martedì 14 maggio 2013

Ikaria sotto l'occupazione italiana 1941 - 1943


“Virate col vento davanti per arrivare in tempo,

alla vela maestra e in avanti”.
N. Kavadias
N Tsagas e Kyriaki E. Lignou,
Traduzione dal greco di Maria Antonakis-Sfakianakis, professoressa di francese ad Atene
Tradotto in italiano dalla Professoressa Paola Colotti.
Alla sacra memoria di mio suocero, il capitano Jean Charalampos Douris (1900-1986) che tanto ha sofferto al tempo dell’occupazione italiana e tedesca.
Al mio cognato caoitano Charalampos Jean Douris.
 
Studio di mare”
e all’ombra sacra del provveditore di Evdilos
Evanghelos Z. Lignos
Integro di vita e puro di ogni scelleratezza”

Nicola Tsagas è nato in Icaria nel 1936. Ha studiato letteratura francese, storia e archeologia all’università di Atene. Ha proseguito i suoi studi all’università di Toulouse e quindi ad Aix-en-Provence. È stato professore nell’ambito dell’insegnamento secondario e assistente alla facoltà di lettere (sezione francese) all’università di Atene. Padroneggia il francese, lo spagnolo, l’italiano e l’inglese.
 
Kyriaki E. Lignou è nata nel 1971, da genitori icariani. È cresciuta ed ha vissuto in Icaria. Ha studiato lettere classiche all’università di Lecce. Ha scritto il saggio “Società e governo nel pensiero di John Locke”. Parla l’italiano e l’inglese. È sposata con il dentista icariano Nicolas Jean Koutoufari. Ha due figlie e lavora nell’insegnamento secondario. 
 

