allorché gli si domandarono delle istruzioni che
chiarissero il modo in cui si potrebbe arrivare ad una soluzione
pacifica. Pertanto i suoi collaboratori erano esitanti ed attendevano
il giorno seguente. Al mattino del 10, il generale domandò l’invio
di un aereo di ricognizione, di un battello alfine di trasportare
delle forze ad Icaria, e di un battello in più per scortarlo.
Successivamente,
e allorché la situazione di degradava, la richiesta fu intesa nella
fine del pomeriggio. L’aereo fu messo a disposizione del capo di
stato maggiore Gaudioso per effettuare una ispezione del cielo e
lanciare sufficientemente dei tracts ai resistenti che avevano
attaccato anche il posto marittimo del capo Papas. Il battello
trasportava a Icaria una compagnia della 25esima legione di camicie
nere, un plotone di artiglieri della stessa legione, ed una unità di
mortai 81 del sesto battaglione di mortai. Tutta questa forza era
comandata da Piretti, comandante della 24esima legione.
Foto: Il
comandante d’Icaria, capitano italiano.
Non si aveva
alcuna informazione di Rodi. Ma l’11 al mattino, poco dopo le 9,
arrivò un telegramma al quartier generale di Soldarelli: i tedeschi
controllano l’insieme dell’isola ad eccezione della piazza della
città dove le loro truppe sono dispiegate. Stop. Ci si aspetta a che
l’attacco si dichiari rapidamente contro la piazza dove è
possibile che la resistenza sia assai lunga. Stop. Alcun ordine non è
stato ricevuto dal quartier generale superiore concernente le isole
già occupate (da noi). Stop. Nel caso in cui voi non riceveste altri
ordini da parte mia, prendete ugualmente a carico il comando delle
Cicladi dove il generale abilitato Gino è disposto a sostenere le
isole, grandi e piccole, soprattutto in caso di sommovimenti
Dalla
ricezione di questo telegramma, Mario Soldarelli comandò che gli si
inviasse da Leros una lista dei mezzi che erano a Rodi. posizione e
un ufficiale per aiutarlo a preparare le operazioni. Leros rispose
che essa avrebbe indirizzato la domanda al quartier generale Rodi.
Nel
pomeriggio del 10 settembre si videro quattro uomini in cachi
sbarcare da un caicco al sud di Kalabaktasi (Kallithea, all’estremità
ovest di Samos), poi reimbarcarsi. Si trattava di ufficiali tedeschi.
Il generale volle incontrarli e diede l’ordine che essi si
dirigessero verso Tigani dove avrebbero trovato una vettura che li
avrebbe condotti a Vathi. L’indomani, essi arrivarono alla sede e
così le negoziazioni con la delegazione alleata presidiata dal
colonnello Pawson incominciarono. La velocità con la quale il
generale Soldarelli si orientò verso la buona direzione, malgrado la
mancanza di istruzioni del governo, doveva impressionare
favorevolmente la delegazione alleata alla quale partecipava un
comandante superiore. Effettivamente, i rapporti fra il generale e
gli alleati erano buoni e le discussioni ebbero luogo in un clima
caloroso. La delegazione Pawson ignorava ciò che succedeva a Rodi e
ne fu messa al corrente dal generale solo allorché quest’ultimo fu
informato da un telegramma del direttore delle poste e telegrafi di
Rodi: i tedeschi controllavano ormai la città.
Egli domandò
successivamente a tutti i comandanti che dipendevano da lui ivi
compreso quello delle Cicladi – che era ormai sotto il suo comando
– di sottomettersi all’autorità del re e del governo ufficiale,
e diede loro l’ordine d resistere fino in fondo ad ogni attacco
tedesco. Il generale Soldarelli fece sapere le sue decisioni al
governo mediante telegramma (di cui la delegazione inglese prese
conoscenza) e mediante il quale egli sollecitava un contatto radio
diretto tra il governo e Samos.
Durante le
notti dell’11 e del 12 settembre, il generale esaminò con la
delegazione inglese il soggetto dei mezzi marittimi che, secondo le
clausule dell’armistizio, dovevano essere trasportati nei porti
alleati. Ora, ciò arrecava grande pregiudizio alla questione delle
posizioni nel mare Egeo: “Io telegrafo a Leros per sapere se loro
conoscono le clausule dell’armistizio e nel qual caso sarebbe
possibile che tutti i mezzi di navigazione che non sono
indispensabili raggiungessero Samos”. La risposta di Leros fu
negativa poiché essi avevano osservato che le clausule non
concernevano i mezzi di navigazione. Il mattino del 12 la delegazione
Pawson si recò a Leros con il torpediniere 522 e ritornò la sera a
Samos, il comandante Mascherpa gli aveva lasciato una cattiva
impressione.
Quel
medesimo mattino, il generale ricevette un telegramma che lo
informava sulle operazioni tedesche contro le posizioni italiane a
Kythnos, sull’interruzione delle comunicazioni radio con differenti
isole e sui voli di ricognizione costanti effettuati da delle
formazioni aeree tedesche al di sopra dell’isola.
Si
confrontarono questi telegrammi con quelli di Samos che incitavano
alla resistenza, al ripiegamento delle guarnigioni delle piccole
isole verso le grandi ed alla venuta del battaglione di Santorini a
Samos. Ma per realizzare tutto ciò, il generale doveva avere a sua
disposizione dei mezzi di navigazione, mentre che le istruzioni
inglesi che arrivarono nella notte del 12 al 13 reiteravano l’ordine
di inviare tutti i mezzi di navigazione e i mezzi aerei in Siria ed a
Cipro.
È la
ragione per la quale l’ordine fu ripetuto di non isolare le isole
dell’Egeo, e si domandò di nuovo a Leros, a nome della delegazione
inglese, delle informazioni sull’esistenza di mezzi di navigazione
e del genere di questi qui, precisando che lo scopo della domanda era
la realizzazione di un’azione riuscita grazie a questi mezzi. Leros
notò i punti interessanti della domanda ma rispose che era in
contatto diretto con dei rappresentanti del generale Wilson per mezzo
dei quali egli aveva preso conoscenza delle domande di Soldarelli.
In mancanza
di mezzi e davanti ad una tale incertitudine, era impossibile per
Soldarelli esercitare veramente il comando delle Cicladi dove tutto
era riunito a Syros. È perciò che egli spose tutta la situazione al
quartier generale superiore in un telegramma, allorchè apprese che
dei negoziatori tedeschi stavano per arrivare da Syros a Samos. Egli
decise di rifiutare categoricamente ogni contatto e formulò
espressamente ed esplicitamente la sua decisione in un telegramma
chiaro e netto. In seguito, allarmato da un telegramma che gli
annunciava che erano in colloqui favorevoli con i tedeschi, egli ne
inviò lui stesso due altri. Il primo domandava d’urgenza delle
informazioni sulla reazione dei tedeschi al suo rifiuto di riceverli
e sulla posizione del colonnello Gino, ed il secondo reclamava
imperiosamente una risposta. Nessuno dei due arrivò a destinazione.
L’indomani
Leros informava Samos che dalle 14 Syros non rispondeva più.
In effetti,
dopo il 14 settembre, giorno nel quale Syros era passata nelle mani
dei tedeschi, il generale aveva perduto ogni contatto con lei e con
alcune altre isole delle Cicladi. È la ragione per la quale, il 17,
egli informò il quartier generale superiore della sue preoccupazione
di eventualmente rinconquistare queste isole. Non avendo a sua
disposizione dei mezzi di navigazione militari e non potendo
utilizzarne di civili poiché essi erano tutti stati requisiti dagli
inglesi, non potendo neppure indirizzarsi a Leros poiché si sarebbe
dovuto anche passare attraverso le autorità inglesi, ogni
possibilità di intervento concreto nelle Cicladi sfumava.
Disponendo
di stazioni radio, il generale tentò, per mezzo del centro di Leros,
di ristabilire nuovamente il contatto Samos-Brindisi che egli aveva
domandato il 18. Il quartiere generale superiore sembrò apprezzare
l’opera del generale ed il 19, gli fece pervenire un documento
riempito di vivi elogi.
Il 14
settembre, con l’installazione dell’aviazione inglese a Kos, il
generale intravvedeva una possibilità d’intervento nella difesa di
Samos e credeva all’eventualità dell’arrivo sull’isola di una
spedizione inglese.
Lo stesso
giorno, il generale Arnold attaché militare ad Ankara, arrivò a
Samos su un torpediniere inglese. Era accompagnato da alcuni
ufficiali. L’indomani, un messaggio fu inviato da parte sua a
Leros, concernente l’arrivo di due battelli in vista del trasporto
d’armata a Icaria dove la posizione delle sezioni delle camicie
nere continuava a creare delle inquietudini. Leros rispose che i
battelli avevano subito dei danni e che bisognava utilizzare altri
mezzi.
Il 16, una
unità di 40 uomini arrivò su un piccolo battello inglese ed il 17,
il generale Anderson comandante della “forza 292”.
Nel corso di
una deliberazione tra i due generali, Soldarelli espose la
congiuntura dell’isola, la difesa organizzata e la questione delle
camicie nere di cui egli aveva deciso la divisione in due sezioni,
l’una destinata alla difesa di un settore di Samos, ed l’altra
destinata a Icaria. Il generale Arnold, avendo una procura adeguata,
installò a Samos una commissione greca speciale che si occuperebbe
dei problemi dell’isola.
Nel
frattempo, la situazione politica generale era migliore e si sormontò
la nuova crisi provocata dalla liberazione di Mussolini. La
situazione era migliorata ugualmente a Icaria e si richiamò Peretti.
Il 18, Soldarelli decise di inviare a Icaria il sotto-comandante
della divisione, generale Peirolo, che era riuscito a dominare le
camicie nere (Nota degli autori: alcuni giorni dopo l’armistizio,
le camicie nere si rivoltarono ed all’iniziativa del comandante
dell’artiglieria, la calma fu ristabilita, de là il loro invio a
Icaria). Lui decise ugualmente di risolvere alcune questioni tra
loro ed i resistenti greci di cui la collaborazione era necessaria
per la difesa dell’isola. È con lui che partirono Pawson, Harris e
gli ufficiali Levidis e Kazoulis. Essi imbarcarono tutti sul
torpediniere 522 che navigava sotto il comando di Carlo Bechi. La
triste evoluzione di questa pratica, fu che i quattro ufficiali
furono condotti a Syros, dove gli italiani li consegnarono ai
tedeschi.
Il 24
settembre, un’imbarcazione partì da Samos con a bordo un
ufficiale, due gendarmi, nove soldati, cinque marinai e tre
resistenti alfine che ci fosse un contatto con le Cicladi e che la
guarnigione ritornasse a Tinos. Ma arrivando a Tinos, l’imbarcazione
subì dei danni ed il generale dovette domandare un’imbarcazione
per rimpiazzare la prima. Leros rispose che essa non ne aveva alcuna
di disponibile.
Prima della
fine de mese, il generale inglese Baird, si recò a Samos per
rimpiazzare il generale Arnold, che partì il 24. Il 29, il generale
Brittorous, arrivato da Leros, restò tre giorni a Samos per
effettuare un’ispezione, e molto soddisfatto della situazione, egli
promise di intervenire in favore del rinforzo della loro difesa
presso il quartier generale. Un generale di brigata dell’artiglieria
sbarcò, accompagnato da ufficiali ed essi esaminarono insieme delle
posizioni per 14 o 18 batterie. In realtà, l’aiuto che arrivò
alla divisione si limitò a una ventina di mitragliatrici e 120 mine
(sulle 12000 domandate). Non c’erano né palle, né materiale. Per
contro, si inviò una batteria che non fu mai utilizzata. Nel
frattempo, un battaglione del reggimento di Kent e due compagnie di
paracadutisti del “battaglione sacro greco” fecero la loro
apparizione con il colonnello Tsigantes, al totale di 1000 uomini. I
rapporti tra gli italiani e gli inglesi erano sempre calorosi, e
dalla parte italiana il trasferimento provvisorio di tutti i camion
per i trasporti e dei piccoli veicoli per i diversi servizi si
realizzò.
La mancanza
di mezzi anti-aerei si faceva duramente sentire. Sull’estensione di
un’isola di 450 km quadrati, non si disponeva che di venti
mitragliatrici di 20 millimetri.
La caduta di
Kos aveva naturalmente avuto un impatto sul morale dell’armata e
ciò si rinnovò al momento dell’invasione delle altre isole. Le
camicie nere continuavano a creare dei problemi ed il generale fu
costretto ad effettuare una purga e ad allontanarne alcuni. Egli
manteneva il contatto con l’ammiraglio Mascherpa e de plus près
ancora con Menghini, comandante del settore nord di Leros che si
trovava a Partheni dove finiva il cavo telegrafico sotto-marino in
provenienza da Samos. Il posto fu distrutto da un bombardamento il 30
ottobre ed ogni contatto fu così tagliato.
Il 12
novembre, il generale inglese Hull arrivò da Samos, convocato dal
quartier generale del Medio Oriente alfine di prendere il comando di
tutte le forze alleate dell’Egeo. Egli era rimasto a Leros per
alcuni giorni per ispezionarne la difesa, ed abbandonò l’isola
alcune ore prima dell’attacco tedesco.
La notizia
dello sbarco cadde a Samos in maniera confusa. Il 13 al mattino, il
generale Soldarelli aveva telegrafato all’ammiraglio Mascherpa per
che egli fosse tenuto al corrente della situazione. Il 13,14,15, e
16, essi scambiarono dei messaggi tra Samos e Leros. Il generale
domandava di ottenere con tutti i mezzi delle notizie incoraggianti,
egli voleva agire, portare il suo aiuto, ma le sue buone disposizioni
restarono inutili, in mancanza di mezzi di trasporto. Egli doveva
esporre lo stato delle cose e domandare l’aiuto del quartier
generale superiore e quello degli inglesi. Le informazioni che
provenivano da Leros con un pessimismo che si rivelò più tardi
giustificato, non facevano che aggiungere alle sue inquietudini ed
alla sua ansietà.
Il 17
novembre verso le 12 e 30, i tedeschi lanciarono un attacco aereo di
un’estrema violenza contro Samos. La difesa non riuscì a reagire.
Le perdite si avverarono fortemente pesanti: 70 morti di cui 12
ufficiali e 300 feriti. SI cominciò il ripiegamento verso la Turchia
e Soldarelli, col telegramma che inviò alle 18 e 20, domandò al
quartier generale italiano un permesso di passaggio in Turchia per le
sue truppe. Il comandante di torpediniere Beghi, si mise in strada la
sera del 17, con l’ordine di Soldarelli di mettere gli alleati al
corrente della situazione, mettendo l’accento sul bisogno urgente
di mezzi si salvataggio.
Il 19, un
telegramma del quartier generale del Medio oriente cadde, indirizzato
al generale Baird, ordinante l’evacuazione dell’isola…Dai
documenti ufficiali, 220 inglesi, 380 resistenti greci, i prigionieri
tedeschi di Leros, 8300 italiani e 1200 civili riuscirono finalmente
a scappare. 2000 altri civili si misero in fuga mediante i loro
propri mezzi.
Le loro
partenze proseguirono fino al 23, data nella quale dei vascelli
tedeschi entrarono nel porto di Tigani e, brandendo la bandiera
bianca, essi domandarono di poter vedere il comandante de settore.
1000 tedeschi, fra i quali Müller, sbarcarono . Essi possedevano un
armamento individuale eccezionale, delle mitragliatrici e 8 carri
leggeri.
Si trattava
di tre giovani che furono rimpiazzati una ventina di giorni più
tardi da dei soldati più anziani. 4500 italiani dimorarono a Samos,
e numerosi furono quelli che se ne fuggirono nelle montagne. Altri
ancora, scappando alla sorveglianza dei tedeschi che li avrebbero
giustiziati se li avessero scoperti, passarono in Turchia. Soldarelli
raggiunse il Cairo l’8 dicembre, ed ebbe un incontro con il
generale Wilson. Essi esaminarono la possibilità di un intervento
della divisione nelle operazioni.
- SI tratta del famoso generale Friedrich Wilhelm Müller, nominato “il boia di Creta”, nato nel 1897. Nel 1942, era generale di divisione, comandante della 22esima divisione dell’armata di terra chiamata egualmente “di Sevastopoli”. Il 3.10.1943, egli invase Kos. Il 16.11.43, occupò la base marittima di Lerou, ed il 24.11.43, prese Samos. Il 1.7.1944, divenne comandante di Creta ed il 29.1.1945 comandante dell’armata dei Balcani e del fronte dell’est. Il 1.11.1946 fu condannato dai tribunali greci in quanto criminale di guerra e fu giustiziato il 20.5.1947. La sua tomba si trova al cimitero tedesco di Dionysos in Attica. Il suo enlevement in Creta era già stato deciso. Il 4.2.1944, un aereo inglese trasportò gli agenti inglesi Patrick Light Fremor, il capitano W. Stanley Moss ed i cretesi Manolis Paterakis e Giorgos Tyrakis. Ma Müller aveva lasciato l’isola due giorni più presto. È il generale Heinrich Kreipe che fu arrestato al suo posto. Informazioni estratte dal lavoro dell’eminente medico di Kos, Constantinos D. Kogiopoulos: L’armistizio italiano dell’8.9.1943, l’esecuzione degli ufficiali italiani a Linopati ed il processo del generale Müller. Tiratura a parte delle “Notizie di Kos”, tomo 5, Atene 1995 (amabilmente offerto dal signor Kojopoulos all’autore della presente opera).