L’8 maggio 1941 è resa pubblica la prima circolare del prefetto di Samos, Stamatis Spyros, mediante la quale egli dichiara che1 “dalle ore dieci di questa mattina, l’isola di Samos è sotto l’occupazione dell’armata italiana, la quale a sua volta è agli ordini del sotto-ammiraglio Carlo Franchi”. Il governatore militare assicura che i diritti dei cittadini saranno rispettati così come le loro proprietà, e che governerà in modo nobile e civilizzato, comportamento che distingue la nazione italiana e del quale i soldati greci si sono dimostrati degni, dando prova di generosità e di coraggio sui campi di battaglia. Infine, egli aggiunge che il governatore delle isole del mare Egeo essendo sotto l’occupazione italiana è il generale Ettore Bastico2. All’arrivo di Carlo Franchi, il vero lavoro comincia. Appena installatosi, delle sezioni della Divisione ”Cuneo” del Piemonte che hanno ugualmente coperto le isole delle Cicladi, arrivano. Il primo divisionario fu il generale Carlo Melotti. Seguirono ordini e circolari in materia d’urgenza, di restituzione delle armi, di dichiarazione di possesso di postazioni radio.
L’autore, a quel tempo bambino, si ricorda dell’esistenza di una postazione radio che passava di mano in mano nelle campagne perché fosse inteso il bollettino della BBC, unico raggio di luce in queste ore cupe e tragiche. Seguirono istruzioni concernenti la chiusura dei centri pubblici, firmate col titolo pomposo di Mussolini, in quanto “primo maresciallo dell’impero”.
Il divisionario Mario Soldarelli (1886-1962) gli successe. Chef de corps, cominciò la sua carriera facendo i suoi studi all’Accademia di artiglieria e del genio, alla scuola d’applicazione e alla scuola di guerra. Divenuto sottotenente del genio nel 1907, partecipò alla prima ed alla seconda guerra mondiale. Diresse il quindicesimo reggimento d’artiglieria e fu successivamente capo di stato maggiore alla testa della quarta armata, poi a quella della divisione dell’armata di terra Sabratha (Nota dell’autore: Sabratha: si tratta della regione che porta lo stesso nome dell’antica regione romana presso Tripoli) nell’Africa del nord, dal maggio 1941 al giugno 1942. Fu distaccato al comando superiore delle forze armate dell’Africa del nord e muté nell’Egeo, alla testa dell’armata di terra Cuneo. Dal 15 luglio 1944 all’aprile 1945, comandò il territorio militare di Neapolis e dal 2 aprile 1945 al 20 dicembre 1946, il territorio militare della regione di Roma. (conf. Stato maggiore dell’esercito. Ufficio storico. Filippo Stefani. La storia della dottrina e degli ordinamenti dell’esercito italiano. Volume II. Tomo 2.,Roma 1985). L’eminente medico e autore di scritti storici, K. Kogiopoulos, che io ringrazio qui calorosamente, mi ha fatto pervenire queste preziose informazioni. Il generale arrivò dal fronte africano. Era contro i tedeschi perché era stato abbandonato dagli alleati del “corpo africano” (Afrika Korps) al momento della battaglia di El Alameïn e aveva subito un vero disastro. Il suo capo di Stato maggiore era Gaudioso, portava il titolo di conte, ufficiale competente e qualificato, non provava alcuna simpatia per il vescovo Irinaios3.
L’inviato svizzero della Croce Rossa, Raymond Courvoisier, ci lascia una preziosa testimonianza.. Durante un incontro con il governatore italiano, generale Mario Soldarelli, questa era la questione per la quale doveva recarvisi dopo la resa. Il generale sperava ri incontrare Courvoisier in Kenya. Egli ci fornisce degli elementi su Icaria: “Quanto a Icaria, essa non produce quasi nulla e i suoi abitanti sono poveri ed emigrano in gran numero. Irinaios dice che a Icaria vivono 12500 abitanti ai quali l’occupante proibisce la pesca, e che l’isola è una roccia sterile”.4
Ulteriormente, Courvoisier ci informa che la nave turca Ungur si reca ad Icaria caricata di 47 tonnellate di farina. Nella capitale (Agios Kyrikos), villaggio di 3000 abitanti, la mortalità era, prima della guerra, di trenta persone all’anno, ormai essa è di trenta persone al mese. Icaria è l’isola più sfortunata dell’Egeo. Il viaggio continua in direzione di Fournoi. Al momento dello sbarco, un gruppo di carabinieri ci arresta. Malgrado le nostre proteste, essi ci conducono fino ad un ufficio militare. Sono le sette del mattino. Io esprimo vigorosamente la mia sorpresa all’ufficiale. Sono veramente fuori di me dalla collera. Lui domanda scusa con premura. Noi siamo liberi.
L’isola di Fournoi che si trova all’ovest di Samos, è essenzialmente costituita da tre piccole isole, delle quali la più grande è maggiormente coltivata. Il suolo è totalmente incolto e gli abitanti vivono della pesca e dell’allevamento delle capre. Un semplice passaggio tra le case svela il triste viso della miseria e della fame. Gli abitanti riuniti in gruppi nei loro ovili ci riservano un’accoglienza semplice e piacevole. Dal giugno del 1943, sottolinea il sindaco, essi vivono esclusivamente dell’aiuto che gli invia Samos. L’isola è supervisionata da una piccola guarnigione italiana che vive con gli autoctoni i quali interpellano i soldati con i loro nomi. Asserviti ed occupanti vivono assolutamente al margine del resto del mondo…
L’accoglienza degli icariani è migliore di quella dell’anno precedente. La loro condizione di salubrità è migliorata. I militari si sono ritirati. Ma i bambini hanno un bisogno urgente di olio di fegato di merluzzo e di vitamine. Anche il latte gli manca. La nostra partenza si copre di malinconia. Gli innocenti pescatori avrebbero voluto che noi restassimo qualche ora di più con loro.
Noi non abbiamo più amici, dicono. Noi non abbiamo alcuna notizia dell’esterno. Voi siete i soli visitatori che siano venuti da noi dall’inizio delle ostilità. Restate dunque con noi!”.
Ma noi dobbiamo andare a visitare Evdilos, un piccolo villaggio sulla costa nord, costruito sul fondo di una caletta circondata da case in un ben triste stato. Nessun albero, nessuna verdura cresce a causa del vento. I settecento abitanti ci aspettano tenendo in mano dei poveri mazzi di fiori selvatici. Con fatica essi si tengono in piedi e presentano l’aspetto di uomini difformi e lebbrosi. La fame aveva lasciato le sue tracce. Il conquistatore si era occupato ben poco di loro. I bambini erano pietosi. L’anno precedente cinquanta persone erano morte di fame. Il nutrimento che arriva assai irregolarmente da Samos non ha per nulla migliorato la loro salute.
Sono le sei del mattino quando noi ci mettiamo in marcia per Samos. Due ore più tardi, la barca passa al largo di Karavostamo. Un luogo ancora più povero che Icaria. La fame ha causato terribili perdite presso i suoi ottocento abitanti. Sfortunatamente non possiamo accostare poiché siamo pressati dal tempo. Ma io spero che il mio collaboratore svedese che si trova a Samos per visitare questo piccolo villaggio i giorni seguenti…5
Il principale di collegio Ioannis Th. Tsantes (1903-1977)6, descrive con colori vivi questo periodo di carestia: il mulino a mano, che serviva al tempo della lontana epoca dell’occupazione turca, rifà la sua apparizione. Lo stesso si dica per il focolare dove giorno e notte si mantiene il fuoco, mancando i fiammiferi.
Il sale proveniva dall’acqua di mare. Fortunati erano coloro che possedevano alcuni alberi, soprattutto degli ulivi. Le ghiande delle querce e i lupini rendevano un buon servizio. L’anno 1942 conobbe il punto culminante della carestia che assunse delle proporzioni atroci.
In seguito egli menziona la resistenza passiva degli allievi del collegio d’Icaria ad apprendere la lingua italiana o ad assistere alla proiezione di film di propaganda italiani. Lui parla con ammirazione della manifestazione organizzata dalle donne di Agios Kyrikos. Dimostrazione suprema: lo schiaffo che ricevette il graduato italiano chiamato Raffaele, dalla mano di Pamfili, della famiglia dei Safos, sorella dell’istitutore K. Safos. La rivendicazione delle donne di Icaria fu trasmessa per telegramma a Samos e l’indomani si inviò della farina ed altri alimenti.
La resistenza del popolo icariano fu generale. Io menzionerò solamente un esempio proveniente dalla mia prossima cerchia famigliare. Il mio suocero, Ioannis Douris, figlio di Charalampos Douris, il “giovane gagliardo”, marinaio, ebbe una vita attiva e nel corso della prima guerra mondiale, egli servì , come marinaio, sulla corazzata “Lemnos”. Durante la seconda guerra mondiale, era sulla petroliera “Teodora”, che fu bombardata dagli stukas tedeschi e colò corps et bien nella baia delle “Case Bianche” del golfo di Corinto. Ne uscì sano e salvo, tuffandosi, con un altro marinaio di Chios.
Riuscì a raggiungere il suo villaggio d’origine Evdilos a Icaria. Nel corso dell’occupazione italiana, egli trasportò dei soldati e dei rifugiati sulle coste dell’Asia Minore tramite l’aiuto dell’imbarcazione che possedeva, “L’intrepida”. Al seguito di una denuncia, gli italiani lo arrestarono e lo imprigionarono e gli distrussero il suo caicco pubblicamente sulla piazza di Evdilos e, con i pezzi di legno, accesero i loro forni.
A causa della vicinanza con il Dodecanneso, i tedeschi lasciarono Samos, Icaria e Fournoi alla zona sotto influenza italiana, benché le altre isole fossero state occupate dalla Wehrmacht. Così, il dipartimento di Samos scappò alla crudeltà dell’occupazione tedesca, ma subì duramente il tentativo di italianizzazione della popolazione greca, che aveva come scopo finale la ricongiunzione delle nostre isole già occupate dall’Italia al Dodecanneso7.
Gli alimenti finivano nelle mani delle forze armate italiane e così la popolazione conobbe gravi problemi di vettovagliamento durante l’inverno 1941-1942, malgrado l’aiuto della Croce Rossa Internazionale8.
La popolazione diminuiva in maniera drammatica. Da 89000 unità essa passò a 60000 nel 1943.
La propaganda italiana era accanita e l’insegnamento dell’italiano era obbligatorio. La dite Casa di Dante si installò a Vathi con l’intenzione di mettere l’accento sulla superiorità della cultura italiana.
Si rendeva giustizia non in nome dello Stato greco ma a nome del governatore del Dodecanneso. Gli impiegati erano nominati dal commissario politico di Samos o erano impiegati del Dodecanneso, come scrive il vescovo Irinaios.
Questo tentativo di disellenizzazione stancava maggiormente la popolazione che l’occupazione stessa delle isole fatta da un’armata che era stata vinta in Albania. Da nessun’altra parte salvo che a Creta, la resistenza contro gli italiani assumeva grandi dimensioni come a Samos.
All’epoca dell’armistizio di Badoglio, nel settembre 1943, sull’isola c’erano due gruppi di resistenti di circa 400 uomini. Questi gruppi, che erano di sinistra, erano stati organizzati nell’ottobre 19429.
L`ELAS (Armata di Resistenza Greca) di Samos riceveva l’armamento e l’aiuto finanziario del servizio inglese SOE, di Agrilia e di Chesmé in Asia Minore con i quali essa era in contatto permanente dal 194210.
Il contributo essenziale dei resistenti erano le vessazioni delle autorità italiane aventi come scopo principale una rivolta generale. Il piano non riuscì perché il comitato anti-fascista, aspettando le manovre di Badoglio, non osò muoversi apertamente. Inquiete, le autorità italiane di Rodi inviarono due battaglioni di camicie nere che osservassero le manovre dei resistenti in pericolo. Le operazioni che avevano avuto luogo prima dell’armistizio condussero al massacro arbitrario di 17 contadini innocenti nel villaggio di Kastania ed all’esecuzione la quale poteva aspettarsi di 17 altri innocenti, da una parte per ordine del generale Mario Soldarelli, ma anche sotto l’influenza degli ambienti fascisti, o forse addirittura per aver protetto i resistenti. Queste esecuzioni avevano minato il morale degli abitanti11.
Il tentativo della sposa del commissario politico Bianco Tizianotti di organizzare degli avvenimenti sociali, fallì miserabilmente. L’antipatia della popolazione tale che ben pochi furono gli accusati di collaborazione, malgrado il fatto che si attribuisse facilmente l’etichetta di traditore e collaborazionista.
Il segno atteso della capitolazione italiana fu dato dalla montagna di Vathi e fu il punto di partenza di un delirio di entusiasmo sull’isola. Ecco l’allocuzione de generale Bandolino seguita da un riassunto:
Il Governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intenzione di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle Forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse, però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.
L’ostilità precedente fu dimenticata e fece posto a delle scene di fraternità. Cionondimeno gli isolani presero coscienza che duri momenti li attendevano. Un eventuale colpo di Stato fascista era reso possibile dalla presenza di due “legioni” di camicie nere, di circa 1200 uomini. Il generale Mario Soldarelli proclamò che egli sarebbe rimasto fedele ai termini dell’armistizio fino all’arrivo delle truppe alleate, che pregherebbe gli abitanti di Samos di non provocare i soldati italiani in ragione del loro morale che era più basso e domandava ai resistenti di dare prova di modestia e di grandezza d’animo verso gli amici di oggi (attuali).
Durante la notte del 12 settembre le camicie nere tentarono un intervento ma dopo dei colloqui fra gli ufficiali, favorevoli al Maresciallo Badoglio e ufficiali di Soldarelli, si tennero tranquilli, aspettando l’evoluzione della situazione. Più in là vedremo, nel suo rapporto, che il capo di divisione tentò di disperdere le camicie nere inviandone la metà a Icaria e le altre ad ovest di Samos.
La sera del 9 settembre, un caicco con 4 uomini a bordo, gettò l’ancora a dieci miglia a sud della capitale Vathi. Un distaccamento di resistenti locali li salutò. Si trattava del comandante Pawson, capo del SOE di Smirne, con come sotto-capo il capitano Parrish, l’ammiraglio Levidis, rappresentante del contro-spionaggio greco di Smirne, ed il sottocapo di Charris che erano condotti a Vathi. Nove giorni più tardi, i quattro uomini in questione ritornarono da Icaria dove avevano regolato una controversia tra la guardia italiana di Icaria ed i resistenti locali. Essi furono arrestati dal sotto-luogotenente Beghi e condotti a Syros dove furono consegnati ai tedeschi.
L’11 settembre, il comandante Pawson incontrò il generale Soldarelli, che convinse di restare fedele ai termini dell’armistizio. Tre giorni più tardi, il generale Anderson, addetto militare dell’ambasciata britannica ad Ankara arrivò, nelle vesti di rappresentante del Generale in capo del Madio Oriente e prese in mano il governo dell’isola. L’arrivo degli ufficiali alleati fu salutato con entusiasmo dalla popolazione greca, essi ci vedevano il segno annunciatore dell’arrivo delle truppe alleate.
Effettivamente, due battaglioni dei Royal West Kent ed il nocciolo del quartier generale di Anderson composto da 30 a 40 uomini, sbarcarono.
Foto: marinai tedeschi si avvicinano ad Hagios Kyrikos per raccogliere la guarnigione italiana. Novembre 1943.
Il suo arrivo attenuò l’agitazione delle camicie nere ed egli domandò il loro disarmo ed il loro ritorno nella loro patria…
Il generale in capo britannico non era in misura di inviare dei rinforzi sostanziali a Samos data la presenza tedesca a Rodi, per mancanza di trasporti, ma ugualmente data la alta politica di Churchill che aspettava l’entrata della Turchia in guerra e come lo si menzionerà più tardi, Rodi era la prima verso la Turchia. Il generale Maitland Wilson permise al generale F.G.Brittorous, governatore delle isole del mar Egeo occupate dagli italiani, di confidare la difesa di Samos al generale Mario Soldarelli ed ai suoi uomini e a dare l’ordine al generale Arnold di “utilizzare tante adulazioni quanto lo permetteva la situazione in modo di incoraggiare gli italiani a ricoprire il loro rispetto in sé stessi ed a rialzare il loro valore militare che a quel momento era messo in dubbio”.
Al di là di un eventuale attacco dei tedeschi a partire da Rodi, Arnold aveva altri problemi da risolvere. Egli non voleva lasciare gli elementi dissipati occuparsi di politica, ma aveva l’intenzione di coordinarli in vista della difesa delle isole. I resistenti avevano già espresso il desiderio di allontanare “certi elementi che si erano esposti in collaborazione con gli italiani”. Essi avevano partecipato a delle negoziazioni con il vescovo Irinaios e altri cittadini influenti concernenti la formazione di un governo indipendente di Samos. Nel corso dei primi giorni dell’armistizio italiano, c’erano state delle conversazioni animate a proposito di questa pratica. Il segretario di E. Tsouderou Nikolareïzis, che arrivò due settimane dopo gli avvenimenti di Samos, durante una conversazione telefonica con Tsouderou diceva che “la questione della creazione di un governo provvisorio è stata sollevata e si distribuiscono i portafogli”. Il 17 settembre, Arnold agendo in quanto rappresentante del generale Wilson, pubblicò un comunicato la cui prima pagina “Governo superiore di Samos”, annunciava la formazione di un governo provvisorio di un comitato a Samos, costituito da quattro membri. Questo comitato doveva esercitare i suoi doveri secondo le leggi d’anteguerra.
Il comitato era sotto la direzione del vescovo Irinaios, che aveva diritto a due voci12. Il secondo membro era l’avvocato conservatore originario di Vathi S. Aggelidis, nominato da Irinaios stesso, poi A. Sidirourgos e G. Leventakis, rappresentanti proposti dai resistenti. G. Zafiris, anziano sottufficiale, era consigliere per ciò che concerneva le questioni in rapporto con i resistenti.
Prima di procedere all’esposizione ulteriore degli avvenimenti, dobbiamo esaminare brevemente la fine degli italiani in Grecia.
Alla fine della spedizione africana, gli alleati dell’ovest erano il cavallo di battaglia di Hitler, il ventre molle dell’Europa.
Gli inglesi facevano di tutto per ingannare i tedeschi. Dalla famosa operazione “Carne macinata” (Mincemeat), “L’uomo che non è mai esistito”, fino alla fantastica dodicesima armata che doveva invadere il Peloponneso o ancora l’abbondanza delle false informazioni che cadevano tra le mani dei tedeschi, tutti questi mezzi erano utilizzati per coprire la futura invasione in Sicilia e di là, gli sforzi della missione britannica in Grecia, sotto gli ordini del generale di brigata Myers o di Chris Woodhouse che furono importanti. Hitler era certo che Churchill voleva far dimenticare lo scacco dei Dardanelli ma ugualmente l’evacuazione precipitata della Grecia, nella primavera del 1941.
I generali tedeschi insistevano sull’importanza delle risorse naturali dei paesi dei Balcani, della bauxite, del cromo e soprattutto del petrolio rumeno di Ploesti.
La direttiva numero 17 di Hitler, datata del 28 dicembre 1942, prevedeva la nomina di un certo Oberbefehlshabersüdost (alto governatore del fronte sud-ovest) avendo per sede Salonicco e per governatore il generale Alexander Löhr.
Nel corso dei primi mesi del 1943, il comando tedesco preparò una immensa linea di lavori di fortificazione lungo la costa sud del Peloponneso. È con questo scopo che furono inviati, come l’undicesima flotta aerea presso Dioryge nella regione di Corinto, la 117 esima divisione di cacciatori (Jagddivision) discesa dalla Yugoslavia e in seguito la 104esima divisione di cacciatori come pure due altre unità d’élite li raggiunsero. La prima divisione blindata prese posizione nel Peloponneso e la prima divisione dei cacciatori alpini a Jannena. Era uno spiegamento di forze importante dato che la Wehrmacht si era dispiegata in tutta la “fortezza Europa”(Festug Europa)13.
Dei 93000 soldati italiani presenti nella Grecia continentale, numerosi erano quelli che soffrivano del paludismo, mentre 70000 si trovavano nelle guardie insulari.
Roma aveva promesso dei rinforzi di 24000 soldati ma non ne arrivarono che 2000. Delle forze italiane in Grecia, Carlo geloso scriveva al capo di Stato maggiore italiano Vittorio Ambrosio che l’armata italiana disponeva di un “armamento antiquato”, senza armi anticarro ed antiaereo. Il fatto che l’invio dei rinforzi sia stato anticipato andava a detrimento dello “spazio vitale” italiano. Il generale Geloso tentava di ispirare l’autorità, che egli caratterizzava come “sostanziale, salda, sana”. Egli si lamentava del fatto che i suoi soldati avevano una “mentalità di tempo di pace”. Essi esitavano a servirsi delle loro armi, anche se i greci erano in posizione offensiva. Lui sosteneva che l’armata italiana era lì per fare la guerra, e che la guerra era una “cosa seria”. I soldati maledicevano la guerra e insultavano Mussolini (porco Mussolini).
Gli antichi alleati non nutrivano affatto dei sentimenti di simpatia. Per gli italiani, i tedeschi erano dei “barbari” e questi ultimi non stimavano affatto la maniera nella quale gli italiani conciliavano la guerra e l’amore. I soldati della Wermacht ricevettero l’ordine di evitare i Greci. Agli occhi dei tedeschi, la disposizione degli italiani verso le donne aveva un rapporto con il loro rilassamento di fronte alla resistenza greca. Di constatazione generale, gli italiani erano, per natura, più moderanti nella loro attitudine verso la popolazione greca.
La stabilità e lo zelo di cui devono far prova (gli italiani) nei confronti dei colpevoli…non deve degenerare in violenza cieca, perché questa non sarebbe in armonia con le tradizioni della giustizia romana talmente amata dall’armata italiana. Questo nuocerebbe al nostro prestigio e non servirebbe i nostri interessi”. La progressione della resistenza non gli ha fatto cambiare d’avviso14.
I diplomatici e gli ufficiali tedeschi desideravano che gli italiani prendessero delle misure più severe. Laïr e il suo quartier generale pensavano che le misure degli italiani erano “praticamente inutili”. Il maresciallo Keitel grazie al sotterfugio del capo del quartier generale italiano Ambrosio consigliava agli italiani di essere più severi. Le OKW (Ober Kommando der Wehrmacht), il comando supremo dell’armata tedesca pregava il comandante dell’undicesima armata, Carlo Geloso, di affrontare i resistenti greci “Mit brutalsten Mitten” (con i metodi più brutali”). Gli italiani non furono convinti. Altenburg, commissario tedesco in Grecia, dichiarava che la reazione delle autorità italiane era esitante. Geloso ed il suo successore, il generale Carlo Vecchiarelli, entrarono spesso in conflitto per ciò che concerneva la politica da seguire nei confronti della resistenza. Geloso protestava contro le prese d’ostaggio tra gli innocenti civili: “Per noi questo sistema è contrario alle leggi della guerra, è un metodo detestabile”.
Dopo l’evacuazione dell’Africa, Hitler si rese conto che presto o tardi l’Italia avrebbe intavolato delle negoziazioni con gli alleati dell’ovest. Dallo sbarco in Sicilia, Hitler inviò il maresciallo Rommel nei Balcani. Poco prima de suo arrivo, un piccolo gruppo di agenti di collegamento (liaison), si recò ad Atene dicendo per collaborare con l’undicesima armata italiana, ma in realtà il suo scopo era lo spionaggio.
Pertanto, le cose avanzavano a grandi passi. Alla fine de mese di giugno del 1943, il gran consiglio fascista rovesciò il Duce, che fu rimpiazzato da Pietro Badoglio, la cui attitudine verso i tedeschi era troppo molle.
Ad Atene, la situazione era esplosiva, quattro grandi “panzer” (carri) presero posizione nella via Amerikis con i loro cannoni girati verso il quartier generale italiano. Rommel ritornò a Berlino e Laïr diede segretamente ordine alle unità tedesche di disarmare le guarnigioni italiane. La missione fu chiamata “Axe”. La caduta di Mussolini non preoccupò veramente i soldati italiani, eccetto sicuramente gli elementi fascisti. I soldati attendevano la fine della guerra ed il loro ritorno al paese. A Icaria e a Fournoi, le guarnigioni italiane che comunicavano con la popolazione, non nascondevano affatto la loro intenzione di rendere le armi ed avevano d’altronde già preparato le loro bandiere bianche. A Samos, i simboli fascisti erano scomparsi in poche ore.
I generali italiani tentarono di entrare in contatto con i resistenti tramite i sotterfugi degli agenti di collegamento inglesi, tutto come il comandante della divisione Casale Mangani che tentò anche lui di entrare in contatto con il sindaco di Agrinio, o ancora il capo di corpo del 26esimo corpo italiano, il generale Delobona, che tentò di recarsi con l’aiuto del vescovo di Jannina Spxridon Vlahos. Là dove non c’erano tedeschi, il popolo faceva festa con i soldati italiani. Ermoupolis era ornata di bandiere alleate, della bandiera greca e della bandiera italiana.
I soldati italiani persero tutto il senso di disciplina militare e vendevano i loro equipaggiamenti et i loro bagagli. Atene si era trasformata in un “immenso bazar” secondo l’espressione di Marc Mazower, eminente storico inglese15.
Il generale Alexander Löhr aveva previsto l’armistizio italiano un mese prima. L’8 settembre, il generale italiano Vecchiarelli convocò il generale tedesco, Heinz von Gyldenfeldt, agente di collegamento, per promettere che le forze italiane non avrebbero attaccato. Egli esigette lo stesso comportamento dalla parte della Wehrmacht. L’agente di collegamento non diede risposta e trasmise la domanda al quartier generale della quinta armata di Salonicco. Laïr per contro, restò sulle sue posizioni e ordinò a Gyldenfelt di mettere in marcia (avviare) il piano “Axe” se gli italiani non avessero proseguito la guerra con loro o se essi non si arrendessero senza condizioni alle forze armate tedesche.
Secondo la legge internazionale, dato che i due paesi non erano in stato di guerra, l’ultimatum non aveva alcun valore giuridico, cosa che sottolineò Vecchiarelli.
Gli ufficiali tedeschi, vedendo il loro confratello italiano insistere sul trasferimento delle truppe italiane nel loro paese, e temendo un eventuale inizio delle ostilità fra i due anziani alleati, decisero di applicare progressivamente il piano “Axe”. Persuasero gli italiani di rendere (restituire) le armi pesanti e le mitragliatrici e alcuni giorni più tardi, le loro armi leggere.
In un rapporto tedesco del reggimento Brandeburg, si fa menzione di soldati italiani che avevano difficoltà ad obbedire ai loro ufficiali, sebbene la loro attitudine verso gli ufficiali tedeschi era disciplinata.
Malgrado la loro superiorità numerica, i tedeschi procedettero al loro disarmo, ed il generale tedesco Maximilian von Weichs (1881-1954) felicitò le truppe tedesche perché “la loro combattività aveva avuto ragione del numero”. Gli italiani che avevano giurato fedeltà alla detta repubblica di Salò di Mussolini o del Fuhrer stesso, era una piccola minoranza. Gli altri furono trasferiti in orde nei campi della Yugoslavia del nord.
Nelle isole, gli italiani rifiutarono di arrendersi. A Rodi, 7000 tedeschi della divisione d’assalto di Rodi fecero prigionieri 40000mila italiani.
Zante cadde rapidamente e ne seguì il famoso massacro di Cefalonia16. Là, durante i colloqui fra il comandante della divisione Acqui del generale Gadin e dei tedeschi…regnò una completa anarchia. Le forze italiane resistettero per una settimana agli attacchi per aria e per mare dei tedeschi della divisione dei cacciatori alpini, prima di capitolare il 24 settembre 1943. 225 ufficiali e 4750 uomini di truppe italiani furono fucilati. Un numero sconosciuto di soldati italiani furono executé a Corfù. 500 altri soldati italiani furono annegati durante il loro trasferimento sulla costa di fronte, quella della Grecia continentale. Uno storico tedesco di questo periodo caratterizzò questi avvenimenti, come alcuni dei crimini più crudeli commessi dai soldati italiani di tutta la seconda guerra mondiale17.
Alcune camicie nere tentarono di salvare l’onore del fascismo italiano. A Rodi, il loro capo Mario Porta, gettando fuoco e fiamme contro il governo di Badoglio, affermava che solo il sangue poteva lavare gli italiani dal sacrilegio che li ricopriva.
Il generale tedesco Victor Kleemann, comandante di Rodi, nutriva numerose speranze quanto alla collaborazione degli elementi fascisti. Nel 1944, non restavano accanto ai tedeschi che circa 10000 camicie nere, che erano lo zimbello di questi ultimi dei quali erano disprezzati, e che non domandavano che di arrendersi agli alleati.
Il 21 settembre 1943, la commissione governamentale inviò, tramute l’intermediario delle autorità britanniche, al Primo ministro in esilio al Cairo, E. Tsouderos, un telegramma con il quale essa si definiva come “un corpo nazionale indipendente” che partecipava di tutto cuore alla proclamazione di re Giorgio II concernente le future elezioni e che essa attendeva gli ordini.
Il giorno seguente, il governo provvisorio si indirizza direttamente alla popolazione di Samos, di Icaria e di Fournoi, dichiarando categoricamente che essa si rimette all’autorità del governo greco in esilio al Cairo.
Il generale Arnold ritornò in Turchia ed il generale di Brigata Baird prese possesso del suo posto sotto la supervisione del generale Brittorous. Sotto Baird, 10 ufficiali supervisori si incaricarono degli affari politici, sotto gli ordini del comandante Dagge, alfine di aiutare il governatore al ristabilimento della legge.
Questa commissione governamentale provvisoria non era che un’opera delle autorità britanniche senza alcun potere legislativo.
I britannici consideravano le isole come una parte della zona di guerra e non volevano rimettere il comando ai greci. Essi conoscevano ugualmente i desideri dei turchi concernenti l’occupazione del Dodecanneso che essi mettevano in avanti come esca per l’entrata della Turchia nella guerra a fianco degli alleati18.
Mentre il comandamento provvisorio di Samos tentava di consolidare la sua posizione di fronte ai belligeranti inglesi e italiani, il governo greco del Cairo si trovava nell’ignoranza. Allorché l’autorizzazione fu infine accordata al segretario del primo ministro D. Nicolaréizis a Samos, fu ritardato a Leros durante sei giorni completi perché la presenza di un rappresentante del governo greco andava a contrariare gli italiani ma anche i resistenti.
Dopo l’11 settembre, Tsouderso pregava l’ambasciatore Leeper di prendere le misure appropriate in vista dello sbarco a Samos del ministro della giustizia S. Dimitrakakis e di Nicolaréizis perché un problema relativo ad una impressione erronea al sentimento pubblico. Invece di quello, il solo che sbarcò a Samos fu l’ammiraglio Levidis, capo dei servizi segreti a Smirne. Tsouderos espresse il suo malcontento perché i servizi segreti non gli ispiravano fiducia. Egli pensava che Levidis causerebbe ai resistenti di destra dei sentimenti ostili verso il regime realista. Obbedendo ai consigli dei britannici e non avendo altra scelta, egli nominò Levidis, non sarebbe che provvisoriamente (ad interim), a governare secondo la Costituzione e la legislazione dello stato greco. Fu pertanto arrestato, come abbiamo detto, il 18 settembre e fu trasferito a Syra sul torpediniere italiano. Aldilà del ritardo nell’arrivo del rappresentante greco del comando, il 14 settembre, un telegramma fu inviato al re Giorgio II, tramite l’intermediario delle autorità britanniche, al “popolo eroico di Samos che è il primo ad essere liberato e di cui l’obbedienza alle leggi greche ed al governo era necessaria per il sostegno al combattimento degli altri fratelli che erano ancora sotto il giogo”.
Questo telegramma non arrivò mai a destinazione perché in realtà, con la connivenza dei britannici, non fu mai spedito.
Una tale posizione anti-greca provocò la legittima indignazione di Tsouderos. Il 21 settembre egli ebbe un incontro con il generale Wilson del quale egli uscì costernato. Il generale in capo del Medio Oriente veniva dal dirgli che i Greci non dovevano inviare armate a Samos perché gli italiani non ammetterebbero una tale spedizione. A consolazione, egli gli promise l’invio di un piccolo distaccamento di 50 uomini sotto i dieci giorni. Tsouderos consigliò al re di recarsi a Londra per sostenere i diritti nazionali perché “se questa situazione si prolunga, tutto il governo dovrà dimissionare. L’opinione pubblica si solleverà contro di noi e nessuno sarà in misura di rientrare al paese, e colui che ci riuscirà sarà fucilato.”
Foto: Negoziazioni sulla capitolazione della guarnigione italiana di Icaria con il capitano di vascello Hans Jürgen Weissenborn.
Gli ultimi giorni di settembre e nel corso del mese d’ottobre del 1943, Tsouderos non cessò di inviare dei richiami al ministro Lepeer domandando la riconquista del prestigio ucciso del governo greco, biasimando l’affettazione del generale Arnold del governo provvisorio di Samos considerandola come una dispersione dell’unità dello Stato greco.
Gli interessi di un alleato eroico erano cancellati dalla partecipazione tardiva dell’Italia alla guerra. Questa posizione sfocerà finalmente alla nomina di un vice-console inglese per la Grecia.
La risposta inglese all’esasperazione di Tsouderos fu piuttosto convenzionale, ma essa non soddisfaceva la rimessa immediata di queste isole greche nelle mani del comando greco. I britannici ammettevano che questa azione di Arnold costituiva una violazione flagrante delle regole internazionali. Essi ribattevano che i sentimenti della popolazione verso il governo reale greco non erano chiari, che le comunicazioni erano difficili e che era possibile che delle complicazioni siano provocate nei ranghi delle forze della resistenza.
Il malessere e la tensione nei rapporti tra i governi greci e britannici nell’affare di Samos, devono essere esaminati nel quadro generale delle loro relazioni dell’epoca. La mancanza di un accordo scritto concernente il comando dei territori greci liberati ha giocato un ruolo negativo nel malcontento della parte greca. Di tali colloqui erano stati ingaggiati dall’inverno 1942, ma essi non avevano avuto fine all’epoca della liberazione di Samos e di Icaria. Il caso del complesso di Samos e delle isole attigue, diventava ancora più complicato in ragione della presenza degli italiani e del loro desiderio inatteso di entrare in guerra. Era impossibile che il governo greco ammettesse il rovesciamento delle alleanze in favore degli italiani.
I britannici non volevano una spedizione di forze greche nelle isole, perché l’esperienza che essi avevano dei sollevamenti greci in Medio Oriente non era molto felice. Là, l’armata si era consegnata a delle calunnie così come a degli ammutinamenti. Ciò costituiva una netta contraddizione della politica britannica che sosteneva senza sotterfugi il re Giorgio II ed il suo governo.
Il governo locale di Samos, benché riconosciuto dal governo del Cairo, non aveva alcun potere legislativo, sebbene il vescovo Irinaios stesso si domandasse quale fosse il senso della liberazione delle nostre isole. Si ritrova una simile concezione presso K. Ptinis19, il quale menziona che nelle memorie di M. Synephias, membro del governo provvisorio, è espressa l’amarezza degli ambienti conservatori dell’isola poiché “i britannici rimisero il comando dell’isola a degli uomini di sinistra e a dei comunisti”20
 