Alla fine
del capitolo concernente Samos, si menzionano dei tentativi di fuga.
Ecco degli estratti del rapporto del generale Soldarelli (tengo a
ringraziare il colonnello italiano Massimo Multari, direttore della
sezione storica dello stato maggiore italiano che mi ha fatto
pervenire questo prezioso documento).
Vediamo
dunque ciò che annota il generale Mario Soldarelli nel suo rapporto
personale che ha scritto il 23 gennaio 1944. “Gli avvenimenti che
sono in rapporto con le isole del mare Egeo e che interessano la
divisione Cuneo”. Il presente rapporto è costituito esclusivamente
conformemente ai miei ricordi personali e ad alcune note. Malgrado
tutto, esso non è terminato ed è impossibile correggerlo con
l’aiuto dei documenti. Io conservo nondimeno il diritto di
rimpiazzarlo con un rapporto completo dal momento in cui io avrò a
disposizione le journal e la corrispondenza che sono salvaguardati al
comando della divisione che se trova al momento in Medio Oriente.
Il bisogno
di presentare il circondamento fuori dal comune dove io mi sono
trovato e le difficoltà che ho dovuto sormontare, mi hanno costretto
a esporre gli avvenimenti a partire da una data ben anteriore all’8
settembre 1943.
Allorchè,
nel mese di gennaio dello stesso anno, ho preso il comando della
divisione ho trovato:
Le truppe di
Cuneo sparpagliate nelle 20 isole (Sporadi e Cicladi), di cui solo
tre (Samos, Icaria e Fournoi) appartenevano alle mie attribuzioni
operazionali. Le altre 17 isole dipendevano dal comando del settimo
reggimento dell’armata di terra (Syros) e dipendevano, dal punto di
vista delle operazioni, dal comando superiore dell’Egeo.
A Rodi, la
24 esima legione di camicie nere era sotto la dipendenza completa del
comando superiore. Regnava un clima di caos avanzato presso gli
ufficiali, sottufficiali ed i soldati che consideravano l’occupazione
come una vita abituale di caserma con i piaceri ed i conforts
relativi.
-Composizione
insufficiente.
-Difesa
assai debole. Mancanza di forze per rapporto alla regione da
difendere ed alle sue caratteristiche, insufficienza di artiglierie
(assenza completa di artiglieria e di difesa anti-aerea sul
litorale), lavori non terminati.
Sin dai
primi giorni, io mi son preoccupato di allontanare la
disorganizzazione delle truppe, di dare una nuova spinta agli
spiriti, un nuovo impulso nell’allenamento, di migliorare
l’organizzazione difensiva e particolarmente lo sviluppo
dell’artiglieria. Sull’isola di Samos, sede del comando della
divisione, si trovavano due battaglioni dell’armata di terra, un
battaglione di mortai, il reggimento dell’artiglieria divisionaria,
del genio divisionario ed una parte dei servizi.
L’estensione
dell’isola, lo spiegamento delle sue coste (circa 165 chilometri),
la disposizione del campo, le multiple possibilità di sbarco e le
caratteristiche delle vie di comunicazione, causarono
un’organizzazione di difensiva dei settori che consisteva in una
serie di punti di sorveglianza molto spinta, con numerose enclaves e
in un numero determinato di piazze forti che sulle pianure litorali,
in forma piuttosto di triangolo con il mare per base, si richiudevano
alla sommità, accedendo all’interno dell’isola.
Questi
elementi di difesa assorbivano interamente i due battaglioni
dell’armata di terra ed il battaglione dei mortai. Questa massa
mobile di manovra per non importa quale spiegamento, ma assolutamente
indispensabile in questo caso, era quasi completamente assente. Non
c’era che un’unità mista di circa 300 uomini provenienti dai
battaglioni dell’armata di terra e dal reggimento di artiglieria,
disperse nella zona centrale, ma incapace di un tentativo in ragione
dell’insufficienza di forze e della mancanza di armi adeguate.
Io ho
immediatamente espresso al comando superiore dell’Egeo il bisogno
urgente di completare le mancanze e di consacrare almeno un
battaglione di composizione organica per una massa mobile di
operazione. Di più, ho domandato il materiale corrispondente alfine
di poter migliorare la situazione deficitaria della difesa ed
intraprendere dei nuovi lavori che io consideravo come necessari.
Allorchè il
comandante superiore, l’ammiraglio Campioni, arrivò nei primi
giorni del mese di maggio a Samos, io persistevo a presentare le
numerose mancanze che non erano state colmate e richiamavo le domande
che non erano mai state soddisfatte. Io non ottenevo che delle
promesse. Nella corrispondenza, si trovavano multiple lettere e molti
incoraggiamenti che erano stati inviati prima e dopo la visita.
Studiando ed applicando diversi sotterfugi e ripiegamenti, ho potuto
parzialmente migliorare l’efficacia della difesa, ma ciò ce non ho
potuto assolutamente scartare, è la mancanza di forze.
Foto:
Soldati che si riuniscono ad Hagios Kyrikos.
Fondamentalmente,
è questa mancanza che impedì le operazioni intraprese contro i
resistenti di svolgersi, perché io non potevo ritirare alle piccole
guarnigioni le forze necessarie alle attività in una regione estesa
e difficile a causa della zona montagnosa e delle condizioni del
contesto. Il 26 luglio, si apprese dalla radio la caduta del
fascismo e la costituzione del governo Badoglio. La notizia provocò
un’agitazione importante nella divisione e soprattutto presso gli
ufficiali. Tra essi si trovavano differenti piccoli dignitari
provinciali (gerarchi) così come dei fascisti che nella loro vita
privata, occupavano certi posti notabili di una relativa importanza e
che gioivano di una situazione finanziaria favorevole.
Da molto
tempo, malgrado l’interdizione di ogni discussione politica, delle
opposizioni erano apparse tra questi elementi e degli altri, più
apolitici che fascisti, che cominciarono ad imputare al regime la
difficile situazione militare e politica del paese. Avversità che io
riuscii a trattare grazie ad un intervento personale ma che malgrado
tutto lasciarono nel cuore di alcuni un sentimento di tristezza e di
disagio.
La caduta
del fascismo non poteva che condurre ad una crisi. La grande
maggioranza apprese la notizia con una soddisfazione che essa
espresse in una maniera più o meno manifesta. Il resto, sia gli
elementi ai quali io avevo fatto delle osservazioni, e che vedevano
la loro situazione privilegiata affievolirsi (indebolirsi), sia altri
ancora, molto giovani e poco numerosi, allevati nel contesto
particolare delle formazioni del partito, rimasero profondamente
agitati e disorientati.
Io riuscii
malgrado tutto a dominare il loro disorientamento ed a far loro
conservare il rispetto della disciplina ed il sentimento del dovere,
ma non potendo forse cancellare interamente un certo dubbio ed una
certa mancanza di confidenza fra i più agitati.
Ho molto
contribuito all’incoraggiamento dello spirito di ripresa delle
operazioni contro i resistenti che aumentavano in numero e
diventavano sempre più audaci.
Non avendo
le forze sufficienti per intraprendere delle operazioni e nello
stesso tempo conservare una difesa efficace dell’isola, io mi sono
risoluto ad insistere presso il comando superiore dell’Egeo perché
mi si inviasse almeno un battaglione dell’armata di terra.
Finalmente, l’ammiraglio mi ha convocato a Rodi affinché noi
esaminassimo ciò che conveniva fare. Io ho potuto così comunicare a
viva voce la situazione che regnava a Samos ed attestare la necessità
della spedizione di rinforzi e di materiale. Di fronte
all’impossibilità di ottenere un battaglione dell’armata di
terra che egli mi aveva promesso precedentemente, io ho insistito
sulla proposizione che io avevo sottomessa (sottoposta) allorché
avevo preso il comando della divisione Cuneo, cioè a dire di
estendere la divisione alle 20 isole e di abbandonare le più piccole
in favore delle più importanti.
L’ammiraglio
decise malgrado tutto di concedere provvisoriamente la 24esima
legione di camicie nere, che sarebbe (stata) trasferita
immediatamente a Samos su una flottiglia blindata. Di più, egli mi
promise l’invio di un battello di sorveglianza (che non è mai
arrivato) al porto di Vathi. La 24esima legione (circa 1000 uomini)
sbarcò il 28 agosto. Il suo arrivo migliorò il numero delle forze
presenti, ma essa è stata più tardi la causa di un grande
pregiudizio. La legione aveva fatto prova di buona condotta al
momento della campagna di Grecia ed il comandante superiore dell’Egeo
mi aveva assicurato, a questo distaccamento provvisorio di questa
unità della divisione, che essa costituiva sempre una buona unità
benché la caduta del fascismo abbia provocato un disorientamento
momentaneo dei suoi elementi. Quando la legione ha raggiunto Samos ed
ho potuto apprezzare il coraggio degli ufficiali e dei soldati, ho
compreso l’estensione della loro crisi morale, la profondità del
loro scoraggiamento, la loro inquietudine concernente l’avvenire e
la loro collera di fronte agli avvenimenti d’Italia contro le
camicie nere . Io non ho impiegato subito le camicie nere contro i
resistenti, ma ho preferito ripartirli nella parte nord dell’isola,
dove la difesa era assai debole, perché essa fosse a mia
disposizione alla prima occasione. Mi sembra che le visite quotidiane
alle compagnie, i lunghi contatti con gli ufficiali ed i soldati¸ e
la preoccupazione del miglioramento del loro agio materiale ha
cagionato un risultato favorevole ed a condotto ad un relativo
acquietamento degli spiriti, soprattutto presso i soldati semplici i
quali desideravano che le operazioni si svolgessero il più in fretta
possibile. L’armistizio è sopraggiunto improvvisamente. La notizia
è stata comunicata da una radio straniera circa alla 20 e mi è
stata riportata brutalmente. Malgrado il fatto che io nutrissi certi
dubbi concernenti la veracità dell’informazione, ne avvisai i
comandanti dei settori (che non possedevano la radio) ,ordinando
immediatamente che delle misure fossero prese per mantenere la più
grande disciplina nelle truppe e l’ordine pubblico nei villaggi.
Alle informazioni radiofoniche delle 20 e 30, ho preso conoscenza del
comunicato ufficiale. Ho dato degli ordini complementari ai
comandanti di settore e ho ordinato al generale Peirolo, comandante
dell’armata divisionaria di terra, che dirigeva le operazioni
contro i resistenti nelle vette del monte Ampelos, di cessare le
ostilità. Ho egualmente fatto una dichiarazione alla popolazione per
annunciare quale era la nuova situazione, invitando tutti alla più
grande disciplina.
Il
comunicato ufficiale dell’armistizio cadde al comando superiore
dell’Egeo alle 3 e mezza. Questo comunicato colpì profondamente
gli ufficiali e gli ambienti politici. Questo effetto era quasi senza
risposta. Le informazioni sulla guerra e la vita dell’isola si
limitò a questo comunicato. Nessun giornale aveva raggiunto l’isola
dal mese di giugno. La corrispondenza privata arrivava molto
raramente e non dava alcun chiarimento sugli avvenimenti che si
preparavano in Italia. La triste sorpresa dell’affondamento
(crollo, distruzione), il silenzio sulle clausule dell’accordo che
presagiva delle condizioni ancora più dure di resa, l’inquietudine
per ciò che succedeva nel paese, causò una crisi morale più vasta
e più profonda ancora che la precedente. La maggior parte degli
ufficiali furono contrariati, stupefatti. Alcuni, fra i migliori,
espressero chiaramente il loro dolore per questa avventura che
toccava l’armata ed il paese.
L’armata,
a parte alcune eccezioni di unità non combattenti a Vathi, avente
per criterio la gravità del momento, restò calma.
La
popolazione manifestò la sua gioia poiché lei credeva che
l’armistizio tra le Nazioni Unite e l’Italia significava il
ritorno della pace nell’Egeo e la fine dell’occupazione.
Gli insulari
greci non odiano gli italiani che sono sempre restati umani e così
le popolazioni e particolarmente quelle delle montagne, procedettero
a delle manifestazioni cordiali verso i soldati. Le autorità
rialzarono la testa. Il fatto che la Grecia sia un’alleata delle
nazioni che avevano firmato l’armistizio con l’Italia, elevò
questo paese al rango di nazione vittoriosa di fronte a noi (face a
nous). Alcune domande di allontanamento dei funzionari arrivarono dal
primo istante (praticamente dal mese di maggio, il commissario del
governo, che si era messo in congedo in Italia, non era più
ritornato), così come arrivarono domande di liberazione dei
prigionieri, di autorizzazione di pescare, ecc…
Il mattino
del 9 settembre, io riunii nel mio ufficio le autorità della città
con in testa il vescovo Irinaios (forse il più grande nemico
dell’Italia sull’isola) per chiarire la situazione, manifestare
la necessità di una stretta collaborazione alfine di affrontare i
nuovi problemi e che fosse ben inteso che io non potevo sopprimere le
interdizioni che erano state imposte in tempo di guerra, allorché
nuove minacce si disegnavano all’orizzonte. L’accordo fu
immediatamente firmato e tutte le autorità promisero un aiuto
massimale per salvaguardare la calma e l’ordine. Il vescovo stesso
si propose per entrare in contatto diretto con i capi dei ribelli,
alfine di evitare ogni iniziativa anche personale ed allontanare ogni
eventualità di incidenti (all’alba, un gruppo di ribelli che non
sapevano ancora niente dell’armistizio, avevano attaccato la
guarnigione di Pagonda provocando delle perdite). Egli propose
ugualmente di inviare una circolare ai pope (sacerdoti) di tutti i
villaggi.
La notizia
trasmessa dalla radio di Londra alcuni giorni prima, concernente il
passaggio di potere che io esercitavo al momento dell’armistizio,
benché fosse ancora presto, alle autorità di Samos installando un
nuovo comando, fu smentita.
Io ho
mantenuto per lungo tempo ancora il potere militare e civile,
esigendo ed ottenendo l’obbedienza assoluta di tutti ed il rispetto
della bandiera che è rimasta sempre issata alla sede del comando.
Io e le mie
truppe siamo passati sotto l’autorità operazionale del comando
inglese da quando è stato formato il Comando Militare Alleato
dell’isola ed ho ceduto il potere civile ( Commissione e
Prefettura) da quando, per ordine del quartier generale del Medio
Oriente, la delegazione inglese ha installato un governo greco
provvisorio un certo tempo dopo l’armistizio.
Il 9
settembre ad inizio del pomeriggio, malgrado l’ordine inviato a
tutte le isole di cessare le ostilità, i rivoluzionari di Icaria
s’attaccarono alla guarnigione di Evdilos, tagliando le
comunicazioni di questo luogo e di Hagios Kyrikos, sede del
distaccamento.
Peer mezzo
di una rete di torpediniere della Marina reale, ho contattato il
comandante della guarnigione di Evdilos per precisare che
l’armistizio menzionava di cessare ogni ostilità, ma che ogni
azione che ha avuto luogo o che si prepara contro le truppe italiane
sarà immediatamente contrariata.
Al mattino,
siccome le comunicazioni erano state ristabilite (mentre quelle tra
Agios Kyrikos e Samos erano state interrotte) il comandante
dell’isola mi ha fatto sapere che la situazione si era aggravata e
che Hagios Kyrikos e Raches erano minacciati.
Non
disponendo di alcun mezzo di trasporto, ho domandato al comando della
marina di Leros l’invio immediato a Samos di un aereo di
ricognizione e di una chiatta per il trasporto d rinforzi. Alla fine
del pomeriggio, il capo del quartier generale della divisione, il
luogotenente-colonnello Gaudioso, si recò in aereo al di sopra di
Icaria in ricognizione delle posizioni problematiche, lanciando
piccole bombe sugli insorti che avevano accerchiato Evdilos ed è là
forse che ha avuto luogo l’attacco contro la casa di Lakios. La
sera, una compagnia del 25esimo ha lasciato Tigani (nel luogo detto
Pythagorios), sulla chiatta, rinforzata da due sezioni di
mitragliatori della legione (camicie nere) ed un plotone di mortai di
81 dell’ottavo reggimento, sotto il comando del console Piretti che
ho incaricato del ristabilimento dell’ordine ad Icaria.
Nel
pomeriggio del 10 settembre, ho avuto una riunione con il vescovo
Irinaios ed il capo dei ribelli di Samos Zaïnis (nota degli autori:
significa Zaphiris. Conf. L’occupazione e la resistenza nazionale
a Samos. Zaphiris. Atene 1962) perché noi esaminassimo differenti
questioni di carattere finanziario e procedessimo all’arresto delle
attività dei gruppi resistenti ai quali, in particolare, ho dato
l’ordine di ispezionare le coste ovest e sud-ovest di Samos.
2 foto: due
foto dell’esplosione delle munizioni italiane ad Hagios Kyricos.