Gli avvenimenti delle Sporadi meridionali e delle Cicladi.
All’annuncio dell’abdicazione italiana21, le Sporadi meridionali (le isole di Samos, Icaria e Fournoi) e le Cicladi (ad eccezione dell’isola di Milos che ricadde sotto la giurisdizione delle forze tedesche), avevano delle guarnigioni provenienti da sezioni della divisione dell’armata di terra Cuneo (originaria del Piemonte in Italia del sud).
Questo ad eccezione delle guarnigioni di Samos che comprendevano il comando della divisione Cuneo, l’ottavo reggimento dell’armata di terra con il primo ed il secondo battaglione così come una compagnia di mitragliatrici, un battaglione divisionario dei denominati “arditi”, il sesto battaglione dei mortai, la sesta compagnia di cannoni 20 cc, il ventisettesimo reggimento d’artiglieria di campagna in tre unità, e una batteria di 20 c.a., la ventiquattresima compagnia d’artiglieri, la sesta compagnia de transfert, la diciannovesima sezione fotoelettrica, tre stazioni di sorveglianza marittima, la ventiquattresima legione di camicie nere (arrivata in agosto) e differenti sezioni di servizio, e ad eccezione delle guarnigioni di Syros, che comprendevano il comando del settimo reggimento dell’armata di terra, il secondo battaglione, meno la sesta compagnia, una compagnia di mortai, una compagnia di cannoni, un plotone di carabinieri, un comando marittimo con quattro cannoni di 76/40, una sezione di quattro cannoni di 76/17 e un posto di sorveglianza marittima congiunto visualmente con un altro che si trovava sulla piccola isola di Gaïdouronisi.
Le guarnigioni delle altre isole erano di piccola costituzione e non avevano ragion d’essere che il prestigio e la semplice sorveglianza. In particolare, c’era ad Icaria una compagnia di fucilieri, un plotone di artiglieri e due posti di sorveglianza marittima. A Fournoi, un plotone di fucilieri, ad Amorgos, una compagnia di fucilieri, ad Andros, il terzo battaglione dell’ottavo reggimento dell’armata di terra meno due compagnie, e un posto di sorveglianza marittima. Ad Anaphi, un plotone di fucilieri e un posto di sorveglianza marittima. Sull’isola di Antinori (?) (è possibile che si tratti di Kimolo), un plotone di fucilieri, a Kea, una compagnia di fucilieri meno un plotone e due posti di sorveglianza marittima, a Mykonos, un plotone di fucilieri e un posto di sorveglianza marittima. A Naxos, un battaglione del settimo reggimento dell’armata di terra meno due compagnie, e un posto di sorveglianza marittima. A Ios, una compagnia di fucilieri meno due plotoni. A Paros, una compagnia di fucilieri. A Folegandro (Policandro), un plotone di fucilieri e un posto di sorveglianza marittima. A Santorini (Thyra), il comando del terzo battaglione del settimo reggimento dell’armata di terra e la decima compagnia meno un plotone, la dodicesima compagnia di mortiers e un posto di sorveglianza marittima. A Serifo, un plotone di fucilieri e due posti di sorveglianza marittima. A Sikinos, un plotone di fucilieri. A Sifno, una compagnia di fucilieri meno due plotoni, e un posto di sorveglianza marittima. A Thermia, tre plotoni di fucilieri. A Tinos, una compagnia di fucilieri meno un plotone, e un posto di sorveglianza marittima.
Le isole di Samos, Icaria e Fournoi si trovavano sotto la supervisione operazionale del comandante della divisione. Le altre isole (17 in totale), dipendevano dal comando de settimo reggimento dell’armata di terra, che aveva per sede Syra, che a sua volta, dipendeva dal comando superiore delle forze armate dell’Egeo (Comando superiore Forze Armate dell’Egeo).
Il comandante superiore delle forze dell’Egeo non accettò le proposizioni dirette che suggerivano di riconsiderare il trasferimento delle sezioni della divisione e l’abbandono delle piccole isole per le grandi (cfr. il rapporto del generale Mario Soldareli).
Per ciò che concerneva le coste di Samos, che si estendono su circa 165 chilometri, le forze che avevano ricevuto l’ordine di difenderle, non erano soddisfacenti. Quanto alla composizione delle sezioni essenziali, di cui in morale era tuttavia buono, essa si mostrava ugualmente incompleta.
All’annuncio dell’armistizio, una parte delle truppe disperse a Samos era impiegata in operazioni contro i resistenti che avevano intensificato la loro azione contro il nemico22. Queste operazioni furono interrotte e degli ordini furono dati affinché dei contatti fossero stabiliti con le autorità civili alfine di ottenere una collaborazione massima. Allorché l’ordine di cessare le ostilità fu dato, si apprese nel pomeriggio de 9 settembre che nell’Isola di Icaria avevano attaccato: la situazione non poteva dunque essere ristabilita che il 10 con l’invio di rinforzi.
Foto: Gli italiani di fronte al capitano di vascello Hans Jürgen Weissenborn.
È il mattino dell’11 che arriva il messaggio radio del comandante superiore dell’Egeo tramite il quale egli annunciava che data la corta durata della resistenza a Rodi, il geneale Soldarelli doveva prendere il comando delle isole delle Cicladi, per le quali il ricongiungimento delle guarnigioni delle piccole isole verso le grandi era permesso, alfine che ess non fossero vinte dalle forze superiori tedesche. Questo ricongiungimento doveva essere effettuato essenzialmente a Naxos, Santorini e a Syra. Dall’invio di questo comunicato, l’11 settembre verso le 18 e 30, il generale Soldarelli prese il comando delle forze armate dell’Egeo e diede degli ordini alle isole delle Cicaldi, a Leros, Cos e Stampalia, che dipendevano direttamente dal comando superiore, di opporre “una resistenza fino in fondo contro qualsiasi attacco tedesco”.
Lo stesso giorno, l’11 settembre, arrivò la prima delegazione britannica (il colonnello Pawson, che era inviato dal comandante del Medio Oriente), alla quale si fece rapporto sulla situazione de momento, e la certezza di una collaborazione leale fu assicurata.
Allorchè le relazioni fra gli inglesi ed i resistenti locali migliorarono un po’ di più ogni giorno¸il 14 settembre, il colonnello Luigi Gino, comandante del settimo reggimento e della guarnigione di Syros, annunciava che una delegazione tedesca aveva sollecitato una visita e domandava al generale Soldarelli se egli doveva riceverlo. La risposta fu negativa.
Prima della fine del mese di settembre, una prima sezione britannica (di circa 600 uomini) arrivò a Samos, sotto gli ordini del generale Baird, con l’ordine di comandare tutte le truppe dell’isola e questi installò un governo provvisorio.
Due compagnie di paracadutisti greci si congiunsero ben presto a loro.
A metà ottobre, un periodo difficile incominciò a causa degli attacchi aerei avversi e delle allerte annuncianti eventuali sbarchi nemici, mentre la vita diventava ancora più penosa per la mancanza di carna, di vino e di altre derrate, ed in ragione dell’attitudine ostile da parte della popolazione locale greca. Nel frattempo, nel corso del mese di ottobre, delle sezioni britanniche erano sbarcate. Alla fine de mese, l’insieme delle forze britanniche si elevava a 2000 uomini (secondo il rapporto del capitano Antonio Bertolino, del comando della divisione Cuneo) che contribuirono ai lavori di difesa dell’isola che era sempre di più minacciata.
L’11 settembre, il generale Hall proveniente da Leros, arrivò a Samos. Questi era il comandante delle forze armate dell’Egeo, al quale il generale Soldarelli espose la situazione e sottolineò le carenze dell’isola che non cessavano di aumentare a causa dell’invio a Leros di una batteria di 88 uomini e di un battaglione inglese meno una compagnia.
Malgrado ciò, il morale delle truppe, a dispetto delle avventure di ottobre (la perdita di molte isole), si manteneva ad un livello assai buono. La nuova perdita di Leros ebbe pertanto delle ripercussioni dolorose: “La fine di Leros mette Samos in una situazione veramente pericolosa”, scriveva Mario Soldarelli. Una voce cominciò a diffondersi: la convinzione che il quartier generale alleato del Medio Oriente non era veramente interessato dal mantenimento del controllo nelle isole dell’Egeo e quelle che erano restate sotto il controllo italiano, erano destinate in fin dei conti a essere occupate dai tedeschi che dominavano totalmente le arie si ce n’est aussi la mer.
Il 17 novembre, all’indomani dell’occupazione di Leros, il generale Soldarelli descrisse la situazione al generale Hall in modo realista, pregandolo di far sapere chiaramente al comando del Medio Oriente se egli aveva l’intenzione di conservare Samos. In questo caso, dei rinforzi dovevano essere inviati senza tardare, nel caso contrario, era necessario abbandonare l’isola per evitare la devastazione dei centri urbani e per preservare la popolazione civile dall’orrore della guerra, dato che Samos, isolata, non aveva più importanza.
Quello stesso 17 novembre, l’isola subì un nuovo violento bombardamento delle forze aeree tedesche avendo per bersaglio il comando della divisione.
Una grande parte delle abitazioni che si trovavano lungo il porto, furono distrutte. Nel suo rapporto, il generale Mario Soldarelli nota che le conseguenze morali su tutta l’isola furono molto pesanti. Tutti presero allora coscienza che la dominazione tedesca era innegabile.
Nella mattina del 19 novembre, il generale Baird, comandante britannico dell’isola, rimpiazzando il generale Hall, annunciò che il comando italiano che aveva ricevuto l’ordine di evacuare l’isola con le truppe inglesi, greche così come i resistenti poiché la situazione era considerata come critica e il comando del Medio Oriente si trovava nell’incapacità di agire.
Di conseguenza, dopo aver esaminato con sangue freddo la situazione delle forze italiane, insufficienti alla difesa dell’isola, e con la certezza che non si poteva attribuire che un semplice credito alla 24 esima legione delle camicie nere, che le mancanze di nutrimento e munizioni erano enormemente diminuite, l’arrivo dei rinforzi essendo irrealizzabile, e infine dopo la partenza dei partigiani greci, la resistenza nel maquis era resa impossibile. Tenendo conto egualmente del fatto che la popolazione dell’isola, per paura delle rappresaglie, domandava l’allontanamento delle forze italiane, l’evacuazione fu decisa dal generale Soldarelli, informando (telegramma numero 1/1755) il comando superiore qui lui, non informò il quartier generale dell’armata.
Foto: La guarnigione italiana pronta a recarsi ad Hagios Kyrikos.
Una volta dati gli ordini, il generale Soldarelli, si recò a Scala Nova (nota degli autori: Kusadasi) “seguendo il generale Baird per negoziare con le autorità turche del passaggio della sua divisione attraverso il loro territorio neutro. Dopo laboriose discussioni, nelle quali intervenne l’attaché militare dell’ambasciata britannica ad Ankara, il generale Arnold, le autorità turche concessero un passaggio” (Rapporto del comandante Giovanni Ratti, capo della sezione d’operazione della divisione Cuneo).
Lo sbarco delle sezioni della divisione cominciò nel corso della notte del 21 settembre. Esse sbarcarono a Scala Nova (Kusadasi) ed alla Punta Kanapitsa. Le operazioni durarono fino al mattino del 22, poi cessarono in ragione dell’arrivo di torpediniere tedesche, di cui esse dovevano all’inizio allontanarsi in ragione dei tiri.
Certi ufficiali tedeschi che venivano dallo sbarcare, ebbero un colloquio con il luogotenente colonnello Mario Ungaro, del settimo reggimento (il più alto graduato ufficiale che era restato nell’attesa dello sbarco). Questi ordinò l’arresto delle ostilità da che la resa fu firmata. Nel pomeriggio del 22, le truppe tedesche sbarcarono a Samos e fino al 23 novembre circa 1000 uomini erano stati dispersi nei seguenti luoghi: 3000 a Vathi, 200 a Tigani (Pythagore), 200 a Karlovassi, 150 a Marathcampo e 150 a difesa della parte est dell’isola. Essi erano sotto gli ordini del generale Mollera (rapporto del generale Giovanni Retti). Delle sezioni di camicie nere si affrettarono ad unirsi alle forze tedesche.
Ora, tutti coloro che erano restati a Samos, non obbedirono all’ordine di resa: numerosi furono quelli, ufficiali e sottufficiali e uomini di truppa (soprattutto quelli dell’ottavo reggimento dell’armata di terra e del battaglione degli arditi) che preferirono partire nelle campagne, conoscendo le difficoltà dell’inverno che si avvicinava e le condizioni penose di sopravvivenza nelle montagne. Numerosi sono quelli che furono fucilati dai plotoni d’esecuzione tedeschi.
Lo sbarco delle forze tedesche e la notizia della resa delle sezioni nell’attesa dell’imbarco, portarono nelle sezioni della divisione Cuneo una crisi concernente il trasferimento. Malgrado ciò, circa 4000 uomini della divisione (il comando, l’ottavo reggimento dell’armata di terra, il 27esimo reggimento dell’artiglieria, il battaglione degli arditi e differenti servizi) riuscirono ad essere trasferiti il 23 novembre fino in Turchia. In seguito, essi furono inviati in Palestina, non come combattenti (benché essi fossero stati nuovamente riuniti ed allenati, ma come belligeranti per essere impiegati a fare dei lavori). Raggruppati in compagnie di zappatori, essi furono spediti in Egitto e lavorarono, conoscendo numerose umiliazioni.
La caduta di Icaria.
La guarnigione di Evdilos, attaccata dai resistenti, fu rinforzata dall’indomani da alcuni elementi delle camicie nere e l’ordine fu così ristabilito. Come l’eminente antropologo icariano, dottor Aris Poulianos, l’ha dichiarato agli autori stessi, la guarnigione di Evdilos era costituita di 120-130 uomini di cui uno dei comandanti era l’insegnante Bonamelli. Poulianos, all’epoca, giovane uomo, fu l’interprete degli italiani che furono consegnati ai resistenti locali sotto il comando del dottor Stavros Stavrinadis e di Simos Gerakis, uomini moderati, che non permisero che si producessero delle manifestazioni estreme verso i prigionieri. Gli italiani si consegnarono (si arresero) al seguito di un atto temerario del giovane combattente Theologos Krokos, ascendente dell’autore, che brandì un revolver dislocato contro il comandante italiano gridando: Alt comandante!
Le camicie nere ritornarono ad Evdilos nel novembre 1943, ma ripartirono dopo l’intervento del giovane interprete Aris Poulianos, che agitava il pericolo di una rivolta generale degli abitanti. Questi ultimi, a colpi di campane della chiesa di Sant’Haralampos, avvicinavano gli italiani mostrando una disposizione ben minacciosa.
I tedeschi sbarcarono ad Hagios Kyrikos il 18 novembre e non sembra che la sezione di camicie nere che ci si trovava, abbia resistito ben lungo tempo all’azione tedesca. Il generale Soldarelli aveva pertanto dato l’ordine “che tutto fosse tentato per fare ostacolo allo sbarco e, se fosse stato necessario, di concentrarsi in caso di scacco sulla collina, e secondo la circostanza, sostenuti dai resistenti numerosi in quel luogo, di recarsi nelle montagne, aspettando l’aiuto”. L’interruzione delle comunicazioni impediva la trasmissione di tutt’altra informazione, e da ciò derivò l’argomento che l’isola era caduta, ciò che d’altronde fu ben presto un fatto.



Fournoi.

La guarnigione, costituita da un piccolo nocciolo di sorveglianza del litorale, conobbe gli stessi avvenimenti che ebbero luogo nelle isole vicine difese da più potenti guarnigioni.
 
Gli avvenimenti nelle isole delle Cicladi.
A Syra, (dove il comandante era il colonnello Luigi Gino, settimo reggimento dell’armata di terra) una delegazione tedesca si presentò il 14 settembre per domandare la resa. Il comandante dell’isola, benché disponesse di forze importanti e avesse ricevuto degli ordini formali, cedette alla domanda dei tedeschi. Poco dopo, tutta la guarnigione evacuò l’isola e fu rinchiusa in una caserma (rapporto del capitano commissario Falco).
Ad Andros, il 13 settembre, il sott’ufficiale tedesco comandante del nucleo dei marinai accreditati alla sorveglianza del litorale, si è presentato al comandante dell’isola, il luogotenente-colonnello Antonio Francesco Mela, invitandolo a rendere le armi. La domanda fu rifiutata e quando, all’alba del 17, tre torpediniere tedesche fecero la loro apparizione dirigendosi verso l’isola, egli donò l’ordine a tutte le truppe (terzo battaglione dell’ottavo reggimento) di prepararsi al combattimento in vista del rigetto di un eventuale sbarco che in realtà non ebbe luogo.
Nella mattina del 20 settembre, numerosi vascelli armati sotto bandiera tedesca, fecero la loro entrata nel porto: un ufficiale tedesco sbarcante, propose al comandante italiano la resa della guarnigione, dichiarando che in caso contrario, egli avrebbe aperto il fuoco alle sette di sera, ultimatum che fu respinto di un’ora davanti al rifiuto degli italiani a cedere alle minacce. I battelli si allontanarono, ma l’indomani, delle forze tedesche sbarcarono in numerosi posti, coperte da dei tiri di cannone. Il combattimento che seguì, durò due giorni, alla fine dei quali le sezioni, per evitare l’accerchiamento, si tennero in luoghi di una certa altitudine da dove, il 25 settembre, essi ripresero il combattimento, riuscendo a riprendere due postazioni. I combattimenti proseguirono fino alla fine della mattina del 26 fino a che i tedeschi pervennero a occupare l’isola (rapporto del sotto-luogotenente Giovanni Valentini, del terzo battaglione dell’ottavo reggimento).
Non si recarono tutti, lontano di là. Numerosi furono quelli che preferirono prendere la macchia. Quel giorno cominciò la vita errante, esistenza resa ancora più penosa in ragione degli ordini dati dai tedeschi alla popolazione, di non aiutare in alcun modo gli italiani, sotto la pena di essere fucilati (rapporto del sotto-luogotenente Giovanni Valentini). Altri riuscirono a raggiungere l’isola di Tinos occupata dai tedeschi. La sorte della guarnigione di Mykonos fu simile.
La guarnigione dell’isola di Naxos, sotto gli ordini del capitano Giovanni Rustichelli, provvisoriamente comandante del primo battaglione del settimo reggimento, rinforzata da carabinieri, da una sezione di sorveglianza de litorale e una sezione delle finanze, doveva affrontare l’armistizio e alcune azioni ostili causate dalla popolazione locale.
L’ordine del generale Mario Soldarelli, concernente il ricongiungimento di piccole guarnigioni e la resistenza contro i tedeschi, arrivò. La guarnigione dell’isola Antinori (Kimolos?) si ritirò ma non potè regolarsi proporzionalmente alle guarnigioni di Paros e di Siphnos.
Il comandante del battaglione ricevette l’informazione della venuta a Syros dei rappresentanti tedeschi che ponevano il dilemma già ben conosciuto: alla domanda che gli indirizzava il colonnello Luigi Gino di congiungersi ai loro ranghi, egli oppose un rifiuto risoluto che manterrà addirittura allorchè apprese che la guarnigione dell’isola si era arresa.
Foto: L’armistizio degli italiani ad Hagios Kyrikos.
Nel corso dei giorni, la situazione a Naxos diventava inquietante: tutte le isole situate al nord, erano state invase dai tedeschi, quanto a quelle situate al sud, con le guarnigioni del terzo e del settimo reggimento, esse si trovavano pressoché nelle medesime condizioni. In Effetti, le comunicazioni telefoniche erano divenute impossibili e non c’era più alcuna possibilità di eventuali rinforzi. Le forze disponibili a Naxos, erano capaci di organizzare una difesa appropriata del litorale che potesse assicurare l’occupazione completa dell’isola (rapporto del sotto-luogotenente Giovanni Valentini).
Il 22, verso le tre ore del pomeriggio, quattro canotti armati di cannoni apparvero, dei quali uno gettò l’ancora nel porto. Dato che le sezioni erano incapaci di resistere alle forze superiori del nemico, esse si ritirarono al centro dell’isola nel corso della notte, di tal sorta che l’indomani i tedeschi essendo sbarcati e non avendo constatato alcuna presenza italiana, si allontanarono.
La delegazione inglese che arrivò il 25 settembre, convinse di inviare dei rinforzi e invitò il capitano Rusticelli a recarsi in primo luogo a Paros affinché la situazione fosse esaminata, poi a Leros, alfine di arrivare ad un accordo tra i comandi inglesi e italiani sui passi da seguire.
Sull’isola di Paros, si osservava la medesima situazione che a Naxos: la guarnigione si era ritirata verso le terre, nella zona montagnosa. Rustichelli fu inviato da Leros a Samos, dove spiegò la congiuntura che regnava a Naxos al generale Soldarelli, domandandogli l’invio di rinforzi o il ritiro della guarnigione a Leros. Non ci fu né ritirata né invio di rinforzi.
La mattina del 12 ottobre, i tedeschi sbarcarono di forza a Naxos e la guarnigione, data la situazione precaria, ancora aggravata dalla mancanza di cibo, dovette cedere alla domanda di resa. Numerosi soldati ed alcuni ufficiali, riuscirono a scappare nelle campagne. Nel numero di circa 130 all’inizio, si rifugiarono sul piccolo isolotto vicino a Koufonisia, ed in seguito ad Amorgos, dove furono fatti prigionieri dai tedeschi che erano sbarcati nel frattempo. Dalle spoglie ritrovate a Naxos (circa 200), “certi riuscirono con i loro propri mezzi a raggiungere le coste turche, di là, il Medio Oriente”.
Ma la maggior parte di loro, dopo mesi di privazioni e di prove, furono arrestati da delle pattuglie tedesche che solcavano l’isola. Paros e Siphnos conobbero la stessa sorte. Magrado l’accanimento del generale Soldarelli nel far inviare una delegazione inglese a Santorini (di cui il comandante era il luogotenente-colonnello Bruno), nessun rinforzo arrivò per mantenere l’isola (le guarnigioni di Anaphi, di Pholegandros e di Sikinos, vi erano state riunite). Come ciò avvenne per Samos ed Icaria, la guarnigione di Santorini ed il plotone che custodiva Ios, furono abbandonati al loro triste destino ed alle forze tedesche che dominavano l’Egeo tanto per mare che per terra.
Infine, non dobbiamo dimenticare che la guarnigione di Thermia fu accerchiata il 12 dicembre, e che la guarnigione di Mykonos, poco numerosa, e quella di Tinos, si arresero nei giorni che seguirono.
Su questo caso, esiste il rapporto dell’ufficio storico italiano del quartier generale della marina, parallelo a quello del generale Mario Soldarelli, che mi è stato comunicato dall’ufficio storico del quartier generale dell’armata italiana23. L’armata aveva a Samos il comando della divisione Cuneo, comandata dal generale Soldarelli, con due battaglioni dell’armata di terra, un reggimento di artiglieria divisionario, un ingegnere divisionario e delle sezioni di differenti servizi: un insieme di circa 9000 uomini. La difesa, organizzata per settori, comprendeva dei posti di osservazione, delle unità mobili e delle basi. Non c’era una vera forza mobile, ma solamente una forza di 300 uomini, formata in sezioni dell’armata di terra e d’artiglieria, ma senza l’armamento adattato all’opera di cui li si era incaricati. La caduta di Mussolini causò un disordine generale nelle isole, e si aveva entamé delle operazioni contro i resistenti, con la partecipazione di due legioni di camicie nera (della 24esima e della 25esima), una forza di 1000 uomini. La popolazione non era ostile verso gli italiani, cionondimeno la situazione era giunta all’esasperazione. Fortunatamente, le autorità greche e particolarmente, superiore a tutti, l’arcivescovo Irinaios, si misero immediatamente d’accordo sul mantenimento dell’ordine. Nel pomeriggio del 9 settembre, a Icaria, dei gruppi di resistenti effettuarono degli attacchi contro le nostre posizioni militari. Soldarelli fu messo al corrente dal posto marittimo Papa, per mezzo di Leros, allorché gli si domandarono delle istruzioni che chiarissero il modo in cui si potrebbe arrivare ad una soluzione pacifica. Pertanto i suoi collaboratori erano esitanti ed attendevano il giorno seguente. Al mattino del 10, il generale domandò l’invio di un aereo di ricognizione, di un battello alfine di trasportare delle forze ad Icaria, e di un battello in più per scortarlo.
Successivamente, e allorché la situazione di degradava, la richiesta fu intesa nella fine del pomeriggio. L’aereo fu messo a disposizione del capo di stato maggiore Gaudioso per effettuare una ispezione del cielo e lanciare sufficientemente dei tracts ai resistenti che avevano attaccato anche il posto marittimo del capo Papas. Il battello trasportava a Icaria una compagnia della 25esima legione di camicie nere, un plotone di artiglieri della stessa legione, ed una unità di mortai 81 del sesto battaglione di mortai. Tutta questa forza era comandata da Piretti, comandante della 24esima legione.
Foto: Il comandante d’Icaria, capitano italiano.
Non si aveva alcuna informazione di Rodi. Ma l’11 al mattino, poco dopo le 9, arrivò un telegramma al quartier generale di Soldarelli: i tedeschi controllano l’insieme dell’isola ad eccezione della piazza della città dove le loro truppe sono dispiegate. Stop. Ci si aspetta a che l’attacco si dichiari rapidamente contro la piazza dove è possibile che la resistenza sia assai lunga. Stop. Alcun ordine non è stato ricevuto dal quartier generale superiore concernente le isole già occupate (da noi). Stop. Nel caso in cui voi non riceveste altri ordini da parte mia, prendete ugualmente a carico il comando delle Cicladi dove il generale abilitato Gino è disposto a sostenere le isole, grandi e piccole, soprattutto in caso di sommovimenti
Dalla ricezione di questo telegramma, Mario Soldarelli comandò che gli si inviasse da Leros una lista dei mezzi che erano a Rodi. posizione e un ufficiale per aiutarlo a preparare le operazioni. Leros rispose che essa avrebbe indirizzato la domanda al quartier generale Rodi.
Nel pomeriggio del 10 settembre si videro quattro uomini in cachi sbarcare da un caicco al sud di Kalabaktasi (Kallithea, all’estremità ovest di Samos), poi reimbarcarsi. Si trattava di ufficiali tedeschi. Il generale volle incontrarli e diede l’ordine che essi si dirigessero verso Tigani dove avrebbero trovato una vettura che li avrebbe condotti a Vathi. L’indomani, essi arrivarono alla sede e così le negoziazioni con la delegazione alleata presidiata dal colonnello Pawson incominciarono. La velocità con la quale il generale Soldarelli si orientò verso la buona direzione, malgrado la mancanza di istruzioni del governo, doveva impressionare favorevolmente la delegazione alleata alla quale partecipava un comandante superiore. Effettivamente, i rapporti fra il generale e gli alleati erano buoni e le discussioni ebbero luogo in un clima caloroso. La delegazione Pawson ignorava ciò che succedeva a Rodi e ne fu messa al corrente dal generale solo allorché quest’ultimo fu informato da un telegramma del direttore delle poste e telegrafi di Rodi: i tedeschi controllavano ormai la città.
Egli domandò successivamente a tutti i comandanti che dipendevano da lui ivi compreso quello delle Cicladi – che era ormai sotto il suo comando – di sottomettersi all’autorità del re e del governo ufficiale, e diede loro l’ordine d resistere fino in fondo ad ogni attacco tedesco. Il generale Soldarelli fece sapere le sue decisioni al governo mediante telegramma (di cui la delegazione inglese prese conoscenza) e mediante il quale egli sollecitava un contatto radio diretto tra il governo e Samos.
Durante le notti dell’11 e del 12 settembre, il generale esaminò con la delegazione inglese il soggetto dei mezzi marittimi che, secondo le clausule dell’armistizio, dovevano essere trasportati nei porti alleati. Ora, ciò arrecava grande pregiudizio alla questione delle posizioni nel mare Egeo: “Io telegrafo a Leros per sapere se loro conoscono le clausule dell’armistizio e nel qual caso sarebbe possibile che tutti i mezzi di navigazione che non sono indispensabili raggiungessero Samos”. La risposta di Leros fu negativa poiché essi avevano osservato che le clausule non concernevano i mezzi di navigazione. Il mattino del 12 la delegazione Pawson si recò a Leros con il torpediniere 522 e ritornò la sera a Samos, il comandante Mascherpa gli aveva lasciato una cattiva impressione.
Quel medesimo mattino, il generale ricevette un telegramma che lo informava sulle operazioni tedesche contro le posizioni italiane a Kythnos, sull’interruzione delle comunicazioni radio con differenti isole e sui voli di ricognizione costanti effettuati da delle formazioni aeree tedesche al di sopra dell’isola.
Si confrontarono questi telegrammi con quelli di Samos che incitavano alla resistenza, al ripiegamento delle guarnigioni delle piccole isole verso le grandi ed alla venuta del battaglione di Santorini a Samos. Ma per realizzare tutto ciò, il generale doveva avere a sua disposizione dei mezzi di navigazione, mentre che le istruzioni inglesi che arrivarono nella notte del 12 al 13 reiteravano l’ordine di inviare tutti i mezzi di navigazione e i mezzi aerei in Siria ed a Cipro.
È la ragione per la quale l’ordine fu ripetuto di non isolare le isole dell’Egeo, e si domandò di nuovo a Leros, a nome della delegazione inglese, delle informazioni sull’esistenza di mezzi di navigazione e del genere di questi qui, precisando che lo scopo della domanda era la realizzazione di un’azione riuscita grazie a questi mezzi. Leros notò i punti interessanti della domanda ma rispose che era in contatto diretto con dei rappresentanti del generale Wilson per mezzo dei quali egli aveva preso conoscenza delle domande di Soldarelli.
In mancanza di mezzi e davanti ad una tale incertitudine, era impossibile per Soldarelli esercitare veramente il comando delle Cicladi dove tutto era riunito a Syros. È perciò che egli spose tutta la situazione al quartier generale superiore in un telegramma, allorchè apprese che dei negoziatori tedeschi stavano per arrivare da Syros a Samos. Egli decise di rifiutare categoricamente ogni contatto e formulò espressamente ed esplicitamente la sua decisione in un telegramma chiaro e netto. In seguito, allarmato da un telegramma che gli annunciava che erano in colloqui favorevoli con i tedeschi, egli ne inviò lui stesso due altri. Il primo domandava d’urgenza delle informazioni sulla reazione dei tedeschi al suo rifiuto di riceverli e sulla posizione del colonnello Gino, ed il secondo reclamava imperiosamente una risposta. Nessuno dei due arrivò a destinazione.
L’indomani Leros informava Samos che dalle 14 Syros non rispondeva più.
In effetti, dopo il 14 settembre, giorno nel quale Syros era passata nelle mani dei tedeschi, il generale aveva perduto ogni contatto con lei e con alcune altre isole delle Cicladi. È la ragione per la quale, il 17, egli informò il quartier generale superiore della sue preoccupazione di eventualmente rinconquistare queste isole. Non avendo a sua disposizione dei mezzi di navigazione militari e non potendo utilizzarne di civili poiché essi erano tutti stati requisiti dagli inglesi, non potendo neppure indirizzarsi a Leros poiché si sarebbe dovuto anche passare attraverso le autorità inglesi, ogni possibilità di intervento concreto nelle Cicladi sfumava.
Disponendo di stazioni radio, il generale tentò, per mezzo del centro di Leros, di ristabilire nuovamente il contatto Samos-Brindisi che egli aveva domandato il 18. Il quartiere generale superiore sembrò apprezzare l’opera del generale ed il 19, gli fece pervenire un documento riempito di vivi elogi.
Il 14 settembre, con l’installazione dell’aviazione inglese a Kos, il generale intravvedeva una possibilità d’intervento nella difesa di Samos e credeva all’eventualità dell’arrivo sull’isola di una spedizione inglese.
Lo stesso giorno, il generale Arnold attaché militare ad Ankara, arrivò a Samos su un torpediniere inglese. Era accompagnato da alcuni ufficiali. L’indomani, un messaggio fu inviato da parte sua a Leros, concernente l’arrivo di due battelli in vista del trasporto d’armata a Icaria dove la posizione delle sezioni delle camicie nere continuava a creare delle inquietudini. Leros rispose che i battelli avevano subito dei danni e che bisognava utilizzare altri mezzi.
Il 16, una unità di 40 uomini arrivò su un piccolo battello inglese ed il 17, il generale Anderson comandante della “forza 292”.
Nel corso di una deliberazione tra i due generali, Soldarelli espose la congiuntura dell’isola, la difesa organizzata e la questione delle camicie nere di cui egli aveva deciso la divisione in due sezioni, l’una destinata alla difesa di un settore di Samos, ed l’altra destinata a Icaria. Il generale Arnold, avendo una procura adeguata, installò a Samos una commissione greca speciale che si occuperebbe dei problemi dell’isola.
Nel frattempo, la situazione politica generale era migliore e si sormontò la nuova crisi provocata dalla liberazione di Mussolini. La situazione era migliorata ugualmente a Icaria e si richiamò Peretti. Il 18, Soldarelli decise di inviare a Icaria il sotto-comandante della divisione, generale Peirolo, che era riuscito a dominare le camicie nere (Nota degli autori: alcuni giorni dopo l’armistizio, le camicie nere si rivoltarono ed all’iniziativa del comandante dell’artiglieria, la calma fu ristabilita, de là il loro invio a Icaria). Lui decise ugualmente di risolvere alcune questioni tra loro ed i resistenti greci di cui la collaborazione era necessaria per la difesa dell’isola. È con lui che partirono Pawson, Harris e gli ufficiali Levidis e Kazoulis. Essi imbarcarono tutti sul torpediniere 522 che navigava sotto il comando di Carlo Bechi. La triste evoluzione di questa pratica, fu che i quattro ufficiali furono condotti a Syros, dove gli italiani li consegnarono ai tedeschi.
Il 24 settembre, un’imbarcazione partì da Samos con a bordo un ufficiale, due gendarmi, nove soldati, cinque marinai e tre resistenti alfine che ci fosse un contatto con le Cicladi e che la guarnigione ritornasse a Tinos. Ma arrivando a Tinos, l’imbarcazione subì dei danni ed il generale dovette domandare un’imbarcazione per rimpiazzare la prima. Leros rispose che essa non ne aveva alcuna di disponibile.
Prima della fine de mese, il generale inglese Baird, si recò a Samos per rimpiazzare il generale Arnold, che partì il 24. Il 29, il generale Brittorous, arrivato da Leros, restò tre giorni a Samos per effettuare un’ispezione, e molto soddisfatto della situazione, egli promise di intervenire in favore del rinforzo della loro difesa presso il quartier generale. Un generale di brigata dell’artiglieria sbarcò, accompagnato da ufficiali ed essi esaminarono insieme delle posizioni per 14 o 18 batterie. In realtà, l’aiuto che arrivò alla divisione si limitò a una ventina di mitragliatrici e 120 mine (sulle 12000 domandate). Non c’erano né palle, né materiale. Per contro, si inviò una batteria che non fu mai utilizzata. Nel frattempo, un battaglione del reggimento di Kent e due compagnie di paracadutisti del “battaglione sacro greco” fecero la loro apparizione con il colonnello Tsigantes, al totale di 1000 uomini. I rapporti tra gli italiani e gli inglesi erano sempre calorosi, e dalla parte italiana il trasferimento provvisorio di tutti i camion per i trasporti e dei piccoli veicoli per i diversi servizi si realizzò.
La mancanza di mezzi anti-aerei si faceva duramente sentire. Sull’estensione di un’isola di 450 km quadrati, non si disponeva che di venti mitragliatrici di 20 millimetri.
La caduta di Kos aveva naturalmente avuto un impatto sul morale dell’armata e ciò si rinnovò al momento dell’invasione delle altre isole. Le camicie nere continuavano a creare dei problemi ed il generale fu costretto ad effettuare una purga e ad allontanarne alcuni. Egli manteneva il contatto con l’ammiraglio Mascherpa e de plus près ancora con Menghini, comandante del settore nord di Leros che si trovava a Partheni dove finiva il cavo telegrafico sotto-marino in provenienza da Samos. Il posto fu distrutto da un bombardamento il 30 ottobre ed ogni contatto fu così tagliato.
Il 12 novembre, il generale inglese Hull arrivò da Samos, convocato dal quartier generale del Medio Oriente alfine di prendere il comando di tutte le forze alleate dell’Egeo. Egli era rimasto a Leros per alcuni giorni per ispezionarne la difesa, ed abbandonò l’isola alcune ore prima dell’attacco tedesco.
La notizia dello sbarco cadde a Samos in maniera confusa. Il 13 al mattino, il generale Soldarelli aveva telegrafato all’ammiraglio Mascherpa per che egli fosse tenuto al corrente della situazione. Il 13,14,15, e 16, essi scambiarono dei messaggi tra Samos e Leros. Il generale domandava di ottenere con tutti i mezzi delle notizie incoraggianti, egli voleva agire, portare il suo aiuto, ma le sue buone disposizioni restarono inutili, in mancanza di mezzi di trasporto. Egli doveva esporre lo stato delle cose e domandare l’aiuto del quartier generale superiore e quello degli inglesi. Le informazioni che provenivano da Leros con un pessimismo che si rivelò più tardi giustificato, non facevano che aggiungere alle sue inquietudini ed alla sua ansietà.
Il 17 novembre verso le 12 e 30, i tedeschi lanciarono un attacco aereo di un’estrema violenza contro Samos. La difesa non riuscì a reagire. Le perdite si avverarono fortemente pesanti: 70 morti di cui 12 ufficiali e 300 feriti. SI cominciò il ripiegamento verso la Turchia e Soldarelli, col telegramma che inviò alle 18 e 20, domandò al quartier generale italiano un permesso di passaggio in Turchia per le sue truppe. Il comandante di torpediniere Beghi, si mise in strada la sera del 17, con l’ordine di Soldarelli di mettere gli alleati al corrente della situazione, mettendo l’accento sul bisogno urgente di mezzi si salvataggio.