Siccome
l’incontro continuava, abbiamo appreso che un piccolo caicco,
allorchè si trovava da due ore al largo, si era avvicinato nel golfo
di Clio (a sud di Kalampaktasi, all’estremo ovest di Samos) e
quattro individui vestiti di kaki avevano toccato la terra ferma poi
erano ritornati immediatamente sull’imbarcazione…
Il 16,
andavo a recouper un incidente molto grave.
Mi si era
rapportato che a Icaria, dove la calma era ritornata da qualche
giorno, benché avessi ritirato il console Piretti, alcune
controversie si erano manifestate fra i soldati concernenti la
propaganda che avevano reiterato alcuni elementi estremisti.
È per
questa ragione che il colonnello Pawson (Pawesen nel testo originale)
aveva l’intenzione di recarsi sull’isola per delle questioni che
concernevano l’inquadramento e l’attribuzione di ordini
concernenti questi piccoli gruppi di ribelli. Di più, egli ha
incaricato il generale Peirolo che avevo io stesso incaricato fra gli
altri di sorvegliare strettamente le sezioni di camicie nere, di
accompagnare la delegazione a Icaria e di assicurarsi che le
informazioni che mi erano state riportate, erano esatte.
Il
torpediniere che avrebbe dovuto essere ritornato da Samos, dopo
alcune ore, non era ancora di ritorno. Si annunciò da Icaria che
esso aveva preso il largo in direzione dell’est. Poi un
torpediniere della marina che aveva potuto seguirlo da lontano,
osservò che esso si dirigeva verso il nord.
Numerosi
giorni passarono e malgrado il fatto che alcun naufrago era stato
rigettato dai flutti, si immaginò che il battello era perso, sia per
un incidente, sia in seguito all’azione di un aereo nemico, dato
che l’aviazione di ricognizione tedesca era molto attiva.
È solo poco
tempo dopo che si apprese la verità, allorché dei soldati disertori
arrivarono a Samos da Syra che era stata invasa dai tedeschi. Fra
essi si trovava un luogotenente de corpo reale della polizia
finanziaria (R. Guardia di Finanza).
Il capitano
del torpediniere Mas 522, luogotenente di vascello Beghi di Ancona,
della flottiglia delle mitragliatrici di Leros, in accordo con
l’equipaggio, aveva immobilizzato i quattro ufficiali, il generale
di brigata Peirolo, il colonnello Pawson, un comandante britannico di
cui non mi ricordo il nome, ed un capitano di vascello della marina
greca (nota degli autori: si tratta del capitano di vascello
Levidis). Egli li disarmò (il colonnello Pawson tentò di sguainare
la sua pistola e fu ferito al braccio). Essi presero la direzione di
Syra dove sbarcarono e furono consegnati al comando tedesco.
Il
luogotenente di vascello Beghi, al ristorante degli ufficiali di
Syros, aveva raccontato la sua odiosa operazione, aggiungendo che
egli premeditava il suo atto da molto tempo e che aveva lasciato
passare altre occasioni. Una volta aveva accompagnato il generale
Arnold fino alle acque territoriali turche ed un’altra volta, il
colonnello Pawson ed il comandante del quartier generale della
divisione con la speranza che un giorno egli avrebbe potuto
consegnarli ai tedeschi. Egli attendeva la croce di ferro tedesca a
ricompensa di una tale azione.
Il
torpediniere 522 passò sotto il comando della marina tedesca con la
quale egli ha partecipato a numerose operazioni nel mare Egeo.
Questo
avvenimento colpì abbastanza le autorità inglesi dell’isola ma
ogni dubbio fu ben presto dissipato. Si trattava di un’azione
sordida commessa da un traditore che non aveva pertanto alcun diritto
al tempo del suo servizio a Samos, sfortunatamente al pregiudizio dei
rappresentanti dell’armata britannica ma anche di un generale
italiano al di sopra di ogni sospetto. Tanto il colonnello Pawson che
il generale Arnold ed il capo del quartier generale Grei si
mostrarono increduli verso la milizia (nota degli autori: significa
le camicie nere). Malgrado la calma apparente ed il fatto che gli
uomini eseguivano i loro servizi normalmente, io stesso ero
egualmente diffidente.
In accordo
con il generale Arnold, ho malgrado tutto preso la decisione di
riunire la Legione di guardia a Icaria del distaccamento che avevo
inviato alcuni giorni più presto in un settore che si trovava
precisamente a nord-ovest, meno importante che gli altri, in una gola
della zona montagnosa tra Ampelos e Kerketa.
Davanti a
questa previsione, la milizia si è allontanata dalle zone importanti
dell’isola per ciò che concerneva la difesa, e si è dispersa in
punti fortificati da dove essi potevano facilmente ispezionare.
Restavano disponibili quasi due compagnie del secondo battaglione
dell’ottavo reggimento dell’armata di terra che potevano
congiungersi agli altri dello stesso battaglione che custodiva la
sotto-sezione di Marathokampos, rinforzante la difesa che era assai
debole.
Ho
progettato anche l’organizzazione di due potenti piazze forti, ad
Aulakia sulla costa nord e ad Hagios Theodoros, all’est dell’isola
in modo da ritenere una eventuale azione proveniente dalla zona di
Karlovasi verso l’est e verso il nord, cioè verso Vathi,
principale centro di Samos e sede del comando italiano ed inglese, e
verso Marathokampos.
Alla fine
del mese, il generale Arnold fu rimpiazzato dal generale di brigata
Baird, che arrivò sull’isola accompagnato da uno stato maggiore e
da una parte di un battaglione dell’armata di terra britannica. Il
generale di brigata aveva contemporaneamente un potere militare e
civile.
Egli visitò
con me in dettaglio tutti i lavori di difesa e dopo che abbiamo
sottolineato tutte le debolezze conosciute (strettezza dei passaggi
per i movimenti delle forze, mancanza assoluta di difesa anti-aerea –
mancanza di armi per la costruzione di lavori di piazze forti su
certe linee interiori – mancanza di filo di ferro spinato –
mancanza di campi minati – mancanza di proiettori etc….), egli
promise di mostrarci dell’interesse, dopo esserci messi d’accordo
sull’invio di una domanda al generale Brittorous, comandante
dell’Egeo di cui la sede era a Leros.
Foto:
imbarco dei prigionieri italiani ad Hagios Kyrikos.
Il generale
Brittorous arrivò un po’ più tardi a Samos, probabilmente per
esaminare personalmente lo stato delle cose e di là il bisogno in
rinforzi che erano stati domandati in uomini ed in mezzi.
In tre
giorni, egli aveva visitato tutta l’isola. Egli ne fu molto
soddisfatto, diede il suo accordo assoluto concernente tutto ciò che
era stato domandato, e promise a sua volta di promuovere la domanda
presso il generale Wilson, comandante del Medio Oriente.
Il resto
delle sezioni del battaglione dell’armata di terra britannica e le
due compagnie della Sacra Legione sbarcarono effettivamente
sull’isola. Come materiale, io ho ricevuto circa venti armi di cui
i fucili mitragliatori e delle mitragliatrici, 120 mine si pressione
(mentre avevo domandato 6000 mine di pressione e 6000 mine à distesa
staccabile), ma non ho ricevuto alcun metro di filo di ferro spinato
né alcun proiettore.
Per ciò che
concerne la difesa anti-aerea che costituiva, a mio avviso, come
all’avviso di differenti comandanti inglesi, la mancanza più seria
e ad un livello tale che annullava completamente l’efficacia della
difesa, ho inteso numerose promesse.
Un generale
di brigata e differenti ufficiali dell’artiglieria, arrivarono
sull’isola per comprendere la disposizione delle enclavi delle
mitragliatrici di 20 che esistevano e per ricercare le posizioni
delle batterie che dovevano arrivare. Si notarono delle posizioni per
14-18 batterie: in realtà, mai alcuna mitragliatrice arrivò.
Io
considero utile notare che, per ciò che concerne la difesa
anti-aerea dell’isola, c’era la batteria di 20 mm del 27esimo
reggimento dell’artiglieria e una batteria di 120 mm, incompleta,
che arrivò da Rodi in agosto con sei mitragliatrici per la difesa
dei porti.
Le batterie
di 75 che lo stato maggiore aveva destinato all’isola di Samos non
avevano mai raggiunto l’isola. La difesa era stata essenzialmente
rimessa a 20 mitragliatrici di 20 mm che doveva difendere la
disposizione dell’artiglieria divisionaria, i lavori delle piazze
forti, i depositi ed i porti su un’isola di un’estensione di più
di 450 km.