Il 19, un telegramma del quartier generale del Medio oriente cadde, indirizzato al generale Baird, ordinante l’evacuazione dell’isola…Dai documenti ufficiali, 220 inglesi, 380 resistenti greci, i prigionieri tedeschi di Leros, 8300 italiani e 1200 civili riuscirono finalmente a scappare. 2000 altri civili si misero in fuga mediante i loro propri mezzi.
Le loro partenze proseguirono fino al 23, data nella quale dei vascelli tedeschi entrarono nel porto di Tigani e, brandendo la bandiera bianca, essi domandarono di poter vedere il comandante de settore. 1000 tedeschi, fra i quali Müller, sbarcarono . Essi possedevano un armamento individuale eccezionale, delle mitragliatrici e 8 carri leggeri.
Si trattava di tre giovani che furono rimpiazzati una ventina di giorni più tardi da dei soldati più anziani. 4500 italiani dimorarono a Samos, e numerosi furono quelli che se ne fuggirono nelle montagne. Altri ancora, scappando alla sorveglianza dei tedeschi che li avrebbero giustiziati se li avessero scoperti, passarono in Turchia. Soldarelli raggiunse il Cairo l’8 dicembre, ed ebbe un incontro con il generale Wilson. Essi esaminarono la possibilità di un intervento della divisione nelle operazioni.
  1. SI tratta del famoso generale Friedrich Wilhelm Müller, nominato “il boia di Creta”, nato nel 1897. Nel 1942, era generale di divisione, comandante della 22esima divisione dell’armata di terra chiamata egualmente “di Sevastopoli”. Il 3.10.1943, egli invase Kos. Il 16.11.43, occupò la base marittima di Lerou, ed il 24.11.43, prese Samos. Il 1.7.1944, divenne comandante di Creta ed il 29.1.1945 comandante dell’armata dei Balcani e del fronte dell’est. Il 1.11.1946 fu condannato dai tribunali greci in quanto criminale di guerra e fu giustiziato il 20.5.1947. La sua tomba si trova al cimitero tedesco di Dionysos in Attica. Il suo enlevement in Creta era già stato deciso. Il 4.2.1944, un aereo inglese trasportò gli agenti inglesi Patrick Light Fremor, il capitano W. Stanley Moss ed i cretesi Manolis Paterakis e Giorgos Tyrakis. Ma Müller aveva lasciato l’isola due giorni più presto. È il generale Heinrich Kreipe che fu arrestato al suo posto. Informazioni estratte dal lavoro dell’eminente medico di Kos, Constantinos D. Kogiopoulos: L’armistizio italiano dell’8.9.1943, l’esecuzione degli ufficiali italiani a Linopati ed il processo del generale Müller. Tiratura a parte delle “Notizie di Kos”, tomo 5, Atene 1995 (amabilmente offerto dal signor Kojopoulos all’autore della presente opera).
Alla fine del capitolo concernente Samos, si menzionano dei tentativi di fuga. Ecco degli estratti del rapporto del generale Soldarelli (tengo a ringraziare il colonnello italiano Massimo Multari, direttore della sezione storica dello stato maggiore italiano che mi ha fatto pervenire questo prezioso documento).
Vediamo dunque ciò che annota il generale Mario Soldarelli nel suo rapporto personale che ha scritto il 23 gennaio 1944. “Gli avvenimenti che sono in rapporto con le isole del mare Egeo e che interessano la divisione Cuneo”. Il presente rapporto è costituito esclusivamente conformemente ai miei ricordi personali e ad alcune note. Malgrado tutto, esso non è terminato ed è impossibile correggerlo con l’aiuto dei documenti. Io conservo nondimeno il diritto di rimpiazzarlo con un rapporto completo dal momento in cui io avrò a disposizione le journal e la corrispondenza che sono salvaguardati al comando della divisione che se trova al momento in Medio Oriente.
Il bisogno di presentare il circondamento fuori dal comune dove io mi sono trovato e le difficoltà che ho dovuto sormontare, mi hanno costretto a esporre gli avvenimenti a partire da una data ben anteriore all’8 settembre 1943.
Allorchè, nel mese di gennaio dello stesso anno, ho preso il comando della divisione ho trovato:
Le truppe di Cuneo sparpagliate nelle 20 isole (Sporadi e Cicladi), di cui solo tre (Samos, Icaria e Fournoi) appartenevano alle mie attribuzioni operazionali. Le altre 17 isole dipendevano dal comando del settimo reggimento dell’armata di terra (Syros) e dipendevano, dal punto di vista delle operazioni, dal comando superiore dell’Egeo.
A Rodi, la 24 esima legione di camicie nere era sotto la dipendenza completa del comando superiore. Regnava un clima di caos avanzato presso gli ufficiali, sottufficiali ed i soldati che consideravano l’occupazione come una vita abituale di caserma con i piaceri ed i conforts relativi.
-Composizione insufficiente.
-Difesa assai debole. Mancanza di forze per rapporto alla regione da difendere ed alle sue caratteristiche, insufficienza di artiglierie (assenza completa di artiglieria e di difesa anti-aerea sul litorale), lavori non terminati.
Sin dai primi giorni, io mi son preoccupato di allontanare la disorganizzazione delle truppe, di dare una nuova spinta agli spiriti, un nuovo impulso nell’allenamento, di migliorare l’organizzazione difensiva e particolarmente lo sviluppo dell’artiglieria. Sull’isola di Samos, sede del comando della divisione, si trovavano due battaglioni dell’armata di terra, un battaglione di mortai, il reggimento dell’artiglieria divisionaria, del genio divisionario ed una parte dei servizi.
L’estensione dell’isola, lo spiegamento delle sue coste (circa 165 chilometri), la disposizione del campo, le multiple possibilità di sbarco e le caratteristiche delle vie di comunicazione, causarono un’organizzazione di difensiva dei settori che consisteva in una serie di punti di sorveglianza molto spinta, con numerose enclaves e in un numero determinato di piazze forti che sulle pianure litorali, in forma piuttosto di triangolo con il mare per base, si richiudevano alla sommità, accedendo all’interno dell’isola.
Questi elementi di difesa assorbivano interamente i due battaglioni dell’armata di terra ed il battaglione dei mortai. Questa massa mobile di manovra per non importa quale spiegamento, ma assolutamente indispensabile in questo caso, era quasi completamente assente. Non c’era che un’unità mista di circa 300 uomini provenienti dai battaglioni dell’armata di terra e dal reggimento di artiglieria, disperse nella zona centrale, ma incapace di un tentativo in ragione dell’insufficienza di forze e della mancanza di armi adeguate.
Io ho immediatamente espresso al comando superiore dell’Egeo il bisogno urgente di completare le mancanze e di consacrare almeno un battaglione di composizione organica per una massa mobile di operazione. Di più, ho domandato il materiale corrispondente alfine di poter migliorare la situazione deficitaria della difesa ed intraprendere dei nuovi lavori che io consideravo come necessari.
Allorchè il comandante superiore, l’ammiraglio Campioni, arrivò nei primi giorni del mese di maggio a Samos, io persistevo a presentare le numerose mancanze che non erano state colmate e richiamavo le domande che non erano mai state soddisfatte. Io non ottenevo che delle promesse. Nella corrispondenza, si trovavano multiple lettere e molti incoraggiamenti che erano stati inviati prima e dopo la visita. Studiando ed applicando diversi sotterfugi e ripiegamenti, ho potuto parzialmente migliorare l’efficacia della difesa, ma ciò ce non ho potuto assolutamente scartare, è la mancanza di forze.
Foto: Soldati che si riuniscono ad Hagios Kyrikos.
Fondamentalmente, è questa mancanza che impedì le operazioni intraprese contro i resistenti di svolgersi, perché io non potevo ritirare alle piccole guarnigioni le forze necessarie alle attività in una regione estesa e difficile a causa della zona montagnosa e delle condizioni del contesto. Il 26 luglio, si apprese dalla radio la caduta del fascismo e la costituzione del governo Badoglio. La notizia provocò un’agitazione importante nella divisione e soprattutto presso gli ufficiali. Tra essi si trovavano differenti piccoli dignitari provinciali (gerarchi) così come dei fascisti che nella loro vita privata, occupavano certi posti notabili di una relativa importanza e che gioivano di una situazione finanziaria favorevole.
Da molto tempo, malgrado l’interdizione di ogni discussione politica, delle opposizioni erano apparse tra questi elementi e degli altri, più apolitici che fascisti, che cominciarono ad imputare al regime la difficile situazione militare e politica del paese. Avversità che io riuscii a trattare grazie ad un intervento personale ma che malgrado tutto lasciarono nel cuore di alcuni un sentimento di tristezza e di disagio.
La caduta del fascismo non poteva che condurre ad una crisi. La grande maggioranza apprese la notizia con una soddisfazione che essa espresse in una maniera più o meno manifesta. Il resto, sia gli elementi ai quali io avevo fatto delle osservazioni, e che vedevano la loro situazione privilegiata affievolirsi (indebolirsi), sia altri ancora, molto giovani e poco numerosi, allevati nel contesto particolare delle formazioni del partito, rimasero profondamente agitati e disorientati.
Io riuscii malgrado tutto a dominare il loro disorientamento ed a far loro conservare il rispetto della disciplina ed il sentimento del dovere, ma non potendo forse cancellare interamente un certo dubbio ed una certa mancanza di confidenza fra i più agitati.
Ho molto contribuito all’incoraggiamento dello spirito di ripresa delle operazioni contro i resistenti che aumentavano in numero e diventavano sempre più audaci.
Non avendo le forze sufficienti per intraprendere delle operazioni e nello stesso tempo conservare una difesa efficace dell’isola, io mi sono risoluto ad insistere presso il comando superiore dell’Egeo perché mi si inviasse almeno un battaglione dell’armata di terra. Finalmente, l’ammiraglio mi ha convocato a Rodi affinché noi esaminassimo ciò che conveniva fare. Io ho potuto così comunicare a viva voce la situazione che regnava a Samos ed attestare la necessità della spedizione di rinforzi e di materiale. Di fronte all’impossibilità di ottenere un battaglione dell’armata di terra che egli mi aveva promesso precedentemente, io ho insistito sulla proposizione che io avevo sottomessa (sottoposta) allorché avevo preso il comando della divisione Cuneo, cioè a dire di estendere la divisione alle 20 isole e di abbandonare le più piccole in favore delle più importanti.
L’ammiraglio decise malgrado tutto di concedere provvisoriamente la 24esima legione di camicie nere, che sarebbe (stata) trasferita immediatamente a Samos su una flottiglia blindata. Di più, egli mi promise l’invio di un battello di sorveglianza (che non è mai arrivato) al porto di Vathi. La 24esima legione (circa 1000 uomini) sbarcò il 28 agosto. Il suo arrivo migliorò il numero delle forze presenti, ma essa è stata più tardi la causa di un grande pregiudizio. La legione aveva fatto prova di buona condotta al momento della campagna di Grecia ed il comandante superiore dell’Egeo mi aveva assicurato, a questo distaccamento provvisorio di questa unità della divisione, che essa costituiva sempre una buona unità benché la caduta del fascismo abbia provocato un disorientamento momentaneo dei suoi elementi. Quando la legione ha raggiunto Samos ed ho potuto apprezzare il coraggio degli ufficiali e dei soldati, ho compreso l’estensione della loro crisi morale, la profondità del loro scoraggiamento, la loro inquietudine concernente l’avvenire e la loro collera di fronte agli avvenimenti d’Italia contro le camicie nere . Io non ho impiegato subito le camicie nere contro i resistenti, ma ho preferito ripartirli nella parte nord dell’isola, dove la difesa era assai debole, perché essa fosse a mia disposizione alla prima occasione. Mi sembra che le visite quotidiane alle compagnie, i lunghi contatti con gli ufficiali ed i soldati¸ e la preoccupazione del miglioramento del loro agio materiale ha cagionato un risultato favorevole ed a condotto ad un relativo acquietamento degli spiriti, soprattutto presso i soldati semplici i quali desideravano che le operazioni si svolgessero il più in fretta possibile. L’armistizio è sopraggiunto improvvisamente. La notizia è stata comunicata da una radio straniera circa alla 20 e mi è stata riportata brutalmente. Malgrado il fatto che io nutrissi certi dubbi concernenti la veracità dell’informazione, ne avvisai i comandanti dei settori (che non possedevano la radio) ,ordinando immediatamente che delle misure fossero prese per mantenere la più grande disciplina nelle truppe e l’ordine pubblico nei villaggi. Alle informazioni radiofoniche delle 20 e 30, ho preso conoscenza del comunicato ufficiale. Ho dato degli ordini complementari ai comandanti di settore e ho ordinato al generale Peirolo, comandante dell’armata divisionaria di terra, che dirigeva le operazioni contro i resistenti nelle vette del monte Ampelos, di cessare le ostilità. Ho egualmente fatto una dichiarazione alla popolazione per annunciare quale era la nuova situazione, invitando tutti alla più grande disciplina.
Il comunicato ufficiale dell’armistizio cadde al comando superiore dell’Egeo alle 3 e mezza. Questo comunicato colpì profondamente gli ufficiali e gli ambienti politici. Questo effetto era quasi senza risposta. Le informazioni sulla guerra e la vita dell’isola si limitò a questo comunicato. Nessun giornale aveva raggiunto l’isola dal mese di giugno. La corrispondenza privata arrivava molto raramente e non dava alcun chiarimento sugli avvenimenti che si preparavano in Italia. La triste sorpresa dell’affondamento (crollo, distruzione), il silenzio sulle clausule dell’accordo che presagiva delle condizioni ancora più dure di resa, l’inquietudine per ciò che succedeva nel paese, causò una crisi morale più vasta e più profonda ancora che la precedente. La maggior parte degli ufficiali furono contrariati, stupefatti. Alcuni, fra i migliori, espressero chiaramente il loro dolore per questa avventura che toccava l’armata ed il paese.
L’armata, a parte alcune eccezioni di unità non combattenti a Vathi, avente per criterio la gravità del momento, restò calma.
La popolazione manifestò la sua gioia poiché lei credeva che l’armistizio tra le Nazioni Unite e l’Italia significava il ritorno della pace nell’Egeo e la fine dell’occupazione.
Gli insulari greci non odiano gli italiani che sono sempre restati umani e così le popolazioni e particolarmente quelle delle montagne, procedettero a delle manifestazioni cordiali verso i soldati. Le autorità rialzarono la testa. Il fatto che la Grecia sia un’alleata delle nazioni che avevano firmato l’armistizio con l’Italia, elevò questo paese al rango di nazione vittoriosa di fronte a noi (face a nous). Alcune domande di allontanamento dei funzionari arrivarono dal primo istante (praticamente dal mese di maggio, il commissario del governo, che si era messo in congedo in Italia, non era più ritornato), così come arrivarono domande di liberazione dei prigionieri, di autorizzazione di pescare, ecc…
Il mattino del 9 settembre, io riunii nel mio ufficio le autorità della città con in testa il vescovo Irinaios (forse il più grande nemico dell’Italia sull’isola) per chiarire la situazione, manifestare la necessità di una stretta collaborazione alfine di affrontare i nuovi problemi e che fosse ben inteso che io non potevo sopprimere le interdizioni che erano state imposte in tempo di guerra, allorché nuove minacce si disegnavano all’orizzonte. L’accordo fu immediatamente firmato e tutte le autorità promisero un aiuto massimale per salvaguardare la calma e l’ordine. Il vescovo stesso si propose per entrare in contatto diretto con i capi dei ribelli, alfine di evitare ogni iniziativa anche personale ed allontanare ogni eventualità di incidenti (all’alba, un gruppo di ribelli che non sapevano ancora niente dell’armistizio, avevano attaccato la guarnigione di Pagonda provocando delle perdite). Egli propose ugualmente di inviare una circolare ai pope (sacerdoti) di tutti i villaggi.
La notizia trasmessa dalla radio di Londra alcuni giorni prima, concernente il passaggio di potere che io esercitavo al momento dell’armistizio, benché fosse ancora presto, alle autorità di Samos installando un nuovo comando, fu smentita.
Io ho mantenuto per lungo tempo ancora il potere militare e civile, esigendo ed ottenendo l’obbedienza assoluta di tutti ed il rispetto della bandiera che è rimasta sempre issata alla sede del comando.
Io e le mie truppe siamo passati sotto l’autorità operazionale del comando inglese da quando è stato formato il Comando Militare Alleato dell’isola ed ho ceduto il potere civile ( Commissione e Prefettura) da quando, per ordine del quartier generale del Medio Oriente, la delegazione inglese ha installato un governo greco provvisorio un certo tempo dopo l’armistizio.
Il 9 settembre ad inizio del pomeriggio, malgrado l’ordine inviato a tutte le isole di cessare le ostilità, i rivoluzionari di Icaria s’attaccarono alla guarnigione di Evdilos, tagliando le comunicazioni di questo luogo e di Hagios Kyrikos, sede del distaccamento.
Peer mezzo di una rete di torpediniere della Marina reale, ho contattato il comandante della guarnigione di Evdilos per precisare che l’armistizio menzionava di cessare ogni ostilità, ma che ogni azione che ha avuto luogo o che si prepara contro le truppe italiane sarà immediatamente contrariata.
Al mattino, siccome le comunicazioni erano state ristabilite (mentre quelle tra Agios Kyrikos e Samos erano state interrotte) il comandante dell’isola mi ha fatto sapere che la situazione si era aggravata e che Hagios Kyrikos e Raches erano minacciati.
Non disponendo di alcun mezzo di trasporto, ho domandato al comando della marina di Leros l’invio immediato a Samos di un aereo di ricognizione e di una chiatta per il trasporto d rinforzi. Alla fine del pomeriggio, il capo del quartier generale della divisione, il luogotenente-colonnello Gaudioso, si recò in aereo al di sopra di Icaria in ricognizione delle posizioni problematiche, lanciando piccole bombe sugli insorti che avevano accerchiato Evdilos ed è là forse che ha avuto luogo l’attacco contro la casa di Lakios. La sera, una compagnia del 25esimo ha lasciato Tigani (nel luogo detto Pythagorios), sulla chiatta, rinforzata da due sezioni di mitragliatori della legione (camicie nere) ed un plotone di mortai di 81 dell’ottavo reggimento, sotto il comando del console Piretti che ho incaricato del ristabilimento dell’ordine ad Icaria.
Nel pomeriggio del 10 settembre, ho avuto una riunione con il vescovo Irinaios ed il capo dei ribelli di Samos Zaïnis (nota degli autori: significa Zaphiris. Conf. L’occupazione e la resistenza nazionale a Samos. Zaphiris. Atene 1962) perché noi esaminassimo differenti questioni di carattere finanziario e procedessimo all’arresto delle attività dei gruppi resistenti ai quali, in particolare, ho dato l’ordine di ispezionare le coste ovest e sud-ovest di Samos.
2 foto: due foto dell’esplosione delle munizioni italiane ad Hagios Kyricos.
Siccome l’incontro continuava, abbiamo appreso che un piccolo caicco, allorchè si trovava da due ore al largo, si era avvicinato nel golfo di Clio (a sud di Kalampaktasi, all’estremo ovest di Samos) e quattro individui vestiti di kaki avevano toccato la terra ferma poi erano ritornati immediatamente sull’imbarcazione…
Il 16, andavo a recouper un incidente molto grave.
Mi si era rapportato che a Icaria, dove la calma era ritornata da qualche giorno, benché avessi ritirato il console Piretti, alcune controversie si erano manifestate fra i soldati concernenti la propaganda che avevano reiterato alcuni elementi estremisti.
È per questa ragione che il colonnello Pawson (Pawesen nel testo originale) aveva l’intenzione di recarsi sull’isola per delle questioni che concernevano l’inquadramento e l’attribuzione di ordini concernenti questi piccoli gruppi di ribelli. Di più, egli ha incaricato il generale Peirolo che avevo io stesso incaricato fra gli altri di sorvegliare strettamente le sezioni di camicie nere, di accompagnare la delegazione a Icaria e di assicurarsi che le informazioni che mi erano state riportate, erano esatte.
Il torpediniere che avrebbe dovuto essere ritornato da Samos, dopo alcune ore, non era ancora di ritorno. Si annunciò da Icaria che esso aveva preso il largo in direzione dell’est. Poi un torpediniere della marina che aveva potuto seguirlo da lontano, osservò che esso si dirigeva verso il nord.
Numerosi giorni passarono e malgrado il fatto che alcun naufrago era stato rigettato dai flutti, si immaginò che il battello era perso, sia per un incidente, sia in seguito all’azione di un aereo nemico, dato che l’aviazione di ricognizione tedesca era molto attiva.
È solo poco tempo dopo che si apprese la verità, allorché dei soldati disertori arrivarono a Samos da Syra che era stata invasa dai tedeschi. Fra essi si trovava un luogotenente de corpo reale della polizia finanziaria (R. Guardia di Finanza).
Il capitano del torpediniere Mas 522, luogotenente di vascello Beghi di Ancona, della flottiglia delle mitragliatrici di Leros, in accordo con l’equipaggio, aveva immobilizzato i quattro ufficiali, il generale di brigata Peirolo, il colonnello Pawson, un comandante britannico di cui non mi ricordo il nome, ed un capitano di vascello della marina greca (nota degli autori: si tratta del capitano di vascello Levidis). Egli li disarmò (il colonnello Pawson tentò di sguainare la sua pistola e fu ferito al braccio). Essi presero la direzione di Syra dove sbarcarono e furono consegnati al comando tedesco.
Il luogotenente di vascello Beghi, al ristorante degli ufficiali di Syros, aveva raccontato la sua odiosa operazione, aggiungendo che egli premeditava il suo atto da molto tempo e che aveva lasciato passare altre occasioni. Una volta aveva accompagnato il generale Arnold fino alle acque territoriali turche ed un’altra volta, il colonnello Pawson ed il comandante del quartier generale della divisione con la speranza che un giorno egli avrebbe potuto consegnarli ai tedeschi. Egli attendeva la croce di ferro tedesca a ricompensa di una tale azione.