Molti giorni
prima dell’arrivo del generale Brittorous, mi si informò che il
comando inglese aveva distaccato le isole che erano in nostro
possesso dalle isole greche (Sporadi e Cicladi) lasciando sotto il
mio potere Samos, Icaria e Fournoi ed appresi attraverso un
comunicato alla radio di Londra che il maresciallo Badoglio aveva
nominato il vice-ammiraglio Mascherpa, comandante delle forze
italiane dell’Egeo.
Quando il
generale Brittorous venne a Samos, egli la rappresentava, ma siccome
una parte delle Cicladi aveva delle guarnigioni di truppe della
divisione Cuneo, essi non potevano impedirmi di interessarmi, ed io
non vedevo come il vice-ammiraglio avrebbe potuto attraverso qualche
mezzo legale o appropriato a queste isole, estendere il suo potere,
mentre egli avrebbe ben voluto en être au même point che durante la
situazione anteriore, allorchè le Cicladi dipendevano direttamente
da Rodi.
Il generale
fu convinto e ci assicurò sul suo intervento presso il quartier
generale del Medio-Oriente.
Malgrado
tutto, le prime intenzioni ostili contro le isole da parte dei
tedeschi si fecero sentire.
Kythnos
divise la stessa sorte che Andros che manteneva una compagnia
rinforzata dal terzo battaglione dell’ottavo reggimento, ed in
seguito la stessa sorte che Tinos dove si trovava una guarnigione
della compagnia dello stesso battaglione.
Ignoro quale
era l’organizzazione difensiva delle Cicladi così come il suo
grado di efficacia.
Come ho
menzionato più sopra, le isole in questione dipendevano dal comando
delle Cicladi che aveva sede a Syra, e dunque direttamente dal
colonnello Gino.
Ci furono
degli incidenti a Tigani…Il luogotenente-colonnello mi confermò i
fatti che furono verificati dai militari britannici che abbandonarono
il loro posto alcune ore prima della distruzione di un
apparecchio-radio inglese. Questi incidenti fecero grande impressione
ma non furono svelati ai soldati.
Comprendo la
fatica degli uomini e che essa influenza senza alcun dubbio le cose,
in ragione del sovraccarico di lavoro delle ultime settimane, della
tensione nervosa, degli attacchi quasi quotidiani, del peso della
responsabilità in un settore militare così delicato e par le azioni
civili.
Noi tutti
abbiamo coscienza che la situazione è molto difficile, tanto perché
la popolazione è inquieta ed irritata, che poiché noi ci sentiamo
capaci di resistere se italiani, inglesi, greci e ribelli rimangono
uniti e decisi a tener testa, e se i civili ci stimolano, lasciando
da parte ogni sentimento di collera o di odio verso di noi. Io penso
che sfortunatamente è impossibile caricare la milizia (le camicie
nere) di qualsiasi missione, per timore che alcune azioni ostili si
dichiarino presso degli elementi scaldati (scalmanati) che sarebbero
sfuggiti alla nostra attenzione.
Le
comunicazioni con Hagios Kyrikos (a Icaria) davanti al quale sono
sorti, all’inizio del pomeriggio, due veicoli di trasporto
accompagnati da torpedinieri, sono state tagliate dopo alcune ore.
Una
compagnia della 24esima legione (camicie nere), rinforzata da
un’unità di artiglieri della stessa unità, sotto il comando del
centurione Erba, considerato come uno degli elementi più sicuri, si
trovava ad Hagios Kyrikos.
Ho potuto
comunicare per telefono al centurione di fare tutti gli sforzi
possibili per evitare lo sbarco e se ciô non era realizzabile, a
causa dei tiri provenienti dal mare (non vi era alcuna mitragliatrice
ad Icaria), che essi ripiegassero sulla collina (l’ordine di
organizzare dei posti di difesa e di stoccarvi delle provvisioni e
delle munizioni era stato dato da tanto tempo. Il centurione doveva
domandare l’aiuto dei ribelli, numerosi in quel posto, di
mantenersi nelle altezze, impedendo che l’interno delle terre fosse
invaso, di contrattaccare non appena ciò fosse possibile, e infine
salire la montagna attendendo l’aiuto. Sfortunatamente, le
comunicazioni furono tagliate brutalmente.
Quello che
era successo ad Icaria non era ancora ben chiaro ma sembrava che la
milizia non aveva resistito allo sbarco.
A Samos si
fece fronte al capo della banda Dottor Fantoni (capo manipolo) (nota
degli autori: la terminologia si rapporta ai gradi della legione
romana antica), e alcuni soldati che, non approvando l’attitudine
della massa, decisero di abbandonare l’isola.
Arrivarono a
Karlovasi dove trovarono la legione ma io non penso che il colonnello
Donadoni, comandante delle sezioni dell’ovest, abbia avuto la
possibilità di interrogarli data l’urgenza della situazione.
Io so,
attraverso delle informazioni che ho raccolto successivamente da un
ufficiale che si trovava a Karlovasi, che il capo della banda delle
camicie nere fu assassinato da un soldato, con un colpo di fucile
alla gola, al momento in cui lo conduceva al comando della legione.
Per ciò che
concerne Icaria, abbiamo il rapporto dell’ufficio storico della
marina di guerra con l’indicazione: La Marina italiana nella
seconda guerra mondiale. Volume XVI Avvenimenti in Egeo dopo
l’armistizio (Rodi, Lero e isole minori, Roma 1972, pp. 427-436).
A Icaria,
c’erano due posti di sorveglianza marittima, l’uno a Cavo Papa
(alla punta ovest) e l’altro a Cavo Fanari (alla punta est). I due
avevano un’installazione radio.
Dopo la
prima rivolta dei greci che, il 9 settembre batterono i posti
militari (vedere i documenti 55-56) ed occuparono il posto di
comunicazione marittima di Papa (vedere i documenti no. 242-243-244)
nella notte dal 9 al 10, Leros chiese le camicie nere. I rinforzi
inviati furono soprattutto le camicie nere, sotto il comando del
console Piretti. Questo trasmise delle informazioni sulla situazione,
informò che aveva rinforzato il posto di Cavo Fornari (la
postazione?), e domandò il permesso di spedire direttamente la
milizia (le camicie nere) a Leros. Avendo incontrato un mare agitato,
l’imbarcazione subì dei danni (vedere documento no. 245). Il
generale Soldarelli rispose ordinando di fare terminare l’azione in
corso e di trasferire interamente la guarnigione a Samos (vedere
documento 246).
Attraverso
questo ordine proveniente da Icaria, delle istruzioni concernenti
questi due posti di sorveglianza marittima vengono richieste ed il
generale Soldarelli chiede l’avviso di Leros (documento
no.247-248).
Foto: i
prigionieri italiani sono trasferiti su dei torpedinieri tedeschi.
Novembre 1943.
Non abbiamo
la risposta di Leros ma la questione è regolata poiché il
comandante di Samos, dopo aver considerato lo stato delle cose, ha
modificato le sue decisioni ed ha scelto di ritirare la guarnigione
di Icaria dove Piretti lasciò una sezione di camicie nere, sotto il
comando di un centurione. Il capo del posto di Cavo Fanari, forse
ingannato dai preparativi di evacuazione delle sezioni dell’armata,
telegrafò a Samos domandando delle istruzioni (documento no.115), ma
un po’ più tardi la situazione fu apparentemente chiarita ed il
posto di sorveglianza marittima di Cavo Fanari restò aperto ed in
attività. Per ciò che concerne il posto di sorveglianza marittima
di Cavo Papa, di cui il personale si era recato a Leros, esso si
ritrovava senza materiale, senza armi e senza munizioni (documento
no.249). Il comandante inglese prese la decisione di riaprirlo e
Leros ha dunque domandato a Samos se ciò era realizzabile (documento
no.250). La risposta essendo positiva, si decise l’invio del
vascello San Dominico, con a bordo del personale e del materiale. Fu
ricevuto a colpo di tiri di mitragliatrici (documento no.251)
proveniente forse dalle camicie nere dissidenti. Si potrebbe
addivenire a questa deduzione a seguito di un telegramma di Icaria a
Samos, datato del 26 settembre, che fa probabilmente riferimento ad
una unità inglese che avrebbe dovuto far sbarcare una delegazione
(inglese) a destinazione delle Cicladi (documento no.252) e che si
era rifugiata a Fournoi (documento no. 253). Il tentativo fu
reiterato alcuni giorni dopo (documento no. 254) e questa volta, essa
ebbe buona fine: la stazione radio di Cavo Papa riprese il suo
funzionamento. Le cose restarono calme fino al 18 novembre quando dei
battelli di trasporto tedeschi fecero la loro apparizione,
accompagnati da torpedinieri. Non incontrando alcuna resistenza dalla
parte delle camicie nere, le loro truppe sbarcarono tranquillamente.