Il torpediniere 522 passò sotto il comando della marina tedesca con la quale egli ha partecipato a numerose operazioni nel mare Egeo.
Questo avvenimento colpì abbastanza le autorità inglesi dell’isola ma ogni dubbio fu ben presto dissipato. Si trattava di un’azione sordida commessa da un traditore che non aveva pertanto alcun diritto al tempo del suo servizio a Samos, sfortunatamente al pregiudizio dei rappresentanti dell’armata britannica ma anche di un generale italiano al di sopra di ogni sospetto. Tanto il colonnello Pawson che il generale Arnold ed il capo del quartier generale Grei si mostrarono increduli verso la milizia (nota degli autori: significa le camicie nere). Malgrado la calma apparente ed il fatto che gli uomini eseguivano i loro servizi normalmente, io stesso ero egualmente diffidente.
In accordo con il generale Arnold, ho malgrado tutto preso la decisione di riunire la Legione di guardia a Icaria del distaccamento che avevo inviato alcuni giorni più presto in un settore che si trovava precisamente a nord-ovest, meno importante che gli altri, in una gola della zona montagnosa tra Ampelos e Kerketa.
Davanti a questa previsione, la milizia si è allontanata dalle zone importanti dell’isola per ciò che concerneva la difesa, e si è dispersa in punti fortificati da dove essi potevano facilmente ispezionare. Restavano disponibili quasi due compagnie del secondo battaglione dell’ottavo reggimento dell’armata di terra che potevano congiungersi agli altri dello stesso battaglione che custodiva la sotto-sezione di Marathokampos, rinforzante la difesa che era assai debole.
Ho progettato anche l’organizzazione di due potenti piazze forti, ad Aulakia sulla costa nord e ad Hagios Theodoros, all’est dell’isola in modo da ritenere una eventuale azione proveniente dalla zona di Karlovasi verso l’est e verso il nord, cioè verso Vathi, principale centro di Samos e sede del comando italiano ed inglese, e verso Marathokampos.
Alla fine del mese, il generale Arnold fu rimpiazzato dal generale di brigata Baird, che arrivò sull’isola accompagnato da uno stato maggiore e da una parte di un battaglione dell’armata di terra britannica. Il generale di brigata aveva contemporaneamente un potere militare e civile.
Egli visitò con me in dettaglio tutti i lavori di difesa e dopo che abbiamo sottolineato tutte le debolezze conosciute (strettezza dei passaggi per i movimenti delle forze, mancanza assoluta di difesa anti-aerea – mancanza di armi per la costruzione di lavori di piazze forti su certe linee interiori – mancanza di filo di ferro spinato – mancanza di campi minati – mancanza di proiettori etc….), egli promise di mostrarci dell’interesse, dopo esserci messi d’accordo sull’invio di una domanda al generale Brittorous, comandante dell’Egeo di cui la sede era a Leros.
Foto: imbarco dei prigionieri italiani ad Hagios Kyrikos.
Il generale Brittorous arrivò un po’ più tardi a Samos, probabilmente per esaminare personalmente lo stato delle cose e di là il bisogno in rinforzi che erano stati domandati in uomini ed in mezzi.
In tre giorni, egli aveva visitato tutta l’isola. Egli ne fu molto soddisfatto, diede il suo accordo assoluto concernente tutto ciò che era stato domandato, e promise a sua volta di promuovere la domanda presso il generale Wilson, comandante del Medio Oriente.
Il resto delle sezioni del battaglione dell’armata di terra britannica e le due compagnie della Sacra Legione sbarcarono effettivamente sull’isola. Come materiale, io ho ricevuto circa venti armi di cui i fucili mitragliatori e delle mitragliatrici, 120 mine si pressione (mentre avevo domandato 6000 mine di pressione e 6000 mine à distesa staccabile), ma non ho ricevuto alcun metro di filo di ferro spinato né alcun proiettore.
Per ciò che concerne la difesa anti-aerea che costituiva, a mio avviso, come all’avviso di differenti comandanti inglesi, la mancanza più seria e ad un livello tale che annullava completamente l’efficacia della difesa, ho inteso numerose promesse.
Un generale di brigata e differenti ufficiali dell’artiglieria, arrivarono sull’isola per comprendere la disposizione delle enclavi delle mitragliatrici di 20 che esistevano e per ricercare le posizioni delle batterie che dovevano arrivare. Si notarono delle posizioni per 14-18 batterie: in realtà, mai alcuna mitragliatrice arrivò.
Io considero utile notare che, per ciò che concerne la difesa anti-aerea dell’isola, c’era la batteria di 20 mm del 27esimo reggimento dell’artiglieria e una batteria di 120 mm, incompleta, che arrivò da Rodi in agosto con sei mitragliatrici per la difesa dei porti.
Le batterie di 75 che lo stato maggiore aveva destinato all’isola di Samos non avevano mai raggiunto l’isola. La difesa era stata essenzialmente rimessa a 20 mitragliatrici di 20 mm che doveva difendere la disposizione dell’artiglieria divisionaria, i lavori delle piazze forti, i depositi ed i porti su un’isola di un’estensione di più di 450 km.
Molti giorni prima dell’arrivo del generale Brittorous, mi si informò che il comando inglese aveva distaccato le isole che erano in nostro possesso dalle isole greche (Sporadi e Cicladi) lasciando sotto il mio potere Samos, Icaria e Fournoi ed appresi attraverso un comunicato alla radio di Londra che il maresciallo Badoglio aveva nominato il vice-ammiraglio Mascherpa, comandante delle forze italiane dell’Egeo.
Quando il generale Brittorous venne a Samos, egli la rappresentava, ma siccome una parte delle Cicladi aveva delle guarnigioni di truppe della divisione Cuneo, essi non potevano impedirmi di interessarmi, ed io non vedevo come il vice-ammiraglio avrebbe potuto attraverso qualche mezzo legale o appropriato a queste isole, estendere il suo potere, mentre egli avrebbe ben voluto en être au même point che durante la situazione anteriore, allorchè le Cicladi dipendevano direttamente da Rodi.
Il generale fu convinto e ci assicurò sul suo intervento presso il quartier generale del Medio-Oriente.
Malgrado tutto, le prime intenzioni ostili contro le isole da parte dei tedeschi si fecero sentire.
Kythnos divise la stessa sorte che Andros che manteneva una compagnia rinforzata dal terzo battaglione dell’ottavo reggimento, ed in seguito la stessa sorte che Tinos dove si trovava una guarnigione della compagnia dello stesso battaglione.
Ignoro quale era l’organizzazione difensiva delle Cicladi così come il suo grado di efficacia.
Come ho menzionato più sopra, le isole in questione dipendevano dal comando delle Cicladi che aveva sede a Syra, e dunque direttamente dal colonnello Gino.
Ci furono degli incidenti a Tigani…Il luogotenente-colonnello mi confermò i fatti che furono verificati dai militari britannici che abbandonarono il loro posto alcune ore prima della distruzione di un apparecchio-radio inglese. Questi incidenti fecero grande impressione ma non furono svelati ai soldati.
Comprendo la fatica degli uomini e che essa influenza senza alcun dubbio le cose, in ragione del sovraccarico di lavoro delle ultime settimane, della tensione nervosa, degli attacchi quasi quotidiani, del peso della responsabilità in un settore militare così delicato e par le azioni civili.
Noi tutti abbiamo coscienza che la situazione è molto difficile, tanto perché la popolazione è inquieta ed irritata, che poiché noi ci sentiamo capaci di resistere se italiani, inglesi, greci e ribelli rimangono uniti e decisi a tener testa, e se i civili ci stimolano, lasciando da parte ogni sentimento di collera o di odio verso di noi. Io penso che sfortunatamente è impossibile caricare la milizia (le camicie nere) di qualsiasi missione, per timore che alcune azioni ostili si dichiarino presso degli elementi scaldati (scalmanati) che sarebbero sfuggiti alla nostra attenzione.
Le comunicazioni con Hagios Kyrikos (a Icaria) davanti al quale sono sorti, all’inizio del pomeriggio, due veicoli di trasporto accompagnati da torpedinieri, sono state tagliate dopo alcune ore.
Una compagnia della 24esima legione (camicie nere), rinforzata da un’unità di artiglieri della stessa unità, sotto il comando del centurione Erba, considerato come uno degli elementi più sicuri, si trovava ad Hagios Kyrikos.
Ho potuto comunicare per telefono al centurione di fare tutti gli sforzi possibili per evitare lo sbarco e se ciô non era realizzabile, a causa dei tiri provenienti dal mare (non vi era alcuna mitragliatrice ad Icaria), che essi ripiegassero sulla collina (l’ordine di organizzare dei posti di difesa e di stoccarvi delle provvisioni e delle munizioni era stato dato da tanto tempo. Il centurione doveva domandare l’aiuto dei ribelli, numerosi in quel posto, di mantenersi nelle altezze, impedendo che l’interno delle terre fosse invaso, di contrattaccare non appena ciò fosse possibile, e infine salire la montagna attendendo l’aiuto. Sfortunatamente, le comunicazioni furono tagliate brutalmente.
Quello che era successo ad Icaria non era ancora ben chiaro ma sembrava che la milizia non aveva resistito allo sbarco.
A Samos si fece fronte al capo della banda Dottor Fantoni (capo manipolo) (nota degli autori: la terminologia si rapporta ai gradi della legione romana antica), e alcuni soldati che, non approvando l’attitudine della massa, decisero di abbandonare l’isola.
Arrivarono a Karlovasi dove trovarono la legione ma io non penso che il colonnello Donadoni, comandante delle sezioni dell’ovest, abbia avuto la possibilità di interrogarli data l’urgenza della situazione.
Io so, attraverso delle informazioni che ho raccolto successivamente da un ufficiale che si trovava a Karlovasi, che il capo della banda delle camicie nere fu assassinato da un soldato, con un colpo di fucile alla gola, al momento in cui lo conduceva al comando della legione.
Per ciò che concerne Icaria, abbiamo il rapporto dell’ufficio storico della marina di guerra con l’indicazione: La Marina italiana nella seconda guerra mondiale. Volume XVI Avvenimenti in Egeo dopo l’armistizio (Rodi, Lero e isole minori, Roma 1972, pp. 427-436).
A Icaria, c’erano due posti di sorveglianza marittima, l’uno a Cavo Papa (alla punta ovest) e l’altro a Cavo Fanari (alla punta est). I due avevano un’installazione radio.
Dopo la prima rivolta dei greci che, il 9 settembre batterono i posti militari (vedere i documenti 55-56) ed occuparono il posto di comunicazione marittima di Papa (vedere i documenti no. 242-243-244) nella notte dal 9 al 10, Leros chiese le camicie nere. I rinforzi inviati furono soprattutto le camicie nere, sotto il comando del console Piretti. Questo trasmise delle informazioni sulla situazione, informò che aveva rinforzato il posto di Cavo Fornari (la postazione?), e domandò il permesso di spedire direttamente la milizia (le camicie nere) a Leros. Avendo incontrato un mare agitato, l’imbarcazione subì dei danni (vedere documento no. 245). Il generale Soldarelli rispose ordinando di fare terminare l’azione in corso e di trasferire interamente la guarnigione a Samos (vedere documento 246).
Attraverso questo ordine proveniente da Icaria, delle istruzioni concernenti questi due posti di sorveglianza marittima vengono richieste ed il generale Soldarelli chiede l’avviso di Leros (documento no.247-248).
Foto: i prigionieri italiani sono trasferiti su dei torpedinieri tedeschi. Novembre 1943.
Non abbiamo la risposta di Leros ma la questione è regolata poiché il comandante di Samos, dopo aver considerato lo stato delle cose, ha modificato le sue decisioni ed ha scelto di ritirare la guarnigione di Icaria dove Piretti lasciò una sezione di camicie nere, sotto il comando di un centurione. Il capo del posto di Cavo Fanari, forse ingannato dai preparativi di evacuazione delle sezioni dell’armata, telegrafò a Samos domandando delle istruzioni (documento no.115), ma un po’ più tardi la situazione fu apparentemente chiarita ed il posto di sorveglianza marittima di Cavo Fanari restò aperto ed in attività. Per ciò che concerne il posto di sorveglianza marittima di Cavo Papa, di cui il personale si era recato a Leros, esso si ritrovava senza materiale, senza armi e senza munizioni (documento no.249). Il comandante inglese prese la decisione di riaprirlo e Leros ha dunque domandato a Samos se ciò era realizzabile (documento no.250). La risposta essendo positiva, si decise l’invio del vascello San Dominico, con a bordo del personale e del materiale. Fu ricevuto a colpo di tiri di mitragliatrici (documento no.251) proveniente forse dalle camicie nere dissidenti. Si potrebbe addivenire a questa deduzione a seguito di un telegramma di Icaria a Samos, datato del 26 settembre, che fa probabilmente riferimento ad una unità inglese che avrebbe dovuto far sbarcare una delegazione (inglese) a destinazione delle Cicladi (documento no.252) e che si era rifugiata a Fournoi (documento no. 253). Il tentativo fu reiterato alcuni giorni dopo (documento no. 254) e questa volta, essa ebbe buona fine: la stazione radio di Cavo Papa riprese il suo funzionamento. Le cose restarono calme fino al 18 novembre quando dei battelli di trasporto tedeschi fecero la loro apparizione, accompagnati da torpedinieri. Non incontrando alcuna resistenza dalla parte delle camicie nere, le loro truppe sbarcarono tranquillamente. Il capo del posto di sorveglianza marittima di Cavo Fanari domandò delle istruzioni per telefono del centurione che comandava la guarnigione. Gli si rispose di recarsi al villaggio e di consegnarsi ai tedeschi. Il capo del posto, responsabile dei segnali marittimi, Angelo Spina, rifiutò di eseguire questo ordine, e dopo aver distrutto documenti e materiale, si rifugiò nelle montagne con 13 uomini del posto, alcuni patrioti greci, 30 soldati del genio, un ufficiale ed un medico delle camicie nere.
L’8 dicembre, alfine di scappare al pericolo, Spina, in compagnia di 6 dei suoi marinai (all’inizio più numeroso il nucleo dei fuggitivi si era considerevolmente ridotto) riuscì a fuggire a bordo di un canotto ed a trovare rifugio sulle coste turche.
Il personale del posto di sorveglianza Cavo Papa, dopo ciò che ne era seguito, fu in parte fatto prigioniero dai tedeschi mentre tentava di fuggirsene in Turchia, gli altri essendo riusciti a raggiungere le coste turche.
Non sembra che i tedeschi abbiano occupato interamente l’isola in maniera stabile ma piuttosto che vi abbiano effettuato degli attacchi discontinui.
Korseoi.
VI si è apparentemente installato un posto di sorveglianza marittima. Non si ha alcuna informazione sul personale. Si suppone che sia stato trasportato a Samos il 21 settembre quando il personale dell’armata fu esso stesso spostato.
L’occupazione di Rodi era una delle idee fisse di Churchill che voleva tentare d’attirare la Turchia (conf. L. Maud, Assault from the sea, London 1949, p. 16 sq.). Alla fine del mese di gennaio del 1943, con il regolamento del fronte africano, il premier inglese dà l’ordine al quartier generale del Cairo di preparare un piano di occupazione di Rodi, e che fino alla fine dell’anno, sette altri piani debbono seguire (conf. Hagen Flaïser)24. Alla conquista della Sicilia, si propone anche l’occupazione di Rodi sotto il codice “abbraccio”, colpo di spada tramite il quale si diventa cavaliere. Nell’agosto 1943, l’ottava divisione delle Indie era stata designata per questa missione. Con le operazioni in Birmania, la divisione è trasferita in Italia. Wilson decide di approfittare dell’armistizio italiano ed il 9 settembre, Churchill gli telegrafa: “This is the time to play high. Improvise and dare. Churchill” (Il momento è venuto di giocare con audacia. Improvvisate ed osate!”)25.
Il 10 settembre il comandante Lord Gellico salta su Rodi in paracadute con due dei suoi compagni ed incontra l’ammiraglio Inigo Campioni (comandante del Dodecanneso dal 15.7.1941 al 18.9.1943) che, sia detto en passant, sarà più tardi fucilato dopo essere stato condannato da un tribunale straordinario di Parma il 25.5.1944 con il comandante di Leros il vice-ammiraglio Mascherpa. Lo scopo di Gellico era di incoraggiare l’ammiraglio a resistere alla divisione tedesca d’assalto (Sturmdivision) che stazionava sull’isola. Gellico promette dei rinforzi in capo a sei giorni. Egli riparte l’indomani e la resistenza italiana si spezza. I giorni seguenti, I britannici sbarcano sulle isole con delle guarnigioni. Gli inglesi impiegano più di due brigate. Gli italiani li accolgono molto cordialmente.
Benché i britannici siano en eveil, i tedeschi si introducono a Kos grazie ad un’operazione sotto il nome in codice di “Orso polare” e sorprendono la guarnigione anglo-italiana che capitola. La quinta armata constata che il mantenimento di Creta e di Rodi dipende dall’occupazione delle più piccole isole dell’Egeo secondo gli ordini di Hitler.
La condizione per adottare questa strategia è l’occupazione di Leros.
Churchill tenta di persuadere i suoi generali ed il presidente americano stesso. Roosevelt dubita del giudizio di Churchill ed i colloqui sono interrotti all’annuncio che la Wehrmacht ha deciso di affrontare gli alleati a nord di Roma. La sola concessione è che Samos e Leros siano mantenute.
Il 12 novembre 1943, un convoglio edesco, dopo un primo tentativo mancato, fece sbarcare alcune centinaia di uomini. I difensori, benché prevenuti, furono sorpresi perché non pensavano che il terreno roccioso sarebbe propizio ai salti dei paracadutisti. La più forte neutralizzazione della guarnigione anglo-italiana, dopo tre violenti combattimenti, potè essere realizzata grazie alla collaborazione di Luftwaffe con le forze terrestri tedesche26.
Dopo dei combattimenti di più giorni, il comandante britannico si arrese il 16 novembre. Fu l’ultima vittoria tedesca della Seconda Guerra Mondiale. Essa fu particolarmente salutata da Hitler: “Questo exploit occuperà un posto d’onore nella storia della guerra”. La caduta di Samos seguirà il 21 e 22 novembre quella di Santorini il 27 novembre. A Samos, 2500 italiani furono arrestati con 50 mitragliatrici e 10 mitragliatrici antiaeree. Si comunicò ugualmente l’occupazione di Leipsoi, Patmos, Fournoi e Icaria, con ancora 350 prigionieri italiani.27
Dalla parte greca, il rifiuto del quartier generale del Medio-oriente di utilizzare l’armata greca del Medio Oriente resta incomprensibile. La prima brigata che si distinse a El Alamein avrebbe potuto essere impiegata anche per le operazioni sul territorio greco. La seconda brigata, che era stata smembrata durante le agitazioni del luglio 1943, avrebbe potuto ugualmente essere immediatamente riorganizzata. C’era anche del posto disponibile sui battelli greci per il trasporto delle truppe, malgrado le opinioni dei rapporti britannici.
Wilson giustifica la reticenza dei Britannici ad inviare delle truppe greche tramite le pretese che avevano i turchi ed i greci al Dodecanneso. SI sa che nel 1942 il Foreign Office si era impegnato in favore del ricongiungimento di certe isole alla Turchia. Ora, nell’aprile 1943, Churchill propone di dare Rodi in ricompensa in caso di attitudine positiva della Turchia. Eden emette il punto di vista che ciò causerebbe un pregiudizio irreparabile alle loro relazioni con la Grecia.
Due settimane più tardi, il ministro del Medio-Oriente Casey, pensa di offrire alcune isole alla Turchia come “stimolazione”.
Nel febbraio 1943, Eden accetta la domanda di Panagiotis Canellopoulos che aveva domandato la partecipazione delle truppe greche nelle operazioni effettuate nel Dodecanneso (conf. Panagiotis Canellopoulos, Diario, 17-11-1942 e 3-2-1943). Il cambiamento degli inglesi non è dovuto al fatto che loro non volevano scontentare i Turchi. L’ambasciatore turco aveva dichiarato più volte che il suo paese non aveva obiezioni a che la Grecia avesse delle mire sul Dodecanneso.
Il governo del Cairo credeva che non perderebbe la simpatia degli italiani che erano ormai dalla loro parte nella guerra. Così Wilson rifiuta di inviare se non alcune piccole forze simboliche, addirittura a Samos, che era territorio greco. In questa maniera le manifestazioni nazionali greche sono proibite. È solamente nell’ottobre 1943 che il “Sacro Battaglione” è inviato a Samos sotto il comando di Christodoulos Tsigantes, ma con l’ordine di comportarsi “come si deve” di fronte ai soldati della divisione ‘Cuneo’.
Au verso:
Noi abbiamo tutti coscienza che la situazione è molto difficile, tanto perché la popolazione è inquieta ed irritata, quanto perché noi ci sentiamo capaci di resistere se italiani, inglesi, greci e ribelli restano uniti e decisi a tener testa, e se i civili ci stimolano, lasciando da parte ogni sentimento di collera o di odio verso di noi. Io penso sfortunatamente che è impossibile di caricare la milizia (le camicie nere) di qualsivoglia missione, per paura che certe azioni ostili non si dichiarino presso degli elementi scalmsnsti che sarebbero sfuggiti alla nostra attenzione.
Le comunicazioni con Hagios Kyrikos (a Icaria) davanti al quale sono sorti, all’inizio del pomeriggio, due veicoli di trasporto accompagnati da torpediniere, sono state tagliate da alcune ore.
Una compagnia della 24esima legione (camicie nere), rinforzata da un’unità di artiglieri della stessa unità, sotto il comando del centurione Erba, considerato come uno degli elementi i più sicuri, si trovava ad Hagios Kyrikos. Io ho potuto comunicare per telefono al centurione di fare tutti gli sforzi possibili per evitare lo sbarco e se ciò non era realizzabile, a causa dei tiri provenienti dal mare (non c’era alcuna mitragliatrice ad Icaria), che si ripieghino sulla collina (l’ordine era stato dato dopo lungo tempo di organizzare dei posti di difesa e di stoccarvi delle provvigioni e delle munizioni). Il centurione doveva domandare l’aiuto dei ribelli, numerosi in quel luogo, di mantenersi nelle altezze, impedendo che l’interno delle terre fosse invaso, di contrattaccare da quando fosse possibile, ed infine di salire la montagna aspettando l’aiuto.
Rapporto del generale Mario Soldarelli, Comandante della divisione Cuneo.