Il capo del posto di sorveglianza marittima di Cavo Fanari domandò
delle istruzioni per telefono del centurione che comandava la
guarnigione. Gli si rispose di recarsi al villaggio e di consegnarsi
ai tedeschi. Il capo del posto, responsabile dei segnali marittimi,
Angelo Spina, rifiutò di eseguire questo ordine, e dopo aver
distrutto documenti e materiale, si rifugiò nelle montagne con 13
uomini del posto, alcuni patrioti greci, 30 soldati del genio, un
ufficiale ed un medico delle camicie nere.
L’8
dicembre, alfine di scappare al pericolo, Spina, in compagnia di 6
dei suoi marinai (all’inizio più numeroso il nucleo dei fuggitivi
si era considerevolmente ridotto) riuscì a fuggire a bordo di un
canotto ed a trovare rifugio sulle coste turche.
Il personale
del posto di sorveglianza Cavo Papa, dopo ciò che ne era seguito, fu
in parte fatto prigioniero dai tedeschi mentre tentava di fuggirsene
in Turchia, gli altri essendo riusciti a raggiungere le coste turche.
Non sembra
che i tedeschi abbiano occupato interamente l’isola in maniera
stabile ma piuttosto che vi abbiano effettuato degli attacchi
discontinui.
Korseoi.
VI si è
apparentemente installato un posto di sorveglianza marittima. Non si
ha alcuna informazione sul personale. Si suppone che sia stato
trasportato a Samos il 21 settembre quando il personale dell’armata
fu esso stesso spostato.
L’occupazione
di Rodi era una delle idee fisse di Churchill che voleva tentare
d’attirare la Turchia (conf. L. Maud, Assault from the sea, London
1949, p. 16 sq.). Alla fine del mese di gennaio del 1943, con il
regolamento del fronte africano, il premier inglese dà l’ordine al
quartier generale del Cairo di preparare un piano di occupazione di
Rodi, e che fino alla fine dell’anno, sette altri piani debbono
seguire (conf. Hagen Flaïser)24.
Alla conquista della Sicilia, si propone anche l’occupazione di
Rodi sotto il codice “abbraccio”, colpo di spada tramite il quale
si diventa cavaliere. Nell’agosto 1943, l’ottava divisione delle
Indie era stata designata per questa missione. Con le operazioni in
Birmania, la divisione è trasferita in Italia. Wilson decide di
approfittare dell’armistizio italiano ed il 9 settembre, Churchill
gli telegrafa: “This is the time to play high. Improvise and dare.
Churchill” (Il momento è venuto di giocare con audacia.
Improvvisate ed osate!”)25.
Il 10
settembre il comandante Lord Gellico salta su Rodi in paracadute con
due dei suoi compagni ed incontra l’ammiraglio Inigo Campioni
(comandante del Dodecanneso dal 15.7.1941 al 18.9.1943) che, sia
detto en passant, sarà più tardi fucilato dopo essere stato
condannato da un tribunale straordinario di Parma il 25.5.1944 con il
comandante di Leros il vice-ammiraglio Mascherpa. Lo scopo di Gellico
era di incoraggiare l’ammiraglio a resistere alla divisione tedesca
d’assalto (Sturmdivision) che stazionava sull’isola. Gellico
promette dei rinforzi in capo a sei giorni. Egli riparte l’indomani
e la resistenza italiana si spezza. I giorni seguenti, I britannici
sbarcano sulle isole con delle guarnigioni. Gli inglesi impiegano più
di due brigate. Gli italiani li accolgono molto cordialmente.
Benché i
britannici siano en eveil, i tedeschi si introducono a Kos grazie ad
un’operazione sotto il nome in codice di “Orso polare” e
sorprendono la guarnigione anglo-italiana che capitola. La quinta
armata constata che il mantenimento di Creta e di Rodi dipende
dall’occupazione delle più piccole isole dell’Egeo secondo gli
ordini di Hitler.
La
condizione per adottare questa strategia è l’occupazione di Leros.
Churchill
tenta di persuadere i suoi generali ed il presidente americano
stesso. Roosevelt dubita del giudizio di Churchill ed i colloqui sono
interrotti all’annuncio che la Wehrmacht ha deciso di affrontare
gli alleati a nord di Roma. La sola concessione è che Samos e Leros
siano mantenute.
Il 12
novembre 1943, un convoglio edesco, dopo un primo tentativo mancato,
fece sbarcare alcune centinaia di uomini. I difensori, benché
prevenuti, furono sorpresi perché non pensavano che il terreno
roccioso sarebbe propizio ai salti dei paracadutisti. La più forte
neutralizzazione della guarnigione anglo-italiana, dopo tre violenti
combattimenti, potè essere realizzata grazie alla collaborazione di
Luftwaffe con le forze terrestri tedesche26.
Dopo dei
combattimenti di più giorni, il comandante britannico si arrese il
16 novembre. Fu l’ultima vittoria tedesca della Seconda Guerra
Mondiale. Essa fu particolarmente salutata da Hitler: “Questo
exploit occuperà un posto d’onore nella storia della guerra”. La
caduta di Samos seguirà il 21 e 22 novembre quella di Santorini il
27 novembre. A Samos, 2500 italiani furono arrestati con 50
mitragliatrici e 10 mitragliatrici antiaeree. Si comunicò ugualmente
l’occupazione di Leipsoi, Patmos, Fournoi e Icaria, con ancora 350
prigionieri italiani.27
Dalla parte
greca, il rifiuto del quartier generale del Medio-oriente di
utilizzare l’armata greca del Medio Oriente resta incomprensibile.
La prima brigata che si distinse a El Alamein avrebbe potuto essere
impiegata anche per le operazioni sul territorio greco. La seconda
brigata, che era stata smembrata durante le agitazioni del luglio
1943, avrebbe potuto ugualmente essere immediatamente riorganizzata.
C’era anche del posto disponibile sui battelli greci per il
trasporto delle truppe, malgrado le opinioni dei rapporti britannici.
Wilson
giustifica la reticenza dei Britannici ad inviare delle truppe greche
tramite le pretese che avevano i turchi ed i greci al Dodecanneso. SI
sa che nel 1942 il Foreign Office si era impegnato in favore del
ricongiungimento di certe isole alla Turchia. Ora, nell’aprile
1943, Churchill propone di dare Rodi in ricompensa in caso di
attitudine positiva della Turchia. Eden emette il punto di vista che
ciò causerebbe un pregiudizio irreparabile alle loro relazioni con
la Grecia.
Due
settimane più tardi, il ministro del Medio-Oriente Casey, pensa di
offrire alcune isole alla Turchia come “stimolazione”.
Nel febbraio
1943, Eden accetta la domanda di Panagiotis Canellopoulos che aveva
domandato la partecipazione delle truppe greche nelle operazioni
effettuate nel Dodecanneso (conf. Panagiotis Canellopoulos, Diario,
17-11-1942 e 3-2-1943). Il cambiamento degli inglesi non è dovuto
al fatto che loro non volevano scontentare i Turchi. L’ambasciatore
turco aveva dichiarato più volte che il suo paese non aveva
obiezioni a che la Grecia avesse delle mire sul Dodecanneso.
Il governo
del Cairo credeva che non perderebbe la simpatia degli italiani che
erano ormai dalla loro parte nella guerra. Così Wilson rifiuta di
inviare se non alcune piccole forze simboliche, addirittura a Samos,
che era territorio greco. In questa maniera le manifestazioni
nazionali greche sono proibite. È solamente nell’ottobre 1943 che
il “Sacro Battaglione” è inviato a Samos sotto il comando di
Christodoulos Tsigantes, ma con l’ordine di comportarsi “come si
deve” di fronte ai soldati della divisione ‘Cuneo’.
Au verso:
Noi abbiamo
tutti coscienza che la situazione è molto difficile, tanto perché
la popolazione è inquieta ed irritata, quanto perché noi ci
sentiamo capaci di resistere se italiani, inglesi, greci e ribelli
restano uniti e decisi a tener testa, e se i civili ci stimolano,
lasciando da parte ogni sentimento di collera o di odio verso di noi.
Io penso sfortunatamente che è impossibile di caricare la milizia
(le camicie nere) di qualsivoglia missione, per paura che certe
azioni ostili non si dichiarino presso degli elementi scalmsnsti che
sarebbero sfuggiti alla nostra attenzione.
Le
comunicazioni con Hagios Kyrikos (a Icaria) davanti al quale sono
sorti, all’inizio del pomeriggio, due veicoli di trasporto
accompagnati da torpediniere, sono state tagliate da alcune ore.