1 È il mio prezioso amico il fotografo icariano Christos Malachias che mi ha fatto conoscere questa circolare, estratta dai suoi ricchi archivi fotografici e storici.

2 Ettore Bastico porterà il titolo di Governatore Civile e Militare delle Isole Italiane dell’Egeo, esattamente come il precedente governatore delle isole del Dodecanneso Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon (1884-1959) (conf. Marco Innocenti, I Gerarchi del fascismo, Milano 1997). De Vecchi fu governatore del Dodecanneso, succedendo a Mario Lago, dal 2.12.1936 al 9.12.1940. Ettore Bastico lo fu dal 10.12.1940 all’1.7.1943. L’ammiraglio Inigo Campioni, più tardi fucilato, gli successe dal 15.7.1941 all’11.9.1943. Il console generale Igino Ugo Faralli ne fu l’ultimo governatore, dal 18.9.1943 all’11.9.1943. Ettore Bastico era generale d’artiglieria. Grazie alla sua nobile condotta, guadagnò la stima e l’affetto dei civili e dei militari, prendendo delle misure per migliorare la loro vita. Occupò Kastelorizo, le Cicladi, Samos e Icaria così come la parte est di Creta. Fu improvvisamente mutato, forse in ricompensa, sul fronte africano (conf. il libro di Fanizza Rugerro, De Vecchi, Bastico, Campioni. Ultimi governatori dell’Egeo, Vasbonesi, Forlì 1947).