Una
compagnia della 24esima legione (camicie nere), rinforzata da
un’unità di artiglieri della stessa unità, sotto il comando del
centurione Erba, considerato come uno degli elementi i più sicuri,
si trovava ad Hagios Kyrikos. Io ho potuto comunicare per telefono al
centurione di fare tutti gli sforzi possibili per evitare lo sbarco e
se ciò non era realizzabile, a causa dei tiri provenienti dal mare
(non c’era alcuna mitragliatrice ad Icaria), che si ripieghino
sulla collina (l’ordine era stato dato dopo lungo tempo di
organizzare dei posti di difesa e di stoccarvi delle provvigioni e
delle munizioni). Il centurione doveva domandare l’aiuto dei
ribelli, numerosi in quel luogo, di mantenersi nelle altezze,
impedendo che l’interno delle terre fosse invaso, di contrattaccare
da quando fosse possibile, ed infine di salire la montagna aspettando
l’aiuto.
Rapporto del generale Mario Soldarelli, Comandante
della divisione Cuneo.
2 Ettore
Bastico porterà il titolo di Governatore Civile e Militare delle
Isole Italiane dell’Egeo, esattamente come il precedente
governatore delle isole del Dodecanneso Cesare Maria De Vecchi di
Val Cismon (1884-1959) (conf. Marco Innocenti, I Gerarchi del
fascismo, Milano 1997). De Vecchi fu governatore del Dodecanneso,
succedendo a Mario Lago, dal 2.12.1936 al 9.12.1940. Ettore Bastico
lo fu dal 10.12.1940 all’1.7.1943. L’ammiraglio Inigo Campioni,
più tardi fucilato, gli successe dal 15.7.1941 all’11.9.1943. Il
console generale Igino Ugo Faralli ne fu l’ultimo governatore, dal
18.9.1943 all’11.9.1943. Ettore Bastico era generale
d’artiglieria. Grazie alla sua nobile condotta, guadagnò la stima
e l’affetto dei civili e dei militari, prendendo delle misure per
migliorare la loro vita. Occupò Kastelorizo, le Cicladi, Samos e
Icaria così come la parte est di Creta. Fu improvvisamente mutato,
forse in ricompensa, sul fronte africano (conf. il libro di Fanizza
Rugerro, De Vecchi, Bastico, Campioni. Ultimi governatori dell’Egeo,
Vasbonesi, Forlì 1947).
3 Conf.
Costa I. Ptini: Anni d’occupazione. Contributo alla storia di
Samos. 1941-1944, Samos 1985.
4 Rapporto
dell’ambasciatore inglese ad Ankara, Knatchbull-Hugessen, 13
settembre 1943, con per tema la visita del Signor Courvoisier alle
isole, dal 17 al 31 luglio 1943 e La situazione nelle isole
dell’Egeo, 13 agosto 1943.
5 K.
Ptini, op. cit., pp.122-123.
6 Ioannis
Th. Tsante, Cronaca dell’occupazione di Icaria. Prologo,
bibliografia e pubblicazione della seconda edizione da parte di
Dionysis Mavroyannis, professore di università, Mavridis, Atene
2001.
7 Conf.
il buon libro del professor Zacharias N. Tsirpanlis, La dominazione
dell’italia nel Dodecanneso. 1912-1943. Alienazione dell’essere
umano e de l’environnement, Rodi, 1998.
8 Conf.
K. Ptini, Anni d’occupazione. Contributo alla storia di Samos.
1941-1942. Samos 1958, p.109 e seguenti.
9 Tolto
dai Combattimenti delle popolazioni di Samos e di Icaria
(1941-1944). Racconto di Dimitris Ant. Gridakis – Redazione di
Ioannis Em. Gridakis, Rivista “Resistenza nazionale”, maggio
1984, pp. 80-85.
10 A.
Kedros. La Resistenza greca 1940-1944, Paris, Laffont, p.362.
11 Cfr.
Il dramma di Kastania, dell’ex-principale di collegio Evangelos
Trovas, Rivista di Samos. Primo tomo. Numero 4 (primavera 1964), pp.
178-179. Cfr. Exposé confidenziale del direttore della posta D.
Triantafyllos al commissario governamentale di Samos, K. Ptini, op.
cit.
12 Irinaios
Papamihaïl 1878-1963, nato a Nicomedia in Bitinia. Nel 1913, fu
eletto vescovo dei Dardanelli, in seguito vescovo di Elassonos
durante due anni, quindi di nuovo dei Dardanelli. Seguì dei corsi
di filosofia e di estetica alla Sorbona. Nel 1926, fu eletto vescovo
di Samos e di Icaria. Tradusse le opere del filosofo russo N.
Berdiagef, “Sul destino dell’uomo” e “Spirito e libertà”.
Secondo i britannici, Irinaios fu “la personalità più
rispettabile e più qualificata dell’isola”. Il popolo, ma anche
i resistenti dei quali egli aveva benedetto gli sforzi, lo
rispettavano particolarmente.
13 Conf.
L. Craig, Polizia germanica difensiva nei Balcani. A Case policy.
The buildup in Greece 1943. Balkan studies. 23.2.1982, pp.403-409.
14 Conf.
Mark Mazower. La Grecia di Hitler. Traduzione francese di
Charalampos Orfanos, Les Belles Lettres, Paris 2002.
15 Op.
cit., Marc Mazower, p. 162 della traduzione francese.
16 Il
conflitto germano-italiano a Cefalonia, di K.P. Phokas-Cosmetatou
par il generale Gerasimos Apostolatos. Non datato. Conf. il libro di
Formato Romualdo, L’eccidio di Cefalonia, De Luigi, Roma.
17 Dei
dettagli sul massacro di Cefalonia e di Corfù sono forniti nel
diario di Kriegstagebuch (del quartier generale di Hitler),
concernenti il periodo dal 24.8.1943 al 31.12.1943. Conf. anche il
libro di G. Schreiber, Die italienischen Militärinternierten in
deutschen Machtbereich, 1943-1945, München 1990, p. 157
(Prigionieri italiani nelle regioni sotto dominazione tedesca).
18 A.
Alexandris, Turkish policy towards Greece during the Second World
War and dits impacts on Greek-Turkish Detente. Balkan Studies vol.
23 n.1 (1982), pp. 157-197.
19 K.Ptinis,
op. cit. p.306
20 Conf.
Philippos Carabot: La liberazione provvisoria alleata di Samos
(settembre-novembre 1943). Anatomia di un’impresa
politico-militare inefficace. Tiratura a parte delle ricerche di
Samos. Tomo I (1993-1994), Fondazione culturale di Samos “Nicolas
Dimitriou”, Atene 1994.
21 Le
operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943. VI,
Avvenimenti nelle Sporadi Meridionali e nelle Cicladi.
22 Conf.
il bellissimo libro di Denis Mack Smith, Mussolini, Weidenfels and
Nicolson, Ltd. 1981. Traduzione francese di Brigitte Gyr, Flammarion
1985.
23 Il
titolo completo è: Ufficio storico della Marina Militare. La Marina
Italiana nella seconda guerra mondiale. Vol.XVI. Avvenimenti in Egeo
dopo l’armistizio (Rodi, Lero e isole minori). Compilatore Aldo
Levi, revisore Giuseppe Fioravanzo. Seconda edizione, Roma 1972. I
testi concernenti Lero sono menzionati in una traduzione greca di
Ioannis Kasti, nel giornale “Notizie di Lero”, del 30.4.1996. I
testi concernenti Samos ed Icaria sono nell’opera di Costas
Ptinis, p.343 e ss.
24 Hagen
Flaïser, Corona e svastica, Tomo 2, Edizioni Papazisis, Atene 1995,
pp.174-186.
25 Winston
Churchill, “The second world war. The invasion of Italy, Cassel
London, Second Edition, 1965, Island prizes lost, pp. 180-200.
26 K.
Alman, Graue Wölfe blauer See (Dei lupi grigi nei mari blu), Munich
1980, pp.228 e 230.
Mio papà, Enrico Galbusera, fante italiano nato e vissuto a Milano, classe 1915, passò tre anni ad Icaria. Mi raccontò in realtà di quanto i soldati italiani si fecero benvolere dalla popolazione, alla quale regolarmente regalavano cibo di nascosto. Mi raccontò anche di un ragazzino di nome Stamati, del quale dopo la prigionia tedesca non seppe più nulla....Mio padre è mancato nel 1998 ma nel 1990 tornò ad Icaria, dove con sua grande commozione fu ricnosciuto da alcuni abitanti....."Tu sei ERRICO!!"...Mio padre era una brava persona, non voleva andare in guerra e ne fu obbligato. Sono certa che abbia portato il suo buon cuore anche in una divisa. Grazie a lui io amo moltissimo il popolo greco.Valeria galbusera
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