3 Conf. Costa I. Ptini: Anni d’occupazione. Contributo alla storia di Samos. 1941-1944, Samos 1985.

4 Rapporto dell’ambasciatore inglese ad Ankara, Knatchbull-Hugessen, 13 settembre 1943, con per tema la visita del Signor Courvoisier alle isole, dal 17 al 31 luglio 1943 e La situazione nelle isole dell’Egeo, 13 agosto 1943.

5 K. Ptini, op. cit., pp.122-123.

6 Ioannis Th. Tsante, Cronaca dell’occupazione di Icaria. Prologo, bibliografia e pubblicazione della seconda edizione da parte di Dionysis Mavroyannis, professore di università, Mavridis, Atene 2001.

7 Conf. il buon libro del professor Zacharias N. Tsirpanlis, La dominazione dell’italia nel Dodecanneso. 1912-1943. Alienazione dell’essere umano e de l’environnement, Rodi, 1998.

8 Conf. K. Ptini, Anni d’occupazione. Contributo alla storia di Samos. 1941-1942. Samos 1958, p.109 e seguenti.


9 Tolto dai Combattimenti delle popolazioni di Samos e di Icaria (1941-1944). Racconto di Dimitris Ant. Gridakis – Redazione di Ioannis Em. Gridakis, Rivista “Resistenza nazionale”, maggio 1984, pp. 80-85.

10 A. Kedros. La Resistenza greca 1940-1944, Paris, Laffont, p.362.

11 Cfr. Il dramma di Kastania, dell’ex-principale di collegio Evangelos Trovas, Rivista di Samos. Primo tomo. Numero 4 (primavera 1964), pp. 178-179. Cfr. Exposé confidenziale del direttore della posta D. Triantafyllos al commissario governamentale di Samos, K. Ptini, op. cit.

12 Irinaios Papamihaïl 1878-1963, nato a Nicomedia in Bitinia. Nel 1913, fu eletto vescovo dei Dardanelli, in seguito vescovo di Elassonos durante due anni, quindi di nuovo dei Dardanelli. Seguì dei corsi di filosofia e di estetica alla Sorbona. Nel 1926, fu eletto vescovo di Samos e di Icaria. Tradusse le opere del filosofo russo N. Berdiagef, “Sul destino dell’uomo” e “Spirito e libertà”. Secondo i britannici, Irinaios fu “la personalità più rispettabile e più qualificata dell’isola”. Il popolo, ma anche i resistenti dei quali egli aveva benedetto gli sforzi, lo rispettavano particolarmente.

13 Conf. L. Craig, Polizia germanica difensiva nei Balcani. A Case policy. The buildup in Greece 1943. Balkan studies. 23.2.1982, pp.403-409.

14 Conf. Mark Mazower. La Grecia di Hitler. Traduzione francese di Charalampos Orfanos, Les Belles Lettres, Paris 2002.

15  Op. cit., Marc Mazower, p. 162 della traduzione francese.

16 Il conflitto germano-italiano a Cefalonia, di K.P. Phokas-Cosmetatou par il generale Gerasimos Apostolatos. Non datato. Conf. il libro di Formato Romualdo, L’eccidio di Cefalonia, De Luigi, Roma.

17 Dei dettagli sul massacro di Cefalonia e di Corfù sono forniti nel diario di Kriegstagebuch (del quartier generale di Hitler), concernenti il periodo dal 24.8.1943 al 31.12.1943. Conf. anche il libro di G. Schreiber, Die italienischen Militärinternierten in deutschen Machtbereich, 1943-1945, München 1990, p. 157 (Prigionieri italiani nelle regioni sotto dominazione tedesca).

18 A. Alexandris, Turkish policy towards Greece during the Second World War and dits impacts on Greek-Turkish Detente. Balkan Studies vol. 23 n.1 (1982), pp. 157-197.

19 K.Ptinis, op. cit. p.306

20 Conf. Philippos Carabot: La liberazione provvisoria alleata di Samos (settembre-novembre 1943). Anatomia di un’impresa politico-militare inefficace. Tiratura a parte delle ricerche di Samos. Tomo I (1993-1994), Fondazione culturale di Samos “Nicolas Dimitriou”, Atene 1994.

21 Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943. VI, Avvenimenti nelle Sporadi Meridionali e nelle Cicladi.

22 Conf. il bellissimo libro di Denis Mack Smith, Mussolini, Weidenfels and Nicolson, Ltd. 1981. Traduzione francese di Brigitte Gyr, Flammarion 1985.

23 Il titolo completo è: Ufficio storico della Marina Militare. La Marina Italiana nella seconda guerra mondiale. Vol.XVI. Avvenimenti in Egeo dopo l’armistizio (Rodi, Lero e isole minori). Compilatore Aldo Levi, revisore Giuseppe Fioravanzo. Seconda edizione, Roma 1972. I testi concernenti Lero sono menzionati in una traduzione greca di Ioannis Kasti, nel giornale “Notizie di Lero”, del 30.4.1996. I testi concernenti Samos ed Icaria sono nell’opera di Costas Ptinis, p.343 e ss.

24 Hagen Flaïser, Corona e svastica, Tomo 2, Edizioni Papazisis, Atene 1995, pp.174-186.

25 Winston Churchill, “The second world war. The invasion of Italy, Cassel London, Second Edition, 1965, Island prizes lost, pp. 180-200.

26 K. Alman, Graue Wölfe blauer See (Dei lupi grigi nei mari blu), Munich 1980, pp.228 e 230.

27 Peter Smith and Edwin Walker, War in the Aegean, William Kimber, London 1974.

1 commento:

  1. Mio papà, Enrico Galbusera, fante italiano nato e vissuto a Milano, classe 1915, passò tre anni ad Icaria. Mi raccontò in realtà di quanto i soldati italiani si fecero benvolere dalla popolazione, alla quale regolarmente regalavano cibo di nascosto. Mi raccontò anche di un ragazzino di nome Stamati, del quale dopo la prigionia tedesca non seppe più nulla....Mio padre è mancato nel 1998 ma nel 1990 tornò ad Icaria, dove con sua grande commozione fu ricnosciuto da alcuni abitanti....."Tu sei ERRICO!!"...Mio padre era una brava persona, non voleva andare in guerra e ne fu obbligato. Sono certa che abbia portato il suo buon cuore anche in una divisa. Grazie a lui io amo moltissimo il popolo greco.Valeria galbusera

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